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    LA RIFORMA DEL QUASI NULLA – SUL LAVORO SI PREPARA UN INTERVENTO MINIMO: NIENTE SMANTELLAMENTO DELL’ARTICOLO 18 E NIENTE REVISIONE GLOBALE DELLO STATUTO DEI LAVORATORI – CI PENSERA’ LA TROIKA?


     
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    Roberto Giovannini per "La Stampa"

     

    GIULIANO POLETTI GIULIANO POLETTI

    Niente smantellamento dell’articolo 18, niente revisione globale dello Statuto dei Lavoratori. Via libera al «contratto d’inserimento a tutele crescenti», riservato ai giovani fino a 35 anni e alle persone con più di 50 anni: i loro datori potranno per tre anni licenziarli senza vincoli, ma se li confermeranno riceveranno un bonus fiscale. Sì anche a due significative modifiche dello Statuto: le aziende potranno «demansionare» i loro dipendenti (cioè ridurre la loro mansione, tagliando anche il salario), e potranno usare le tecnologie per controllare la prestazione dei lavoratori.

     

    Potrebbero essere questi i termini generali - il condizionale è d’obbligo - per il futuro Jobs Act, ovvero la delega sulla riforma del mercato del lavoro ora all’esame del Senato. I sondaggi di queste ore del ministro del Lavoro Giuliano Poletti sembrano far emergere una soluzione «leggera» per le nuove regole del mercato del lavoro. Scontentando il Nuovo Centrodestra, che punta su una drastica revisione dello Statuto dei Lavoratori e sull’abolizione dell’articolo 18 della legge 300. Ma assicurando una approvazione del provvedimento entro i tempi prefissati dal governo.

     

    Maurizio Sacconi Maurizio Sacconi

    Per adesso di ufficiale non c’è nulla. Soprattutto, non c’è mai stata la decisiva riunione dei rappresentanti in Camera e Senato dei partiti di maggioranza, che dovrebbe sancire la soluzione definitiva per un provvedimento su cui il governo punta molto e che rischia di arenarsi sulla solita questione: i licenziamenti e lo Statuto.

     

    Su questo il Pd e il Nuovo Centrodestra hanno espresso esigenze difficilmente conciliabili, in qualche modo appellandosi al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Che nel merito, in queste settimane, ha espresso posizioni anche molto diverse, pur valorizzando le molte novità contenute nella delega, come il varo di ammortizzatori sociali universali, che spesso vengono poco considerate rispetto al tema rovente dei licenziamenti.

     

    Cesare Damiano Cesare Damiano

    «Confido che prevalga la posizione del Presidente del Consiglio - afferma il presidente della Commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi, Ncd - noi chiediamo una delega di riforma innovativa dello Statuto dei Lavoratori». «Se vogliamo che la delega venga approvata entro i tempi stabiliti - gli replica Cesare Damiano, Pd, presidente della “Lavoro” a Montecitorio - non bisogna appesantirla con richieste non ricevibili, come l’abolizione dell’articolo 18 e la totale riscrittura dello Statuto».

     

    Difficile mediare tra questi due ex-ministri del Lavoro che non sono d’accordo pressoché su nulla. A sentire Filippo Taddei, responsabile economico del Pd e persona vicina al premier, la scelta di Renzi si baserà soprattutto sull’esigenza di fare presto. «Stiamo spingendo al massimo - spiega Taddei - il nostro obiettivo è quello di “incastrare” l’esame del Jobs Act nei due rami del Parlamento con la discussione della Legge di Stabilità». E per essere veloci bisogna evitare complicazioni eccessive.

    OPERAI OPERAI

     

    «Alcuni vorrebbero affermarsi politicamente con ampie revisioni dello Statuto dei Lavoratori nella delega - continua Taddei, parlando chiaramente di Ncd - che sono però tecnicamente impossibili».

     

    Ecco dunque il prevalere di una strategia prudente per la delega. Che - ricordiamo - stabilisce solo le linee generali, i paletti, della (ennesima) riforma delle regole del mercato del lavoro. Una volta approvata la legge dal Parlamento, al governo spetterà il compito di definire i dettagli delle nuove regole rispettando quei paletti.

     

    operai operai

    Se prevarrà la linea della «riforma veloce e leggera», sul tema dei licenziamenti e dei nuovi contratti dunque non ci sarà l’abolizione dell’art. 18, ma la nascita di un nuovo «contratto d’inserimento a tutele crescenti» riservato agli under 35 e agli over 50. Prevederebbe la licenziabilità per i tre anni di «prova» e un salario lievemente ridotto. Ma se l’azienda confermerà il lavoratore avrà uno sgravio Irap o contributivo che lo renderà il contratto più conveniente in assoluto.

     

    Per andare incontro alle richieste di imprese e Ncd, si aprirà al possibile controllo a distanza dei lavoratori da parte delle imprese. E sarà consentito il demansionamento, limitando però la perdita salariale per il lavoratore. Al Pd piacerebbe inserire anche una riforma delle regole della rappresentanza sindacale in azienda e la definizione di un compenso orario minimo per i lavoratori non contrattualizzati, ma è difficile. E - peraltro - Matteo Renzi potrebbe cambiare idea e stracciare il «quasi-accordo» sulla riforma.

     

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