Estratto dell'articolo di Giuseppe Scarpa per "La Repubblica"
Antonio Nicoletti
A Roma il grande crimine cambia i vestiti, mette da parte l’espressione feroce e indossa gli abiti eleganti del businessman, perché nell’Urbe si fanno gli affari, i soldi veri, si pulisce il denaro sporco ma senza dare troppo nell’occhio, senza impugnare il revolver. [...]
Su tutti Antonio Nicoletti, primogenito di Enrico, lo storico cassiere della banda della Magliana morto a 84 anni a dicembre del 2020. Dal padre, si è scoperto ieri, Nicoletti junior ha ereditato la bottega di famiglia divenendo uno dei più apprezzati riciclatori della camorra sulle sponde del Tevere.
Stesso commercio in cui si è lanciato un altro principe della malavita capitolina, Vincenzo Senese che del sessantasettenne Michele ’o Pazzo, detenuto da anni, è il temuto figlio. I tre sono stati arrestati al termine di un’inchiesta della Direzione investigativa antimafia, la Dia, che ha portato in carcere 18 criminali e indagato altre 57 persone tra cui figurano Domitilla Strina, la figlia di Anna Betz nota come Lady Petrolio, l’ex calciatore Giorgio Bresciani, e Angelo Canculli, ex manager musicale di Achille Lauro.
carabinieri
Una maxi inchiesta coordinata dal pm Francesco Cascini per reati che vanno dall’associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa finalizzata alle estorsioni fino al riciclaggio, alla fittizia intestazione di beni. Inoltre la procura ha sequestrato un tesoro tra conti correnti e beni immobili pari a 131 milioni di euro dal mare di denaro sporco mosso dal grande crimine a Roma. [...]
«Noi qua facciamo politica, noi stiamo facendo business. A Roma gli onorevoli sono tutti corrotti, perché è proprio Roma che è così», spiega Umberto Luongo reggente del clan D’Amico-Mazzarella in un dialogo che è un riassunto su come la camorra deve comportarsi nella Città Eterna. Salvatore Pezzella, il suo interlocutore, dimostra di aver capito e conferma la tesi. «Qua siamo in una Capitale, mica è Napoli, qua girano politici, vescovi, questo, quello e quell’altro ancora. Noi dobbiamo stare calmi».
carabinieri
Essere calmi significava tenere in tasca le armi e affidare i soldi a quelli giusti, al neofascista Macuso e al figlio d’arte della mala capitolina, Nicoletti junior. Il resto erano fatture false, fiumi di denaro ripuliti nel remunerativo settore degli idrocarburi e in quello cinematografico, attraverso società cartiere intestate a prestanome.
Una grande lavatrice di denaro sporco impiantata nell’Urbe e gestita dai due gruppi rigorosamente romani a cui si affidavano la camorra, con i D’Amico-Mazzarella, e la ’ndrangheta, con i clan Mancuso e Mazzaferro- Morabito. L’obiettivo era lavare le centinaia di milioni di euro incassati dalla vendita della droga.
il boss michele senese, detto o pazzo
Il compito delicato di gestire questa montagna di denaro era affidato da un lato a Nicoletti junior, Pasquale Lombardi e Daniele Muscariello, altro nome di spicco del riciclaggio romano. Dall’altro, sfruttato principalmente dalla mafia calabrese, all’estremista di destra Macuso che lavorava assieme a Piero Monti e Alberto Coppola.
Un sistema efficiente che poteva contare anche sulle spie tra le fila delle forze dell’ordine che aggiornavano i criminali sullo stato delle indagini che li riguardavano. I soldi servivano, perciò, per tenere al libro paga anche il poliziotto Pasquale Tremiterra. «Roma è un circuito proprio di politica — pontifica sempre Luongo nella stessa conversazione intercettata con Pezzella — per esempio (a Napoli, ndr ) se ti siedi con una guardia sei infame. A Roma se ti siedi con una guardia sei buono perché là è politica, perché Roma è politica. Ho visto gente che va seduta con le guardie, il generale e l’onorevole. Perché la politica a Roma è la mafia».
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