Fabrizio Goria per “La Stampa”
JOHNSON&JOHNSON SPIN OFF
Dividersi per crescere. O meglio, per massimizzare strategie e profitti. Da General Electric a Toshiba, passando per Johnson & Johnson, i colossi globali stanno razionalizzando le loro attività. J&J si separerà in due. Da un lato, il medicale. Dall'altro i prodotti per il largo consumo. GE, invece, in tre, dall'aviazione all'energia, passando per la salute.
Si tratta di spezzatini che, secondo gli analisti di Wells Fargo, «possono essere oggetto di remunerazione degli azionisti». Non pochi, tuttavia, i rischi. Spin-off. Termine inglese per definire una costola, ovvero una derivazione, della società principale. Fra le esternalità, positive o negative lo si vedrà, della pandemia v' è una parziale fine delle grandi conglomerate statunitensi e giapponesi.
general electric
Ad aprire le danze è stata General Electric, fondata nel 1892 a Schenectady, nello Stato di New York, dopo la fusione della Edison General Electric di Thomas Edison e la Thomson-Houston. Tre nuove società per i tre segmenti che rappresentano il cuore della compagnia, avionica, medicina ed energia. Stesso per J&J e Toshiba.
Nel caso della prima, l'amministratore delegato Alex Gorsky spiega che la separazione sarà completata entro i prossimi 18-24 mesi, e si tratta della «strada migliore per accelerare gli sforzi nel servire i nostri pazienti, consumatori e professionisti nella sanità», oltre che «spingere la crescita».
TOSHIBA
Nel caso della seconda, invece, Toshiba prevede di dividersi in tre unità: energia e infrastrutture da un lato, hard disk e semiconduttori dall'altro, i chip di memoria flash Kioxia Holdings in un altro ancora. La Borsa per ora festeggia, ma le implicazioni di lungo periodo sono ancora ignote. Secondo gli analisti di Wells Fargo, «si tratta di operazioni pensate da tempo, e che la pandemia ha accelerato».
La questione cruciale riguarda il posizionamento del titolo e delle attività. «Mosse come queste sono utili perché identificano un brand rispetto all'altro, e possono essere utili per fornire all'investitore, ma anche alla società, indicazioni sul singolo settore», dicono gli economisti della banca statunitense in una nota riservata ai clienti istituzionali.
wall street
Non bisogna però correre il rischio di pensare che si sia a un cambio di paradigma, secondo Raffaella Sadun, professoressa di Business administration all'Harvard Business School. «Non è la fine di un modello. Google, Facebook, o Amazon sono tutte conglomerate», avverte. «Il modello di GE, J&J e Toshiba si basava sulle sinergie dal lato dell'offerta, come la condivisione delle risorse per la produzione, quelle finanziarie, materiali e immateriali.
wall street
Il tutto mentre il conglomerato tech genera principalmente sinergie dal lato della domanda, come effetti di rete e accesso a un bacino di consumatori più ampio», afferma Sadun. Ne deriva che, nel primo modello di business, c'è più difficoltà nella gestione. Per Sadun «la diversificazione non è il massimo per avviare un turnaround operativo».
E in ottica futura, non bisognerà dimenticare un altro aspetto: «Sarà più difficile servire i clienti. C'è una maggiore necessità di personalizzazione, di comprensione