Arcangelo Rociola per “la Stampa”
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«Mi chiamo Mara e sono una delle persone truffate dalla New Financial Technology di Silea. Ho firmato un contratto con loro nel maggio del 2022 con un capitale iniziale di 235.000 euro». Mara è un nome di fantasia. Ma il testo della sua email è reale. Così come lo sono le migliaia di richieste di aiuto che stanno arrivando in questi giorni alle associazioni di difesa dei risparmiatori dopo che la New Financial Technology, nata in provincia di Treviso, ma con sede legale a Londra, ha comunicato ai propri clienti di essere a corto di liquidità e di dover sospendere tutti contratti. Da lì in poi, più nessuna comunicazione. E Mara, così come gli altri, ora teme di non rivedere i propri soldi.
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Difficile avere numeri certi al momento. Non ci sono denunce per ora ma solo email e gruppi Telegram con migliaia di iscritti che non riescono più a riavere i propri soldi. Si definiscono truffati e potrebbero essere più di 6.000. Mentre la cifra sparita secondo le associazioni supererebbe i 100 milioni. Se tutto fosse confermato, potrebbe trattarsi della prima truffa nel mondo cripto, nata da una società italiana, a danno di italiani.
Ai risparmiatori la New Financial Technology chiedeva un investimento minimo iniziale di 10.000 euro per poter cominciare a guadagnare grazie all'oscillazione del prezzo delle criptovalute. La società versava sul conto dei propri clienti il 10% del capitale investito ogni mese. Una cifra enorme, al di là di qualsiasi logica di mercato. I guadagni, sulla carta, venivano da un sofisticato schema di algoritmi in grado di comprare e vendere cripto su diverse piattaforme, guadagnando margini sulla differenza di prezzo tra i diversi exchange di Bitcoin. In gergo tecnico: arbitraggio.
IL BITCOIN E LE ALTRE CRIPTOVALUTE
Ora si teme che quegli algoritmi non siano mai esistiti. E che la società versasse dividendi prendendoli dai soldi incassati da altri risparmiatori, attirati dal passaparola che prometteva guadagni facili. Una trappola dall'avidità. Più che uno schema di algoritmi, uno «schema Ponzi».
Il meccanismo, nato con il boom di Bitcoin del 2020, all'inizio ha funzionato. I primi investitori si sono visti arrivare in conto quanto promesso. La voce che la Nft fosse una miniera d'oro in criptovalute si è allargata di cliente in cliente, col passaparola tra amici e parenti. Da Treviso i soldi cominciano ad arrivare da tutto il Veneto. Poi da tutta Italia. La società ha continuato fino a giugno a versare il dovuto. Poi tutto si è fermato.
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Il sito che consentiva ai risparmiatori di vedere l'andamento del loro portafogli è diventato irraggiungibile. Così come almeno due dei tre soci fondatori della Nft: Mauro Rizzato, 55 anni e Christian Visentin, 46 anni. Alcuni dicono che potrebbero essere a Dubai, dove la società pare avesse una sede. Mentre il terzo, Emanuele Giullini, avvocato di Roma, ha tenuto il telefono acceso in questi giorni e a La Stampa ha voluto solo precisare: «Al momento non penso si possa parlare di truffa o di schema Ponzi».
TRUFFA CRIPTOVALUTE
Intanto le associazioni come Difesa del cittadino di Treviso, «sono pronte alla class action», dice l'avvocato Matteo Moschini. Nella serata di ieri si è tenuta una riunione su Zoom organizzata da chi, dopo aver firmato i contratti, teme di aver perso tutti i propri risparmi. La Stampa ha potuto ascoltare le conversazioni. L'idea degli organizzatori, per ora, è di aspettare. Non irritare la società. Potrebbe tendere loro la mano, sperano. Potrebbe ridare loro almeno il capitale versato. Le facce cupe, preoccupate di decine di uomini e donne, molti più che sessantenni, davano a quella speranza il gusto amaro dell'evanescenza.
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