Estratto dell’articolo di Paolo Brera per “la Repubblica”
Benjamin Netanyahu
Dopo quasi sei mesi di guerra, neppure l’accordo trovato finalmente lunedì nel Consiglio di sicurezza dell’Onu sul cessate il fuoco a Gaza ferma la strage quotidiana.
Nelle ultime ventiquattr’ore sono stati uccisi più di ottanta palestinesi, nella Striscia. Muoiono sotto tiro delle armi israeliane, ma anche per tentare di mangiare: ieri sono affogati in tredici, cercando di recuperare i pallet di aiuti lanciati dagli aerei con i paracadute. […] Hamas chiede di sospendere «il lancio in questo modo offensivo, sbagliato, inappropriato e inutile». Ma gli aiuti via terra filtrano con il contagocce.
Ali Khamenei Ismail Haniyeh e due leader di hamas
[…] la risoluzione dell’Onu che doveva favorire una soluzione pacifica alla crisi ingarbuglia ancor più la matassa. Ieri è saltato il tavolo diplomatico a Doha, dove erano in corso le trattative sul rilascio degli ostaggi in cambio di quello dei prigionieri palestinesi. Hamas ha bocciato la bozza di accordo americana già approvata dal governo israeliano, accusandolo di essere interessato solo agli ostaggi e non a porre fine alla guerra in modo duraturo, e a permettere il ritorno degli sfollati nella parte Nord di Gaza.
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La risposta inviata a Doha dal leader braccato Yahya Sinwar è di attenersi «alla posizione presentata il 14 marzo». Prevede «il ritiro totale delle forze armate israeliane dalla Striscia, il cessate il fuoco definitivo, il ritorno degli sfollati e un autentico scambio di prigionieri».
«Hamas — replica il primo ministro Benjamin Netanyahu — rifiuta qualsiasi compromesso, Israele non si sottometterà alle sue richieste deliranti ». Continuerà fino «a raggiungere gli obiettivi: liberare tutti i rapiti, distruggere le capacità militari e governative di Hamas e garantire che Gaza non rappresenti più un minaccia per Israele». La delegazione israeliana è stata formalmente richiamata e ieri sera è rientrata a Tel Aviv. Le trattative, mediate da Egitto e Qatar, proseguono sottotraccia.
a tel aviv manifesti con le foto degli ostaggi in mano a hamas
Nel frattempo Hamas è andato a celebrare a Teheran il suo successo politico: «La risoluzione dell’Onu indica un isolamento senza precedenti per Israele», dice il capo politico dei miliziani, Ismail Haniyeh, nella capitale iraniana in cui ha incontrato — insieme al leader della Jihad Islamica, Ziyad al-Nakhalah — anche la guida suprema Ali Khamenei.
Un vertice degli impresentabili che riporta al centro del grande calderone diplomatico anche l’Iran, sostenitore di Hamas e degli Houti.
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Per Israele è un momento difficilissimo. I parenti bloccano di nuovo il centro di Tel Aviv chiedendo il rilascio immediato degli ostaggi. Il governo è alle prese con la spinosa questione interna dell’esenzione agli ortodossi dalla coscrizione. E bisogna ricucire lo strappo con il migliore alleato, gli Usa dai quali si è sentito tradito per il mancato veto all’Onu. Ma resta sul banco soprattutto la questione dell’attacco a Rafah: il presidente Biden lo ritiene fuori discussione, e per Netanyahu resta invece irrinunciabile per finire il lavoro.
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