• Dagospia

    LA SCELTA DEI MINISTRI SARÀ UN INCUBO PER LA DESTRA – MATTARELLA PUNTERA’ I PIEDI SU 4 DICASTERI: ECONOMIA, ESTERI, INTERNI, GIUSTIZIA. E STEFANO CECCANTI, DEPUTATO USCENTE DEL PD, COSTITUZIONALISTA, SI CHIEDE: “MELONI LA PENSA ANCORA COME NEL 2018, QUANDO DAVANTI AL CASO SAVONA PROPOSE L'IMPEACHMENT PER MATTARELLA? NON SI PUÒ CORRERE IL RISCHIO CHE L'INCARICO VADA A UN PREMIER CHE NON RICONOSCE LE PREROGATIVE DEL CAPO DELLO STATO SULLA NOMINA DEI MINISTRI, SI RISCHIEREBBE UN CONFLITTO DEVASTANTE”


     
    Guarda la fotogallery

    MEME BY LE BIMBE DI SERGIO MATTARELLA MEME BY LE BIMBE DI SERGIO MATTARELLA

    Stefano Cappellini per “la Repubblica”

     

    La destra ha un problema con Sergio Mattarella? La domanda è ormai legittima visti i numerosi tentativi di trascinare il capo dello Stato in campagna elettorale, forse obbligatoria dato che parliamo della coalizione avanti nei sondaggi, quella che potrebbe presto trovarsi nella condizione di disegnare, proprio insieme al Colle, la fisionomia del prossimo governo.

     

    Stefano Ceccanti è un deputato uscente del Pd, costituzionalista, ricandidato in Toscana dopo qualche incertezza, ed è stato uno di quei parlamentari che ha fatto crescere dal basso, in aula, l'onda che ha poi portato alla rielezione di Sergio Mattarella. In questa campagna elettorale nella quale il capo dello Stato è strattonato da destra, ultimo caso Giorgia Meloni («Se vinciamo - ha detto - Mattarella non ha altra scelta che darmi l'incarico»), Ceccanti pone la seguente questione: «Come si rapporterà il centrodestra con le istituzioni di garanzia?

    sergio mattarella mario draghi sergio mattarella mario draghi

     

    Il problema di indicare o meno Meloni a Palazzo Chigi è tutto della coalizione, non certo di Mattarella, perché se la destra vincerà le elezioni e anche Salvini e Berlusconi faranno il nome di Meloni per l'incarico, non c'è alcun dubbio che Mattarella lo darà a lei. Quindi su questo punto Meloni deve guardarsi solo dai suoi alleati.

     

    Il problema è la nomina dei ministri: Meloni la pensa ancora come nel 2018, quando davanti al caso Savona propose l'impeachment per Mattarella? Deve dirlo prima del voto se ha cambiato idea o no, perché non si può correre il rischio che l'incarico vada a un presidente del Consiglio che non riconosce le prerogative del capo dello Stato sulla nomina dei ministri, si rischierebbe un conflitto devastante».

    BERLUSCONI SALVINI MELONI CON MATTARELLA BERLUSCONI SALVINI MELONI CON MATTARELLA

     

    La vicenda cui fa riferimento Ceccanti è quella di Paolo Savona, economista, che M5S e Lega intendevano proporre come ministro dell'Economia del governo gialloverde nato dopo le elezioni del 2018. Molti ricorderanno che, per l'opposizione di Mattarella alla nomina di Savona, all'epoca fresco autore di un piano per l'uscita dell'Italia dall'euro, il M5S propose per il Colle la messa in stato di accusa, poi fece dietrofront.

     

    Paolo Savona Paolo Savona

    Meno diffusa è la memoria che anche Meloni avanzò nel 2018 l'idea dell'impeachment , rimproverando a Mattarella di aver bocciato Savona per «fare l'interesse delle nazioni straniere anziché quello dell'Italia». La scelta dei ministri sarà uno dei passaggi più difficili per l'eventuale futuro governo delle destre. Proprio perché dovranno incastrarsi gli accordi tra le forze politiche, già complessi, e il via libera del Colle, che certo non consentirà forzature o ministri imbarazzanti nelle caselle chiave.

    STEFANO CECCANTI STEFANO CECCANTI

     

    Guido Crosetto, considerato a buona ragione uno dei principali consiglieri della leader di Fratelli d'Italia, ha sempre fatto capire che Meloni si impegnerà a trovare figure autorevoli, e persino "terze", per gli incarichi di governo più delicati. E ieri proprio Crosetto si è affrettato a smentire che Meloni, con quella frase sull'incarico "dovuto", intendesse fare pressione su Mattarella: «È stata estrapolata - ha detto Crosetto al Corriere della sera - una frase di pochi secondi da un discorso più lungo. Giorgia dice che, se il centrodestra vincerà le elezioni, il Quirinale ne prenderà atto. Una cosa banale, detta con rispetto per Mattarella».

     

    mattarella meloni mattarella meloni

    Resta da capire che interesse avesse Meloni a ribadire un concetto tanto banale, anche se Crosetto fa intendere chiaramente che il messaggio di "Giorgia", più che a Mattarella, fosse rivolto a Salvini e Berlusconi, della cui lealtà la leader FdI non sembra fidarsi granché. Di certo l'uscita della aspirante premier ha messo Salvini nella inedita posizione di mattarelliano: «Sull'incarico decide il presidente», ha detto il leader della Lega commentando le parole dell'alleata.

     

    berlusconi napolitano instagram berlusconi napolitano instagram

    A sua volta, Mattarella ha voluto smentire con forza la reazione di «stupore» alle parole di Meloni che gli era stata attribuita in un articolo. Il presidente ha sempre seguito un'unica bussola, il dettato costituzionale, e non intende farsi trascinare nello scontro politico, in alcuna direzione. Il silenzio era già stata la risposta al primo strattone, il più scomposto, quello di Silvio Berlusconi, che rilanciando il presidenzialismo aveva evocato le contestuali dimissioni di Mattarella.

     

    Berlusconi, pur ritrattando parzialmente la sua uscita, aveva toccato un tema tabù ma molto discusso a destra, cioè la possibilità che Mattarella segua l'esempio del suo predecessore Giorgio Napolitano, fissando una scadenza anticipata al mandato bis. «Se qualcuno di loro ci pensa, vuol dire che non lo conoscono», è il parere informato di Matteo Renzi. La volontà del capo dello Stato di concludere regolarmente il mandato è uno degli ostacoli principali alla "trumpizzazione" del Paese.

     

    napolitano berlusconi napolitano berlusconi

    Nonostante la destra confidi di disporre di una maggioranza netta in entrambe le Camere, non sarà il prossimo Parlamento a eleggere il nuovo presidente della Repubblica: il settennato bis di Mattarella scade nel 2029, un anno dopo la fine della legislatura entrante. In compenso, sono ben quattro i giudici costituzionali di nomina parlamentare che scadono entro il prossimo biennio. Un'occasione che la destra potrebbe cogliere se ottenesse una maggioranza del 60 per cento.

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport