Eugenio Bruno per "www.ilsole24ore.com"
studenti laureati a oxford
Laurearsi conviene. Soprattutto in ingegneria, economia o medicina. Il 90% circa di chi le ha scelte, interpellato a 5 anni dalla fine degli studi, ha un'occupazione. In ritardo invece lettere, giurisprudenza e psicologia.
In un contesto generale in cui le lauree, soprattutto triennali, fanno fatica a lasciarsi alle spalle la crisi economica del 2008. Lo dice il rapporto 2019 sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati realizzato dal Consorzio universitario AlmaLaurea e presentato oggi a Roma.
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Laurearsi conviene ancora
Il rapporto di AlmaLaurea analizza le performance formative di oltre 280 mila laureati nel 2018 e quelle occupazionali di 640mila ex studenti. Partiamo dalle conferme contenute al suo interno. La prima è che più è alto è il titolo di studio posseduto, più diminuisce il rischio di restare disoccupati.
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I laureati lavorano di più dei diplomati: nel 2018, il tasso di occupazione della fascia d'età 20-64 è pari al 78,7% tra i primi, rispetto al 65,7% dei secondi . E guadagnano anche di più: il 38,5 per cento. Una differenza inferiore a quella registrata dai nostri competitor europei (+52,6% per l’Ue a 22, +66,3% per la Germania e +53,0% per la Gran Bretagna) ma comunque sufficiente per consigliare ai 500mila maturandi di quest’anno di proseguire gli studi.
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Gli immatricolati salgono ma non abbastanza, soprattutto al Sud
Uno dei mali del nostro paese, come Eurostat ci ricorda tutti gli anni, è che abbiamo pochi laureati. Eravamo e restiamo penultimi in Europa, preceduti dalla sola Romania. Il primo passo per recuperare terreno è aumentare il numero di iscritti all’università. E qui il panorama offre luci e ombre.
Se è vero che dall’anno accademico 2014/15 si è osservata una ripresa delle immatricolazioni, confermata anche dal +9,3% del 2017/18, è altrettanto vero che negli ultimi 15 anni gli atenei hanno perso oltre 40mila matricole. Soprattutto al Sud. Degno di nota è poi il fatto che l’unico comparto ad averli aumentati rispetto al 2003/04 è quello scientifico (+13%). A conferma che gli studenti, al momento di scegliere, cominciano a privilegiare le aree che offrono più lavoro.
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I titoli più spendibili sul mercato del lavoro
Che una laurea scientifica offra più chance di occupazione lo dicono proprio i numeri di AlmaLaurea. Tra i laureati magistrali biennali del 2013, intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo, quelli meglio occupati sono i laureati in ingegneria, economia-statistica e professioni sanitarie: tutti sopra all’89 per cento (contro una media dell’85,6%).
LAUREA
Laddove appare ancora in affanno chi ha un titolo dei gruppi giuridico, letterario, geo-biologico e psicologico (tutti al di sotto dell’80,0%). Spostandosi sui laureati magistrali a ciclo unico, censiti sempre a cinque anni, in testa troviamo i medici con il 92,4 per cento: quasi 16 punti in più dei laureati in giurisprudenza.
Gli ingegneri guadagnano di più, gli insegnanti di meno
La classifica delle retribuzioni ricalca più o meno quella della spendibilità sul mercato del lavoro. Gli stipendi medi netti più alti se li aggiudicano i laureati di secondo livello dei gruppi ingegneria, scientifico e chimico-farmaceutico: rispettivamente 1.762, 1.675 e 1.595 euro mensili netti. Mentre nei gruppi psicologico e dell’insegnamento non si raggiungono neanche i 1.200 euro netti al mese.
Laurea
Educazione fisica e architettura prime per efficacia
Passando dall’appeal sul mercato all’efficacia delle conoscenze apprese nelle aule, in vetta, tra i laureati magistrali biennali, troviamo invece educazione fisica (73,5%) e architettura (68,6%).
CHIELLINI LAUREA
Seguiti dagli ex studenti di psicologia, agraria, giurisprudenza, geo-biologia e area scientifica, tutti con valori superiori al 65,0%. E ancora più alti sono i livelli di efficacia tra i laureati dei gruppi medico, veterinaria e farmacia, dove oltre il 90,0% degli occupati valuta «molto efficace» o «efficace» la laurea conseguita.
La crisi economica non è ancora alle spalle
laurea lavoro
Più in generale, il rapporto di AlmaLaurea ci consegna l’immagine di un’università italiana che non si è ancora lasciata la crisi alle spalle. Nel 2018 il tasso di occupazione, a un anno dalla laurea, è arrivato al 72,1% tra i laureati di primo livello e al 69,4% tra i laureati di secondo livello del 2017.
Vale a dire 6,4 punti in più per i primi e 4,2 punti per i laureati di secondo livello rispetto al 2014. Peccato che tra il 2008 e il 2014 le lauree triennali avevano perso il 17,1% di occupati e le magistrali biennali il 15,1. Stesso discorso per le retribuzioni medie: 1.169 euro per i laureati di primo livello e 1.232 euro per quelli di secondo livello. In crescita del 13,4% e del 14,1% rispetto al 2014.
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Ma non abbastanza per recuperare quanto perso nel periodo 2008-2014. E cioè il -22,4% per le triennali e il -17,6% per le magistrali. Un motivo in più, forse, per sottoporre a un tagliando il nostro “3+2”, a 20 anni esatti dal Processo di Bologna che l’ha istituito.
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