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    LA GUERRA DI CARTA CHE STA CAMBIANDO IL GIORNALISMO - MENTRE IL "TELEGRAPH" SILURA IL QUINTO DIRETTORE IN 10 ANNI, ECCO LE CINQUE LEGGI DI INTERNET CHE STANNO RIFORMANDO (E DISTRUGGENDO) L'INFORMAZIONE


     
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    1. LONDRA - LA GUERRA DI CARTA

    Enrico Franceschini per “la Repubblica

    il telegraph e hsbc il telegraph e hsbc

     

    «Mi hanno licenziato perché abbiamo fatto un buon giornale». Tony Gallagher, direttore del Daily Telegraph, ha il groppo alla gola. Tra i suoi reporter, assiepati nella sala riunioni dell’ultra centenario quotidiano londinese, l’emozione è palpabile. Un passato da cronista d’assalto, una reputazione da stakanovista, una direzione brillante: Gallagher pensava di avere ancora molto da dare. Invece è finita.

     

    Stacca dal muro il ritaglio di uno scoop, alza un braccio in segno di addio, apre la porta che lo condurrà per l’ultima volta fuori di lì. E in quel momento, come a un segnale prestabilito, i redattori cominciano a battere il pugno sulle scrivanie, un tam-tam ritmato, assordante, veloce, sempre più veloce: il vecchio rituale di Fleet street per manifestare rispetto a un membro della confraternita che se ne va.

     

    minuto di silenzio redazione telegraph minuto di silenzio redazione telegraph

    E che confraternita. A Fleet street, la “via dell’inchiostro” com’era chiamata un tempo, non è rimasta più neanche la redazione di un giornale: si sono trasferite tutte altrove, per lo più in periferia, lontano dal traffico e dai prezzi folli del centro di Londra. Ma all’inizio del ‘700 in quella strada è nato il giornalismo e il suo spirito è sopravvissuto ai cambiamenti di ogni genere, traslochi compresi: basta la parola per evocare i vizi, le virtù e i miti del mestiere. Il viaggio avventuroso e stupefacente che nei tre secoli successivi ha portato l’informazione mondiale sul web, sugli smartphone, sulla nuova frontiera della rivoluzione digitale, è cominciato in questa viuzza della capitale britannica, fra antiche taverne, luoghi di malaffare, carrozze, fango, nebbia e boccali di birra.

    THE DAILY TELEGRAPH THE DAILY TELEGRAPH

     

    L’epica storia di Fleet street, naturalmente, è piena di direttori di giornale licenziati. Ma non capita spesso che un giornale ne licenzi cinque in dieci anni. Gallagher è il penultimo. Ma la sua uscita di scena dal Telegraph, un anno fa, sembra una parabola del presente, scrive un quotidiano rivale, il Financial Times.

     

    Sembra il simbolo di un declino, o perlomeno di un problema, più generale.

     

    THE GUARDIAN THE GUARDIAN

    Non è stato il solo ad andarsene. Il mese scorso Peter Oborne, più famoso columnist del Telegraph , ha dato le dimissioni accusando la proprietà del giornale di avere censurato articoli sulla Hsbc, la grande banca britannica coinvolta nello scandalo dei conti segreti in Svizzera per evasione fiscale. Come mai? Perché, spiega il commentatore, sir David e sir Frederick Barclay, i fratelli gemelli che nel 2004 acquistarono il Telegraph per 665 milioni di sterline (un miliardo di euro), contano molto sulle sostanziose inserzioni pubblicitarie della Hsbc.

     

    ARTICOLO SULLE RIVELAZIONI DI SNOWDEN SUL GUARDIAN ARTICOLO SULLE RIVELAZIONI DI SNOWDEN SUL GUARDIAN

    È qualcosa di più, secondo Oborne, del classico conflitto di interessi per proteggere un amico a cui si deve qualcosa. Il piacere fatto alla banca, sostiene, è il sintomo di un malessere più ampio: la sottomissione della proprietà ai suoi inserzionisti. La tiratura dell’edizione cartacea cala a causa della concorrenza dell’informazione digitale, la pubblicità online cresce ma non abbastanza, le soluzioni tentate dai giornali — paywall parziale o completa, sito gratuito — non hanno ancora individuato la formula magica, i profitti scendono: questo è il contesto, praticamente dovunque. E in una situazione simile può scattare il vassallaggio nei confronti di chi compra pagine di pubblicità, ultima fonte sicura di guadagni.

    financial times financial times

     

    Il Telegraph ha risposto sdegnato al j’accuse del suo columnist, ribadendo la «totale indipendenza » della redazione da esigenze commerciali. Ma altri quotidiani hanno rincarato la dose, segnalando ulteriori malefatte del giornale dei fratelli Barclay. Il quale ha reagito tirando fuori presunti scheletri dagli armadi degli altri: il Guardian avrebbe accettato un patto con la Apple promettendo di non pubblicare articoli critici sull’azienda californiana nei giorni in cui escono sue inserzioni; due dirigenti dell’ufficio pubblicità del Times si sarebbero suicidati negli ultimi sei mesi per lo stress e la pressione a incrementare le vendite.

     

    PETER OBORNE PETER OBORNE

    Sembra innegabile, nell’incrocio di smentite e contro smentite, che ci sia sotto almeno una parte di verità. E i cinque direttori licenziati dal Telegraph in dieci anni testimoniano incertezza, fragilità, paura, in parte attribuite ai proprietari, in parte all’amministratore delegato Murdoch MacLennan, un manager 65enne così lontano dall’era digitale che detta le email alla segretaria invece di scriverle da sé.

     

    A Londres The Times consacre un article a l affaire Hollande Gayet scalewidth A Londres The Times consacre un article a l affaire Hollande Gayet scalewidth

    Quest’ultimo gossip è del Financial Times , che ha sbattuto in copertina sul suo inserto week-end un giornale avversario, titolando “Tumulto al Telegraph” come se fosse sull’orlo della chiusura, nonostante 60 milioni di sterline l’anno di attivo (ma ha recuperato solo metà della somma sborsata dai Barclay per comprarlo): ipotesi che porterebbe al quotidiano finanziario non pochi lettori del Telegraph, visto che hanno età, reddito e simpatie politiche simili.

     

    Neanche il quotidiano della City, del resto, è immune da preoccupazioni: pur essendo quello che gestisce meglio il passaggio al digitale (ha più abbonati online che copie vendute e ricava dal web la maggior parte delle entrate), è sempre in predicato di essere venduto dalla Pearson, maggiore casa editrice scolastica del mondo. Non è chiaro a chi.

     

    Murdoch durante la commissione Murdoch durante la commissione

    La morale è che oggi nessuno è tranquillo, a Fleet street come nel resto del panorama giornalistico: e a Londra, dopo la tempesta del Tabloidgate, lo scandalo delle intercettazioni illecite che ha investito i quotidiani popolari di Murdoch, ora tremano anche i “quality papers”, i giornali più seri e rispettabili. Quello che sta accadendo al Telegraph, tira le somme Meredith Levien, manager del New York Times , «è un avvertimento su come potrebbe arrivare la fine», sottinteso per tutti.

     

    LE DUE COPERTINE DEDICATE A XI JINPING DALL ECONOMIST LE DUE COPERTINE DEDICATE A XI JINPING DALL ECONOMIST

    Ma la culla del giornalismo, la leggendaria “via dell’inchiostro”, è davvero in procinto della fine o cammina invece, pur fra inevitabili difficoltà, verso praterie nuove ed ardite, come suggeriscono la nomina per la prima volta di due donne alla direzione di Economist e Guardian, sintomo di vitalità e di rinnovamento?

     

    «È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non puoi farci niente! »: la famosa battuta del vecchio film con Humphrey Bogart su un direttore di giornale che si oppone alla cessione del suo quotidiano per portare avanti una campagna d’informazione suona ancora attuale, nonostante tutto. Chissà se è venuta in mente a Tony Gallagher, mentre lasciava il suo ufficio di direttore del Telegraph, salutato dal tam-tam dei pugni sulla scrivania dei suoi redattori.

     

     

    2. LE 5 LEGGI DI INTERNET CHE CAMBIANO L’INFORMAZIONE

    John Lloyd per “la Repubblica

     

    INTERNET INTERNET

    La rete , che continua a rivoluzionare la nostra esistenza quotidiana, sta trasformando il giornalismo in una professione nuova. Per iniziare, ha stabilito una serie di “leggi” fondamentali che al momento appaiono sufficientemente solide da durare nel futuro. Elenco di seguito le cinque più importanti — sia per il giornalismo che per coloro che ne fruiscono o vi lavorano.

     

    Primo. La Rete scardina i “pacchetti” giornalistici tradizionali, a cominciare dai quotidiani e dalle riviste di attualità. I quotidiani sono costituiti da una raccolta di elementi tra loro assai diversi: notizie del giorno, vignette, analisi, lettere, recensioni di libri, musica e film, sport, giochi enigmistici e non, fotografie, grafici e orari della programmazione televisiva.

    WEB INTERNET PUBBLICITA WEB INTERNET PUBBLICITA

     

    La Rete ci consente di isolare ciascuno di questi contenuti, così che se si desiderano le notizie del giorno basta andare su un sito di attualità, per informarsi di sport ci si rivolge a un sito specializzato, e via dicendo. Il variegato pacchetto rappresentato dai quotidiani si trasforma in diversi pacchetti dai contenuti specifici. Lo stesso accade per i notiziari televisivi o radiofonici. Perché aspettare venti minuti per una notizia che potrebbe essere ultima in scaletta, quando basta digitare una parola-chiave su un motore di ricerca per trovarla istantaneamente?

     

    Secondo. La Rete distrugge il modello di business su cui si basa il giornalismo, e in particolare i quotidiani. Gli utenti più (o meno) giovani disertano i quotidiani e le riviste di attualità a favore della Rete, con conseguente calo della distribuzione. Gli inserzionisti si mostrano meno interessati ad acquistare spazi pubblicitari. I giornali sono costretti a ridurre il personale e il numero di pagine, causando un ulteriore calo nella distribuzione.

     

    IL TELEGIORNALE TUTTI NUDI jpeg IL TELEGIORNALE TUTTI NUDI jpeg

    La pubblicità si sposta sulla Rete — ma nel caso in cui un giornale abbia sviluppato un proprio sito molto frequentato, il costo di una pubblicità sulla Rete è molto inferiore rispetto a una su carta. Le pubblicazioni si trovano così intrappolate in un circolo vizioso. Anche la televisione può risentire di questa dinamica, sebbene in misura minore, dal momento che nella maggior parte dei casi i canali televisivi attraggono spettatori grazie ai programmi di intrattenimento e non giornalistici.

     

    Terzo. Le necessità economiche obbligano tutte le testate a scendere a compromessi un tempo impensabili con gli inserzionisti e le agenzie di Pr. I grandi giornali, come ad esempio il New York Times, il Guardian, Le Monde e non solo, pubblicano supplementi pubblicitari e promozionali il cui aspetto emula in tutto quello dei giornali, e nei quali una piccola dicitura annuncia la sponsorizzazione di una compagnia o un ente.

     

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     Le agenzie di Pr e le corporation producono in proprio canali e programmi, senza dover ricorrere ai canali televisivi tradizionali. Si tratta di programmi e video che sono spesso altrettanto o più gradevoli di quelli proposti dalle testate tradizionali, rispetto ai quali ricevono un maggior numero di visite su siti come YouTube. I confini che un tempo separavano il contenuto editoriale da quello pubblicitario sono sempre più labili.

     

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    Quarto. La Rete è una strada a doppia percorrenza. Il giornalismo non detiene più il monopolio sulle notizie e non è più il solo canale attraverso cui poter raccontare ad un pubblico quali eventi accadono, e perché. Attraverso blog, Facebook, Twitter e altri mezzi, milioni di utenti oggi possono far conoscere la propria versione dei fatti. I “cittadini giornalisti” sono i primi a diffondere informazioni ed opinioni riguardo a incidenti, guerre e disastri, e riescono a farlo con molto anticipo rispetto ai “giornalisti di professione". Le testate giornalistiche si vedono costrette ad intavolare una serie di scambi con il proprio pubblico.

     

    Sempre più spesso i giovani prediligono i social media ai mezzi di stampa tradizionali, e vengono a sapere di fatti e storie attraverso i propri amici anziché le prime pagine dei giornali o la scaletta di un notiziario tv. Personaggi famosi e marchi assumono una grande importanza, dal momento che i lettori tendono a rivolgersi a nomi e volti che considerano familiari.

    la cover del new york times magazine PLANET HILLARY la cover del new york times magazine PLANET HILLARY

     

    Quinto — la Rete ha reso più accessibili, più rapidamente che mai, articoli e informazioni di ogni tipo. Se vogliamo sapere qualcosa su un argomento specifico, possiamo confezionare un pacchetto su misura per le nostre esigenze, attingendo a quotidiani, riviste, siti televisivi, ma anche da materiale pubblicato da università, enti pubblici e governativi, musei e gallerie, blogger, persino da libri che si pubblicano gratuitamente o possono essere scaricati per una somma modica da Internet.

     

    arthur hays sulzberger NONNO DELL EDITORE DEL NEW YORK TIMES arthur hays sulzberger NONNO DELL EDITORE DEL NEW YORK TIMES

    Se oggi voglio saperne di più sulla vittoria di Nicolas Sarkozy nelle elezioni regionali francesi, in pochi secondi posso trovare un centinaio di siti dedicati a questo argomento — in francese, inglese, italiano e altre lingue. Anche se desidero approfondire la mia conoscenza riguardo a un pittore, il Beato Angelico, i cui quadri conservati a Firenze e Roma sono tra le maggiori opere del XV secolo, posso trovare un centinaio di siti: ufficiali, professionali e amatoriali, a lui dedicati, con decine di foto delle sue opere.

     

    Disponiamo di una scelta mai avuta prima. La sfida per il giornalismo è di conservarla e approfondirla — guadagnandosi ancora da vivere.

    ATTENTATORE DI BOSTON IN PRIMA PAGINA SUL NEW YORK TIMES ATTENTATORE DI BOSTON IN PRIMA PAGINA SUL NEW YORK TIMES

     

    ( Traduzione di Marzia Porta)

     

     

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