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    “RENZI? NON DOVETE NEMMENO NOMINARMELO” - LUCA LOTTI, USATO E SPUTATO DAL “GIGLIO MAGICO”, HA CHIUSO I RAPPORTI CON MATTEUCCIO - RONCONE: “I DUE ORMAI SI DETESTANO. TANTO CHE LUCA NON HA NEPPURE SEGUITO L’EX AMICO NELL’AVVENTURA DEL NUOVO PARTITINO: RIMANENDO NEL PD. DAVVERO UNA GRAN STORIA. E UN GRAN MISTERO (NEMMENO A CHIEDERE QUALCHE SPIEGAZIONE A RENZI, PIUTTOSTO NERVOSETTO PER QUESTA SUA ITALIA VIVA CHE VIVACCHIA)”…


     
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    Fabrizio Roncone per “Sette - Corriere della Sera”

     

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    Da un po’ di tempo, causa qualche problemuccio di carattere giudiziario (diciamo così), Luca Lotti cammina muro muro, più riservato, più enigmatico del solito. E va bene, si capisce. La novità però è che adesso, se a Montecitorio lo fermi e gli chiedi di Matteo Renzi, lui mette su uno sguardo ruvido, incattivito, e risponde secco: «Quello non dovete nemmeno nominarmelo». Ma che strano. Ma non erano amici per la pelle?

     

    Si conobbero, nel 2006, alla Fiera della ceramica di Montelupo: quando Lotti, detto “Lampadina” per la capigliatura elettrica e appena ventitreenne, era un consigliere della Margherita e Renzi, sette anni più anziano e già rampante, il presidente della Provincia di Firenze. Colpo di fulmine. Politico e umano. Uno: spaccone, presuntuoso, spregiudicato; l’altro: più giovane, taciturno, ma furbissimo, affidabile, operativo. Una coppia perfetta per partire da Rignano e arrivare fino a Palazzo Chigi.

     

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    Infatti con Renzi cresce anche lui, Lotti: prima capo della segreteria del nascente Giglio magico (divenuto poi tragico, Dagospia copyright), quindi capo-corrente a Montecitorio, infine alla conquista del governo, dove diventa il potente delegato del capo. Con due incarichi: demolire la resistenza comunista degli avversari interni al Pd (da D’Alema a Bersani) e, soprattutto, gestire tutte le nomine pesanti (Enel, Eni, Ferrovie, Poste). Manager, banchieri, ma anche dirigenti televisivi, magistrati e generali: tutti in fila da Luca, sperando mettesse una buona parola con Matteo.

     

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    Al quale, di solito, riferiva nella notte: le luci di Palazzo Chigi accese fino all’alba, dossier e pizze margherita sulla scrivania, la prima a cui veniva sonno era la Boschi. Potere puro. Inebriante. Ma sapete com’è finita. Anzi, no: forse non sapevate che Matteo e Luca, appunto, ora proprio si detestano.

     

    Tanto che Luca non ha neppure seguito l’ex amico nell’avventura del nuovo partitino: rimanendo nel Pd (da cui, comunque, dovendo entrare e uscire dalle procure, s’è autosospeso). Sì: davvero una gran storia. E un gran mistero (nemmeno a chiedere qualche spiegazione a Renzi, piuttosto nervosetto per questa sua Italia Viva che vivacchia là sotto, non si schioda dal 4%, con lui che nei sondaggi di gradimento dei leader resta ultimo, superato pure dall’ultimo arrivato, Carlo Calenda).

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