DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima.
La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti”
e pubblicato da “Italia Oggi” (http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm)
Rai News - il lago di Garda è pieno di acqua
Titolo da Rai News: «Il lago di Garda è pieno di acqua». Ma no!
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Incipit della rubrica Rimasugli di Marco Palombi sul Fatto Quotidiano: «Nel pianeta delle Giorgie». Sbagliato. I plurali dei sostantivi femminili che terminano con -cia o con -gia perdono la i quando la sillaba finale è preceduta da una consonante e invece la mantengono quando è preceduta da una vocale. Vale anche per i nomi propri. Quindi Giorgia diventa Giorge, così come forgia diventa forge, mentre Luigia diventa Luigie. Rimasugli di grammatica. A conoscerla.
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Robinson, supplemento culturale della Repubblica, commemora il decimo anniversario della morte di Gabriel García Márquez (avvenuta a Città del Messico il 17 aprile 2014), dedicandogli la copertina e il servizio d’apertura. La didascalia di pagina 3 recita: «Lo scrittore (al centro) a Los Angeles nel luglio del 2017 ritratto insieme ai figli adulti: Gonzalo a sinistra e Rodrigo a destra». Non sapevamo che fosse anche risorto.
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La Verita? - i valichi diventano valici
Titolo dalla Verità: «Migranti ai valici usati come pusher». Non ci sono più i valichi di Alessandro Manzoni: «Renzo, salito per un di que’ valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto» (I Promessi Sposi).
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Titolo da Libero: «“Non interferisco sui miei cronisti”». Frase di Carlo De Benedetti, editore di Domani, con errore incorporato (ammesso che l’abbia pronunciata in questi termini). Interferire è un verbo intransitivo che prevede due significati, con due diverse costruzioni. La prima – ingerirsi, intromettersi – richiede la preposizione in: «Interferire nelle decisioni».
La seconda – sovrapporsi creando ostacoli o difficoltà – richiede la preposizione con: «La nuova inchiesta non interferisce con quella già in corso». La preposizione sui non è contemplata nello Zingarelli 2024. Ma a Libero fanno un liberissimo uso della lingua italiana.
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Occhiello da un titolo della Stampa: «Nei giorni scorsi sventato il decesso di un uomo». Sventare significa far fallire, rendere vano. Di solito si sventano le rapine e le congiure. Per le morti serve un’esperienza che hanno solo a Torino.
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Sul Giornale, un originale articolo di Eleonora Barbieri racconta la vita del grande fisico belga Georges Lemaître, prete cattolico, considerato il «padre del Big Bang», anche se il termine venne coniato nel 1949 dal collega Fred Hoyle.
Lo studioso belga, già nel 1927, aveva infatti pubblicato «il suo lavoro in francese e quindi il suo articolo, diciamo così, viene “letto poco”», spiega l’astrofisico Massimo Capaccioli alla collega Barbieri. Che scivola poco dopo proprio sul francese, ricordando che l’articolo del prete scienziato uscì «sugli Annales de la Société Scientifique de Bruxelles»: annales in francese è un sostantivo femminile plurale, e dunque bisognava scrivere «sulle Annales».
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«E anche quelli che pensano di non essere degni di sedere alla sua mensa, lo stesso la invocano: “Dì una sola parola e io sarò salvato”», scrive Roberto Gressi sul Corriere della Sera, riferendosi a Emma Bonino. Ma dì, con l’accento, è la forma letteraria di giorno. L’imperativo presente del verbo dire è di’, con l’apostrofo.
È vero che Lo Zingarelli 2024 segnala dì come forma in disuso, ma il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia non ne fa proprio menzione: per l’imperativo riporta solo di’. Comunque, Gressi è in buona compagnia, giacché, nella Bibbia presente sul sito ufficiale del Vaticano (versione approvata dalla Conferenza episcopale italiana), il versetto dal capitolo 8 del Vangelo di Matteo contiene lo stesso errore: «Ma il centurione riprese: “Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”».
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stefano lorenzetto per la quinta volta nel guinness dei primati
Veronica Tomassini sul Fatto Quotidiano: «La fiammiferaia, c’avrà avuto ’sta poveraccia un nome e un cognome?». Come la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, che deragliano fin dai tempi in cui imperversava il pm Antonio Di Pietro con il suo «che c’azzecca?», Tomassini ignora la regola enunciata dal linguista Luca Serianni nella sua Grammatica italiana (Utet), a proposito della particella pronominale o avverbiale ci: «Con ci e gli l’elisione può essere espressa graficamente solo se la vocale seguente è una “i” (c’insegna, gl’ingiunse) e in c’è, c’era, ecc.».
Qualche esempio dalla letteratura italiana, così Tomassini può ripassare la lezione: «Egli ci avrà mille modi da fare» (Giovanni Boccaccio, Decameron); «Ci avrà apportata a gli orecchi la partita del serenissimo signor principe» (Torquato Tasso, Lettere); «Se verrà da me, ci avrà poco gusto» (Carlo Goldoni, La donna volubile); «E non ci avrà forse alcuno dei nostri lettori milanesi» (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi); «Se non ci avrà nociuto» (Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri); «Il mondo non ci avrà perduto nulla» (Ippolito Nievo, Novelliere campagnolo); «Lo zio Crocifisso ve la venderà, se ci avrà il suo guadagno» (Giovanni Verga, I Malavoglia); «Ma lei ci avrà parenti, laggiù, m’immagino!» (Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal).
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Iacopo Scaramuzzi sulla Repubblica parla di un libro del giornalista Luca Kocci con l’introduzione del vescovo Luigi Bettazzi e afferma che «è l’ultimo scritto del padre conciliare, scomparso di recente, noto per la sua corrispondenza con Luigi Berlinguer». Poco noto a Scaramuzzi, però: si trattava di Enrico Berlinguer, non del cugino.
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Nel numero 749 dell’album mensile Tex, intitolato «I pirati del Borneo», tocca con dolore segnalare il primo errore di grammatica in cui incorrono i mitici eroi del fumetto creato da Sergio Bonelli e Aurelio Galleppini. A Kit Carson, amico di Tex Willer, a pagina 52 viene attribuita questa frase: «Ma il covo della Tigre Nera era un isola, no?». L’apostrofo, manca l’apostrofo! Dove arriveremo, di questo passo?
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