Raffaele Marmo per "il Giorno"
Lo stato del Pd nell' era Draghi?
ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA
«Un partito di sistema senza identità, una forza sempre più statica che trasmette una dolente tristezza. Un partito che doveva essere il partito di Draghi e che invece sta facendo il capolavoro di consegnarlo al centro-destra. Cosa che non riuscirà solo perché il premier che abbiamo, la botta di fortuna vera di questo Paese, non si farà consegnare a nessuno».
È sempre pop e senza toni di grigio Claudio Velardi, soprattutto quando parla da eretico napoletano, con quella spigliata «scafatezza» di chi ha alle spalle una gioventù comunista all' Unità, un' assidua frequentazione delle stanze che contano e la scoperta precoce dei «meriti e bisogni» del riformismo della terza via.
ENRICO LETTA MARIO DRAGHI
Perché è così tranchant con il Pd?
«Perché ogni giorno c' è una nuova prova della sua assenza di identità. Prendiamo l' ultimo sondaggio commissionato dai senatori che riporta risultati bizzarri sul pensiero degli elettori di quel partito: Renzi è la bestia nera, più della Meloni; Draghi è più considerato di Letta. I sondaggi sono la manifestazione superficiale di un sentimento. Ma questo responso è emblematico del fatto che la galassia Pd è totalmente priva di identità».
CLAUDIO VELARDI IN VERSIONE RUNNER
Eppure, regge e resiste intorno al 20%
«Perché è tenuto insieme dal potere, non da un' identità. E in questa specie di quadrilatero che sta diventando la politica italiana, con quattro forze, è l' unico partito che ha queste caratteristiche. Gli altri hanno tutti un loro profilo o lo stanno ridefinendo. Il Pd zero».
Ma come? Enrico Letta ha piantato 3-4 bandiere: Jus soli, legge Zan, voto ai sedicenni, tasse ai ricchi. Non è una operazione identitaria?
«È tutto sbagliato. Perché tutti gli elettori del Pd, anche quelli che si dichiarano di sinistra, in realtà sanno che l' unico insediamento possibile per il partito è in un' area riformista e di innovazione di centro. Le bandiere di Letta sono come quella cosa che ti massaggia il cuore, un pannicello caldo, la coperta di Linus, il bambolotto di pezza.
claudio velardi
Ma se spingi il Pd su parole d' ordine di sinistra, diventa una ridotta minoritaria».
Il sondaggio riguarda, però, proprio gli elettori, non la classe dirigente del Nazareno.
«Peggio ancora, perché questo dà l' idea ancora di più di un partito ridotto a un consolidato agglomerato di potere con radicamento negli apparati dello Stato, senza progettualità. È un problema che ha risvolti anche negli eventi di questi giorni».
Si riferisce al flop delle primarie di Torino?
MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA
«Sì, non vi ha partecipato nessuno o quasi. Certo, quando le primarie sono state uno strumento di democrazia, gli elettori si riconoscevano, se non in una cultura, almeno in uno strumento. Oggi sono una conta interna»
A Bologna, però, la contrapposizione ha un significato decisamente politico.
«È vero. È il solo caso. Lepore è il candidato dell' establishment come l' ho delineato prima. La Conti, no, è l' opposto. Ed è solo una deformazione strumentale quella che la descrive come una quinta colonna renziana. Renzi non c' entra niente».
Anche sul terreno delle alleanze, non va meglio: è di queste ore l' avviso di Giuseppe Conte che boccia il rapporto strutturale con il Pd e punta addirittura alla maggioranza.
«È la dimostrazione della mancanza di spina dorsale del Pd: chiunque può permettersi di usarlo come punching ball, anche un signore che si trova (inopinatamente) a dirigere un partito in fase di declino».
giuseppe conte
La conclusione: c' è ancora vita per i dem?
«La vita come strumento di apparati non gliela toglie nessuno. Starà nel limbo come partito di gestione del potere. Ma tutto questo è di una desolante malinconia, perché, premesso che Draghi non si fa consegnare a nessuno, il Pd doveva essere il partito di Draghi e invece lo ha consegnato nell' immaginario collettivo al centro-destra. Poco male. Ma solo perché per una botta di fortuna abbiamo come capo del governo un signore che ha ancora una volta dimostrato tutta la sua capacità di leadership».
claudio velardi