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    SPLASH! UN ANGELO CADUTO E POI RIEMERSO (DALL’AIDS)– LOUGANIS, GIUDICE DEI TUFFI ESTREMI: “IO TRATTATO DA APPESTATO, ORA SPOSO IL MIO COMPAGNO”


     
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    Emanuela Audisio per "La Repubblica"
    È stato l'angelo dei tuffi. Il suo volo era perfetto: il primo 10 della storia. Disperato tutto il resto: la vita quotidiana (dislessia, bullismo), il sesso (stupro e violenza), la scelta dei partner (sieropositivi), la malattia (Hiv). Ma lassù in aria Greg Louganis era divino: 4 ori olimpici, 5 titoli mondiali (dal ‘76 all'88). Ora Louganis, 53 anni, torna ai mondiali, come giudice dei tuffi estremi, e con un'altra biografia in corso "Out of the water".

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    Greg, finalmente riemerge.
    «Sì. Ero un morto che cammina, uno destinato al cimitero. Nell'88, sei mesi prima dei Giochi di Seul mi dissero che ero sieropositivo, non si sapeva ancora molto sul contagio dell'Aids. Però tutti morivano. Vivevo nel terrore, ero omosessuale, ma lo nascondevo. Pagavo cash tutte le medicine, non volevo risultassero sulla mia assicurazione, qualcuno lo avrebbe spifferato alla stampa. Avevo paura di perdere contratti, sponsor, e mi facevo umiliare nelle relazioni sentimentali. Ero bravo a tuffarmi, per il resto mi facevo male ovunque, un disastro ».

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    A Seul batté la testa sul trampolino, l'acqua divenne rossa.
    «Mi diedero cinque punti di sutura. Tornai su e vinsi. Il dottore che mi ricucì non indossava i guanti. Sapevo che in acqua il sangue non poteva contaminare nessuno, ma mandai il mio allenatore Ron O'Brien a controllare le mani del dottore. Non aveva ferite, né tagli. Ero troppo scombinato e impaurito per avvisarlo della mia sieropositività, allora lo sport era tremendo e le medicine che prendevo molto tossiche. Mi dissero che avrei portato vergogna e depravazione nel mondo dei tuffi. L'annuncio di Magic Johnson sarebbe arrivato nel ‘91. Io mi rivelai nel ‘95, non sono stato un eroe nemmeno in quello, il partner di allora mi ricattava, voleva soldi».

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    Lei è stato un precursore.
    «Sì, se intende che i cinesi hanno copiato il mio stile. Mi filmavano. Venivo dalla ginnastica e avevo talento artistico. Ho precorso i tempi anche come vittima: sono adottato, mio padre samoano aveva la pelle scura, e così alla fermata dell'autobus venivo preso di mira dagli altri ragazzi. Mi gridavano frocio e scemo. A scuola ero dislessico, ma non esisteva ancora questa parola, così per tutti ero ritardato. Ero così irrisolto che a casa misi le mani addosso a mia madre, che amavo, e così mi toccò il riformatorio. I tuffi sono stati una liberazione, ma il problema ero io. Non mi stimavo, mi affidavo agli altri».

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    Però è sopravvissuto.
    «Sì, è il termine giusto, ma non auguro la mia vita a nessuno. La depressione mi ha portato al bere e alla dipendenza da farmaci. Quando nel ‘95 ho scritto l'autobiografia "Breaking the surface" ho dovuto firmare il contratto della consegna del libro in un anno.
    Temevano morissi, dovevo fare in fretta. Dal mio ritiro nell'89 l'ambiente dei tuffi ha fatto il resto, mi ha isolato, tenuto alla larga. Ero appestato».

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    Ora le cose anche in America sono cambiate.
    «Un po', infatti in autunno sposo il mio compagno. Ma in Usa in tema di morale ci sono molte lobby, come quella dei mormoni. E in generale si preferiscono evitare certi discorsi. A Pechino nel 2008 quando il tuffatore australiano Matt Mitcham ha vinto l'oro dalla piattaforma il commentatore tv dell'Nbc ha preferito sorvolare sul fatto che lì inquadrato ci fosse il suo compagno. Ora non è che sia necessario appiccicare l'etichetta di tuffatore gay, ma nemmeno omettere o far finta di niente. Tra l'altro Mitcham aveva liberamente dichiarato la sua sessualità prima dei Giochi e forse il suo coraggio avrebbe potuto spronare anche altri a non considerarsi poveri reietti».

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    Farà da giudice nei tuffi estremi.
    «Mi piace l'atmosfera, grazie alla Red Bull mi sono riavvicinato allo sport, anche se per tanti anni l'idea di giudicare gli altri non mi attraeva. Sono andato in passato a tuffarmi dalle rocce di Acapulco, ma quando mi hanno fatto vedere nelle riprese quanto sono passato vicino alle rocce, mi ero detto mai più. Invece voglio riprovarci dalle loro stesse altezze. Dai 27 metri. E mi allenerò. Uso l'agopuntura e la medicina tradizionale cinese, prendo molte vitamine che aiutano il mio sistema interno a sostenersi ».

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    Re e regine dei tuffi sono cinesi.
    «Bravi e freddi. Macchine perfette. Automi. Potrebbero anche mettere dei robot lassù. Vogliamo questo? Mitcham ha dimostrato che sono battibili, che l'arte vince sempre sul perfezionismo. Io voglio vedere una traccia d'emozione, un filo di personalità. Salvo solo la vecchia tradizione, Gao Min e Guo Jingjing, due donne. Loro sì erano uno spettacolo che meritava ».

    Consigli per evitare capitomboli?
    «Mi vedo con la mia classe di scuola, quelle riunioni un po' vintage tra ex. La prima cosa che ho chiesto è: perché nessuno di voi mi hai aiutato quando venivo picchiato dai bulli? Avevamo paura, non sapevamo cosa fare, ma ci dispiaceva. Penso che la vita non dovrebbe essere fatta per gli eroi. Mia madre è morta anni fa, io ero ricaduto nei soliti vizi, mi sono salvato scrivendo lettere a lei e mio padre, scomparso anche lui. Poi ho bruciato i fogli, serve liberarsi. E poi tuffarsi».

     

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