Elisa Manacorda per “la Repubblica - Salute”
Wendy Suzuki
Il campanello d’allarme è suonato in Perù. «Ero in vacanza: passeggiate, trekking in quota, niente di estremo. Ma ero nettamente la più fragile del gruppo. Io, che avevo solo 38 anni, mi muovevo come una sessantenne con problemi di salute. Dovevo fare qualcosa». È così che Wendy Suzuki ha deciso di rivoltare la sua vita come un calzino. Neuroscienziata alla New York University, pubblicazioni di alto livello, premi e riconoscimenti in bella vista sugli scaffali, Suzuki è destinata a una brillante carriera accademica.
Ma ha venti chili di troppo, passa le sue serate in laboratorio, non ha un compagno, non ha amici («A New York, capisci? Non avevo amici nella città più vivace del mondo!»). In una parola: è profondamente infelice. Per fortuna ha la scienza al suo fianco. Così comincia una sperimentazione su se stessa, diventa una sorta di laboratorio vivente, dove provare in prima persona quello che ha letto su decine di paper scientifici.
Wendy Suzuki
E cioè che l’attività fisica aiuta non soltanto a tornare in forma, ma anche a recuperare la memoria, a migliorare l’attenzione e il tono dell’umore. In una parola, a far funzionare meglio il cervello. E possibilmente anche ad essere più felici. Happy Brain è infatti il titolo del libro che Suzuki ha appena lanciato in Italia con Sperling& Kupfer. Nel quale descrive il metodo che potenziando la mente le ha permesso di sentirsi più intelligente, più attiva, più bella.
«A ispirarmi è stata la mia supervisor Marion Diamond: grandissima neurologa e psichiatra, pioniera delle ricerche sul cervello, docente a Berkeley, ma anche madre di quattro figli. Una donna affascinante e felice. Lei era riuscita a bilanciare tutte le componenti della sua vita, volevo riuscirci anche io». Così fa appello alle sue radici familiari: nata da una mamma tennista e da un papà ingegnere, decide di unire l’attività fisica con il rigore degli studi.
Wendy Suzuki
«Il primo passo fu quello di iscrivermi in palestra. Esercizi con gli attrezzi, ma anche a corpo libero. E un corso di ballo». Wendy scopre il lato esibizionista di sé: le piace danzare, e le piace far vedere agli altri la sua bravura. Comincia a perdere peso, con una sana alimentazione. E mentre dimagrisce, scopre che anche il suo cervello funziona meglio.
«Dopo un anno e mezzo - racconta - ho cominciato a notare uno strano fenomeno. Non solo ero più forte, ma avevo anche migliorato la memoria, la concentrazione, l’attenzione. E, cosa non secondaria, avevo voglia di conoscere altre persone, di scoprire posti nuovi. Mi sentivo più coraggiosa, insomma». Merito dell’attività fisica? Forte della sua formazione, Suzuki decide di scoprirlo. Cerca in letteratura tutto quello che abbia a che fare con gli effetti dello sport sul cervello.
Legge di come tra gli atleti professionisti l’incidenza delle demenze sia più bassa che nella popolazione più sedentaria. Studia i risultati delle ricerche di Diamond sugli effetti di un ambiente ricco e stimolante sul cervello dei roditori. E decide di mettere alla prova non soltanto se stessa, ma anche i suoi studenti.
Wendy Suzuki
Trasforma le sue lezioni alla New York University in performance nelle quali si viene in tuta, si fa mezz’ora di stretching, un’ora e mezza di lezione canonica, un’altra mezz’ora di attività fisica e si chiude con un quarto d’ora di meditazione. I suoi studenti sono più sani e anche più creativi: perché l’esercizio fisico favorisce la formazione di nuove cellule dell’ippocampo, organo coinvolto nella creatività. «A 40 anni avevo trovato la mia strada. Mi sentivo in forma, avevo un sacco di amici, avevo imparato a essere meno critica e più gentile con me stessa. E senza rinunciare alla carriera. Un’equazione praticamente perfetta - conclude Suzuki – ma senza pillole magiche: se ci sono riuscita io, possono farlo tutti».