Claudio Savelli per “Libero quotidiano”
Ha confidato agli amici di amare un momento in particolare: quello in cui afferra il casco, lo fa scivolare lungo il viso e chiude la visiera scura.
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Perché lì sotto Ana Carrasco è come tutti gli altri. Non una giovane donna prestata ad uno sport per uomini, ma un pilota in sella ad una moto del campionato mondiale Superbike.
Per una come lei, che si allena sulle due ruote da diciotto anni (ne aveva 3 quando ha iniziato, ora ne ha 21), è più difficile il pre-gara della gara stessa, perché nel paddock lei è quella "diversa", la donna in mezzo agli uomini a cui viene spontaneo riservare un trattamento speciale, più delicato, in un certo senso antisportivo.
Perché è quella diversità ipocrita che i feroci duellanti mostrano ad un' intrusa "gradita", in quanto rivale che non potrà mai batterli.
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In fondo, pensano, una donna in moto tra gli uomini dove vuoi che arrivi: ultima, o al massimo a metà classifica, se le va bene che gli altri caschino facendosi la guerra tra loro.
Per questo Ana Carrasco ama indossare il casco: lì sotto inizia un' altra vita, quella per cui lei lavora, per cui pensa di essere nata (anche se, per sicurezza, tra una gara e l' altra studia legge all' università della Cantabria). Una vita in moto, in pista, ma per vincere, non solo per partecipare.
IL TRIONFO AD IMOLA
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Avrà sorriso sotto quel casco, Ana Carrasco domenica scorsa, mentre sfrecciava con la sua Kawasaki Ninja al traguardo del circuito di Imola, davanti a tutti, nel terzo gp del campionato Supersport 300, la categoria della Superbike dedicata ai giovani talenti del motociclismo mondiale.
È stata la sua prima vittoria stagionale, la seconda in assoluto (lo scorso anno trionfò in Portogallo), la definitiva rivincita sulla gentilezza dei rivali maschi. Perché se a Portimao, nel settembre 2017, trionfò sfruttando alcune cadute di chi la precedeva, stavolta la Carrasco ha comandato dal primo giro al traguardo, tagliato con 13 secondi di vantaggio sul secondo.
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Un uomo, ovviamente (il connazionale Borja Sanchez, che ha preceduto l' italiano Kevin Sabatucci). Leggendo il referto, sembra che la fortuna sia stata di nuovo una sua alleata: ben 13 piloti sono cascati a terra.
Invece le cadute stavolta non sono la causa della vittoria della Carrasco, ma la conseguenza, perché il suo ritmo ha indotto all' affanno gli avversari, che sono via via crollati nel tentativo di raggiungerla.
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La dinamica della gara dimostra quindi che Ana vince non per grazia ricevuta, ma per via della sua supremazia tecnica. In un colpo solo batte tutti i maschi della gara (ben 37, più l' altra donna, la connazionale Maria Herrera, settima al traguardo) e i pregiudizi vecchi come il mondo per cui una donna non sa guidare, o per lo meno non con la naturalezza degli uomini.
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Ana ora può togliersi il casco ed osservare le smorfie di chi prima la trattava con quella delicatezza non richiesta, ed ora è costretto a considerarla un' avversaria temibile. La più temibile: perché sottovalutata, e proprio perché donna. In fondo, nessun motociclista vuole essere il primo a farsi battere da una signorina.
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IN VETTA AL MONDIALE
La possibilità che vinca il titolo si fa concreta, perché Ana Carrasco è ora la prima donna a comandare la classifica generale di un Mondiale motociclistico: i punti conquistati sono 48 punti (due in più del tedesco Luca Grunwald), grazie al trionfo di Imola sommato al precedente quarto posto di Assen, e al sesto di Aragon.
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Le prime tre gare del Mondiale Supersport 300 sono tre indizi che valgono una prova: può vincere, la Carrasco, non solo una gara ma anche la corsa lunga del campionato, ribaltando definitivamente un intero sport.
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