Annalena Benini intervista Patrizia Cavalli. Il testo integrale a questo indirizzo: http://www.ilfoglio.it/magazine/2017/08/21/news/le-mie-poesie-sono-respiri-e-io-respiro-per-trovare-le-parole-149129/?paywall_canRead=true
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‘’Se vuoi proprio saperlo – dice Patrizia Cavalli, e sembra una minaccia – io le poesie le ho sempre scritte: le prime le ho fatte per Kim Novak, in quinta elementare, dopo aver visto Picnic”. [...] “Mi sono innamorata, sono andata a casa e ho detto alla mamma: voglio conoscere Kim Novak. Lei mi ha detto: ma come faccio? e io: ah sì, e allora non mangio più. E non ho mangiato per una settimana”.
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[…] Parlare con Patrizia Cavalli significa abbandonarsi alla possibilità di essere presi in giro per ore, quasi maltrattati e poi gratificati da un segreto rivelato a voce bassissima, e significa ascoltarla cantare, vederla distrarsi e poi ritornare velocissima sulla terra, a un centimetro da qui. […]
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Le chiedo che cosa pensavano i genitori, verso la fine degli anni Cinquanta a Todi, di quella bambina malinconica che scriveva poesie incomprensibili. “Erano cose mie, neanche se ne accorgevano, ero una ragazzina infelice e pazza: non esiste di me bambina una foto in cui sorrido. [...] Poi ho conosciuto Elsa Morante ed è cambiato tutto”. […]
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“Era il 1969, studiavo Filosofia a Roma, mantenuta dai miei genitori, tornavo sempre a Todi dopo quindici giorni perché finivo i soldi dello stipendio molto velocemente” [...] “Un giorno volevano farmi incontrare Elsa Morante, ma sono arrivata in ritardo: l’ho incrociata sulla porta mentre se ne andava, e con aria un po’ sprezzante mi ha detto: telefonami se vuoi. [...] Da quel momento è cambiato tutto, da così a così”.
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Patrizia Cavalli fa il gesto con il palmo della mano, seduta su un divano a righe di questa vecchia bellissima casa a Campo de’ Fiori, dove già quarant’anni fa viveva in affitto come studentessa, in una stanza vicino all’ingresso. “Con Elsa andavamo a mangiare insieme tutti i giorni, lei aveva trentacinque anni più di me ma si metteva sempre alla pari. […] Mi guardavo bene dal dirle che scrivevo poesie, io studiavo Filosofia e mi sembrava sufficiente, non pensavo di dover giustificare la mia esistenza con altre cose: sapevo quanto Elsa fosse difficile e quanto sarebbe stata pronta al disprezzo e all’ostracismo”. [...]
cavalli E Diana
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Non poteva durare per sempre. “Dopo un paio d’anni di frequentazioni quasi giornaliere Elsa, andando dal ristorante a Piazza Navona, si ferma all’improvviso e con l’aria più minacciosa della terra mi guarda e dice: ma insomma tu, che fai? Allora non so come mi è venuta questa imprudente e perfida idea di dire, sapendo che per lei la poesia era il massimo: scrivo poesie”.
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Patrizia Cavalli riesce a trasformare i ricordi in un teatro, vedo il sopracciglio di Elsa Morante che si alza, vedo il terrore negli occhi di Patrizia ventenne. […] “Dopo sei mesi di svicolamenti sono arrivata al ristorante con un fascetto di trenta poesie, tutte brevi, poi sono tornata a casa e dopo mezz’ora ho ricevuto una telefonata: ‘Patrizia, sono felice: sei una poeta’. Ho provato una tale felicità, anche se non me ne importava niente d’esser poeta. [...] Mi importava di essere finalmente al sicuro: non potevo più essere cacciata perché ero poeta. Mi davo delle arie tremende”. Quelle poesie sono state pubblicate nel 1974 da Einaudi, la prima di sette raccolte, e sono dedicate a Elsa. [...]
PATRIZIA CAVALLI
“Quando leggo di scrittori che tutti i giorni si mettono al tavolo per ore, qualunque cosa succede, proprio li invidio: io sono stata capace di stare mesi senza scrivere una parola, o almeno senza accorgermi di farlo”.
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Nemmeno per un bisogno economico? dico guardandomi intorno, ammirando le lampade che sembrano rose, i quadri e gli oggetti usurati e belli. Patrizia Cavalli ride: “Ma perché, con le poesie guadagni? Io ho venduto un numero notevole di libri, considerando che sono poesie, ma non è così che diventi ricco. [...] Per un periodo ho fatto la mercante d’arte, soprattutto negli anni Ottanta era molto facile. Qualcuno aveva un quadro o un oggetto da vendere, io facevo da tramite con il compratore e prendevo la percentuale, in due minuti guadagnavo anche molti soldi. […]
PATRIZIA CAVALLI
Poi mi sono venuti gli scrupoli e non ho più fatto una lira. Bisogna avere l’innocenza del delinquere per guadagnare. E sono stata per cinque anni mantenuta da una fondazione americana di una mia amica, simpaticissima e molto stravagante. [...] Poi sono diventata giocatrice di poker, e lì è cominciata la rovina. Poker scoperto. All’inizio vincevo, ero fortunatissima, massacravo tutti i pittori di San Lorenzo, avevano il terrore di me, poi mi sono un po’ rovinata – dice Patrizia abbassando la voce, ma rallegrata dal mio stupore – e ho smesso. Ecco questa è la mia dimensione economica, tutta affidata alla sorte. Giocavo fino alle sette del mattino, fumavo miliardi di sigarette, mi sono rovinata la salute: se penso alla mia malattia adesso, non è stato uno scherzo”.
LA POETESSA PATRIZIA CAVALLI
Patrizia si tocca la testa, è senza parrucca perché fa caldo, l’aria condizionata va tenuta bassa perché dà fastidio. […] “Mi hanno trovato il cancro nel 2015 – racconta – ma ero malata da prima, e quello che non mi va giù è che c’è un responsabile del mio stato: il mio medico, lo odio. Non si è accorto del cancro, ed è un radiologo. Io essendo un’ipocondriaca e fumatrice facevo le radiografie ogni anno, non ho fatto altro nella mia vita che fare controlli, capisci la beffa?” […] Tu hai paura? “Quando ci penso molto bene, sì, ho paura, poi faccio finta di niente, perché so che non gioverebbe vivere nel terrore”.
PATRIZIA CAVALLI E PASQUALE CHESSA
[...] “Le mie poesie sono tutte respiri, a parte i poemetti che sono respiri a lungo termine, respiri che pensano. In un certo senso sì, sono posseduta, mentre scrivo c’è un tempo in cui non penso. [...] Io non sono mai ispirata da una cosa astratta. Non mi ispira un ragionamento, un pensiero, ma mi ispira una forma di percezione fisica del suono delle parole e della sensazione che accompagna queste parole, come si incarnano. Non nasce mai una mia poesia da un ragionamento, anche se le mie poesie ragionano molto. [...] Non tutti hanno la stessa scaturigine, io ho questa e non è astratta: è fisica, ci sono le persone, l’amore, l’odio, il disprezzo, il gioco, casa mia”.
PATRIZIA CAVALLI
La tua lingua è molto limpida, come se tu riuscissi a ridare un’innocenza e una lucentezza alle parole. “Le parole per me sono tutte belle, tutte. [...] Non ci sono parole brutte e non esistono sinonimi. La parola è quella. E’ un’idea ridicola che esistano i sinonimi. Le parole possono solo assomigliarsi parzialmente. Ogni parola ha la sua proprietà, quando hai detto la parola che è proprio quella tu lo sai, lo senti”. […] Che cosa c’è di più bello delle parole, della lingua?”. E’ come una storia d’amore, è come il gioco dell’amore. “E’ proprio l’amore che mi muove, e magari non è la verità intesa in un senso letterale, ma c’è sempre una forma estatica di adorazione, di disprezzo o di odio” [...]
PATRIZIA CAVALLI TRA I DE ROBILANT
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Le chiedo quali sono i suoi modelli, chi sono i poeti con cui si confronta. Si infastidisce. “Io non mi confronto con i miei contemporanei perché per lo più mi annoiano, mi confronto solo con i grandissimi poeti, o meglio li leggo. Con Umberto Saba, con Sandro Penna, con Giorgio Caproni. [...] Quando leggi i veri poeti le parole ti vengono addosso, esistono, si aprono, non si chiudono. Mi succede con Dante, con Cavalcanti, con Leopardi: li leggo sempre con estasi, li imparo a memoria perché è importante, è fondamentale, mi fanno compagnia: cammino per strada e loro a un certo punto mi soccorrono”.
Danilo Eccher Patrizia Cavalli Poetessa - Copyright Pizzi
Le parole soccorrono, ma anche l’amore soccorre, perché ispira le parole: “Per amore ho avuto momenti terribili: all’improvviso cominciava questa sofferenza allucinante, stavo per ore a fissare la parete. Non mi succede più, questa cosa si è interrotta. [...] Adesso ho la sensazione di non essere niente, perché non sento più quello che sentivo. Non so se sono queste cure, ma ho addirittura la sensazione di aver cambiato carattere”. Forse è soltanto che non sei innamorata. Però dammi, adesso, ancora una poesia. Patrizia Cavalli sorride, si sistema la camicia blu.
Come morta, meno che morta,
più che morta. Vivente
a due passi, scomparsa
ai miei occhi. Dio degli incontri,
ritornami amico!