Mattia Feltri per "La Stampa"
ROMA - ASSEMBRAMENTO NEL BUS
«Ho cercato il contatto / di parlare ero stanco / ho voluto sentire sul corpo / le cose che un giorno mi hai detto». L'avrei ascoltata dopo, per la prima volta, ma intanto ero salito in metropolitana ed era più piena del solito.
Tutti si sono scansati con bruciante prudenza per scampare al contatto, con me e con chiunque attorno; avevano ribrezzo del mio corpo, del mio respiro, e io avevo ribrezzo del loro, e siamo rimasti così, ammassati e disgiunti, mascherati, ognuno la minaccia dell'altro. Poi ho camminato per strada e ho pensato a quei piccoli scontri di pedoni, lo sfiorarsi accidentale, lo spensierato urto di spalla contro spalla, sono ormai pestilenziali e dunque rifuggiti in allerta costante.
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E quando sono arrivato qui, nella redazione di HuffPost, dove lavoro da più di cinque mesi, ho visto le facce di questi colleghi, già amici, le loro braccia, i loro corpi, e ho pensato che in cinque mesi non li ho mai toccati, nemmeno per sbaglio, io che nella vita amo toccare, abbracciare, dare pacche, carezze, guance su guance; un linguaggio preciso, complementare e insostituibile, e precluso. È una vita mutilata, siamo tattilmente estranei. Si chiama Contatto.
negramaro
È il nuovo singolo dei Negramaro uscito ieri. «Ho trovato il contatto / era solo in un sogno / e ti giuro sarebbe bellissimo se ti toccassi da sveglio». Di questo disastro che è il Covid, di questo incubo distopico, i Negramaro hanno colto l'aspetto più totalitario e disumano: siamo diventati una comunità di inavvicinabili e di intoccabili. Sapremo di esserne usciti soltanto quando avremo il cuore più lieve, e lo potremo dire con le mani.
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