Laura Berlinghieri per "La Stampa"
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Una città in grado di tenere sotto controllo costante tutto ciò che accade, grazie a una fitta rete di telecamere, celle telefoniche, sensori e antenne, a centinaia, che dialogano tramando tessuti tenuti in piedi dall'intelligenza artificiale.
Un occhio del Grande Fratello che vigila sulla città, sempre. «I dati non dormono mai» è lo slogan coniato da Paolo Bettio, amministratore unico di Venis Spa, società mente e braccio del cervellone.
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Sembra un ossimoro, perché questa realtà degna di una puntata di "Black Mirror" è Venezia, diventata la prima "smart city" d'Italia. Il cervellone che riceve, registra ed elabora i dati si trova sull'isola del Tronchetto: è la Smart control room del Comune di Venezia, inaugurata poco più di un anno fa.
È stata realizzata da Tim e da Olivetti, la digital factory del gruppo, in collaborazione con il Comune e Venis Spa. Qui viene trasmesso quanto arriva dal centro storico, attraverso la registrazione dei dati aggregati provenienti dai numeri di cellulare che si agganciano alle centinaia di celle telefoniche presenti in città.
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«Tramite questo sistema, sappiamo esattamente quante persone ci sono a Venezia, da dove sono arrivate e, grazie ai prefissi telefonici, qual è il loro Paese di provenienza» spiega il vicesindaco Andrea Tomaello.
Il passaggio successivo è il dialogo tra Comune, forze dell'ordine, aziende di trasporto locale e di raccolta rifiuti, pronte ad agire quando necessario: deviando il traffico, individuando assembramenti o intervenendo in prima persona.
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Anche perché intanto le quasi 500 telecamere sparse in tutta la città registrano e trasmettono le immagini al cervellone, che proietta i video degli snodi più importanti sui maxi schermi della centrale operativa.
Un occhio del Grande Fratello che vigila costantemente sulla città e sui suoi cittadini, che guardano alla torre di controllo con una certa perplessità, chiedendosi se questo continuo, enorme passaggio di dati non leda la loro privacy.
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Dal Comune si affrettano ad assicurare che il meccanismo si basa su un sistema di dati aggregati, che non consente di risalire al nome e al volto dietro il numero di telefono. Ma le perplessità restano.
Il progetto è stato finanziato con oltre 5 milioni provenienti dai fondi europei del Pon Metro, con risorse del Comune e rientra in un piano più generale di quasi 20 milioni. È stato pensato per ragioni di sicurezza: «Qui confluiscono dati relativi al numero delle persone in città, alle barche nei canali, ai passaggi dei mezzi pubblici, al controllo dei flussi turistici, alle previsioni meteo e alla situazione dei parcheggi. Questo ci consente di monitorare in tempo reale le informazioni dal territorio, intervenire con velocità e tenere un filo diretto con i cittadini» spiegava un anno fa il sindaco Luigi Brugnaro.
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Tutto questo, si diceva, conduce a enormi discussioni sul tema della privacy. Una questione che ha fatto il giro del mondo, suscitando persino la curiosità del New York Times, che proprio a questa Venezia orwelliana ha dedicato un articolo.
Il Comune smentisce le ipotesi più suggestive: niente facial recognition, né 5G. Anche se quest'ultimo potrebbe essere uno dei prossimi orizzonti: lo ha detto Bettio di Venis. Ma le idee per il futuro, in realtà, sono molteplici: l'installazione di nuove telecamere, sottoscrizioni con i privati per accedere anche alle loro e, soprattutto, l'utilizzo del sistema per la gestione dei flussi.
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Lo dice il Comune stesso, pensando al turismo del 2022, quando dovrebbero entrare in funzione i tornelli, che renderanno Venezia la prima città al mondo con ingresso contingentato, a pagamento e su prenotazione.
«Io non ho problemi se il Comune registra i flussi, perché sono sicuro che i gestori telefonici non comunicherebbero mai i nomi dei titolari dei numeri di cellulare. Ma se combiniamo questo all'installazione dei tornelli, allora la situazione si capovolge. Potrebbe significare che il Comune, abbinando le celle telefoniche ai tornelli, sarà in grado di risalire ai singoli individui, e questo non mi sta assolutamente bene» sostiene Marco Gasparinetti, consigliere comunale di opposizione e avvocato. La guerra con il futuro è aperta.