Federico Geremicca per “La Stampa”
enrico letta
Distinguersi, distinguersi, distinguersi. All' ombra del governo di Mario Draghi, sembra esser diventato questo l' imperativo dei partiti per sopravvivere al "commissariamento tecnico" da loro stesse generato: e paradossalmente ricorda un altro e lontano inno alla resistenza... Distinguersi per non sembrare troppo simile all' avversario diventato alleato. E distinguersi, naturalmente, per poter cercare consensi tra quattro mesi, quando milioni di italiani torneranno alle urne ed i partiti dovranno chieder voti per se stessi, e non certo per Mario Draghi.
In una fase in cui il caos sta toccando l' apice nella delicatissima campagna vaccinale, la crescente confusione politica certo non aiuta. Distinguersi, infatti, non sempre è facile.
Spesso non è nemmeno utile: e la ricerca spasmodica di una peculiarità, può portare a risultati paradossali. È quanto sta accadendo da qualche settimana all' interno della "grande coalizione" che sostiene Draghi, in una sorta di gioco dei quattro Cantoni che talvolta vede i leader collocati su linee e posizioni singolari e assai distanti da quelle tradizionali.
ENRICO LETTA - ROBERTO GUALTIERI
Se si scattasse oggi una foto che li ritraesse al lavoro, forse non ne troveremmo uno al posto giusto. O al posto dove vorrebbe stare...
Il primo click, per esempio, immortalerebbe Enrico Letta - allievo prediletto dell' indimenticato Beniamino Andreatta - nell' atto di chiedere l' aumento della tassa di successione sui patrimoni superiori al milione di euro. È il momento giusto? Per Draghi no.
Ma Letta non arretra, fedele al compito che si è e che gli è stato assegnato: caratterizzare più nettamente il Pd come partito riformatore e progressista. Potremmo dire: più di sinistra. È una necessità: per distinguersi da Matteo Salvini, certo, ma anche dai Cinque stelle di Giuseppe Conte. E dunque sta provando lui - brillante presidente dei giovani democristiani europei, fino a metà anni '90 - a virare a sinistra rispetto a Nicola Zingaretti, combattivo presidente dell' Unione internazionale della gioventù socialista in quegli stessi anni. Qualcosa, a occhio, sembrerebbe non tornare. Ma andiamo avanti.
matteo salvini 4
La seconda foto non può che essere per lui, Matteo Salvini: il Capitano, il Sovranista, l' amico di Orban e l' orfano di Trump. Se lo immortalassimo così, però, saremmo poco corretti: spacceremmo per attuale un' immagine di un paio di settimane fa. Il Sovranista, infatti, si è trasformato in Federatore. Toni meno aggressivi. Postura da dialogante. Via i rosari e l' armamentario tradizionale. Per Matteo Salvini distinguersi da quel che era prima è questione ormai vitale. I sondaggi vanno male da mesi, la Meloni continua a rubargli consensi e lui non sa più cosa fare.
Veste i panni del Federatore, allora. Ma la politica sa essere impietosa e ha regole inviolabili. Ci si offre come magnanimi federatori quando si è forti: e quando è stato forte, invece, Salvini ha rotto il centrodestra per andare al governo con Di Maio. Se la proponi adesso, la federazione, viene il dubbio (e alla Meloni deve esser venuto) che dietro c' è una fregatura...
Il terzo click non ha bisogno di commenti: è Giuseppe Conte a Napoli, con una pizza in mano affianco a Di Maio e al candidato sindaco Manfredi. Intorno c' è folla, sudore e caldo. Giuseppe Conte è quello dei drammatici vertici europei sul Recovery found, è il premier dei lockdown e dei G7 a distanza. Ora mostra una pizza e poi la mangia.
matteo salvini 5
Non c' è niente di male, intendiamoci. Soprattutto se si sta faticosamente cercando di diventare il capo di un Movimento come i Cinque stelle. Solo che eravamo abituati ad altro, e il cambiamento è repentino. Da avvocato a capopopolo la chiusura del cerchio, però, è complicata: e non sappiamo nemmeno quanto fortemente cercata.
Fatto sta che nella foto Conte è lì - accaldato e forse affamato - dove avrebbe potuto esserci, per dire, un Di Battista. A meno che l' ex premier non abbia davvero in testa quel che proclama: fare del Movimento una forza liberale e moderata. In questo caso, auguri: ma si prepari a tornare a lavorare tra studio e aule di tribunale.
giuseppe conte
L' ultima foto ritrae lui, Silvio Berlusconi, il Cavaliere, finalmente tornato a posto con la salute. Sembra in gran forma, ed è vero che - in fondo - è quello che cerca di distinguersi meno, essendo sicuro da sempre del fatto suo. Fino ad ora, insomma, si era limitato ad osservare. Però, come si dice, meglio non svegliare il can che dorme. Quella faccenda della federazione che propone Salvini, per esempio, che obiettivo ha? Sembra un' Opa ostile.
Vuole semplicemente far numero contro la Meloni? Ma allora facciamo le cose come si deve, avrà pensato il Cavaliere: facciamo un partito unico. Il Capitano, naturalmente, è rimasto spiazzato: considerato, infatti, che la leadership dell' operazione non potrebbe mai essere di Forza Italia, Berlusconi è forse diventato sovranista? La marcia indietro del Federatore è stata immediata: niente giochini. E la faccenda, per ora, è ferma lì. Una foto di gruppo, dunque, oggi ritrarrebbe Letta nei panni del leader di sinistra, Salvini trattativista e moderato, Conte capo populista degli uno vale uno e Berlusconi messo lì, praticamente immobile, che osserva la giostra girare.
silvio berlusconi
Non è l' unico ad osservare, in verità: osserva e lavora Mario Draghi, osserva e spera Sergio Mattarella. Dopo le amministrative d' autunno, infatti, sarà in vista lo striscione dell' ultimo chilometro: o Draghi al Quirinale e voto a primavera prossima o Draghi al suo posto e voto nel 2023. Il bivio sembra questo. E la speranza è che tra distinzioni e tatticismi non si sbagli la via. Per il Paese, infatti, il conto potrebbe essere salatissimo.