IRENE FAMÀ per www.lastampa.it
Rimane senza un colpevole, dopo 13 anni, la morte della piccola Matilda, uccisa a soli 23 mesi a Roasio (Vercelli) con un violento colpo alla schiena. Oggi la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha assolto Antonio Cangialosi, finito sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
matilda
In casa con la bimba, il 2 luglio 2005, erano in due: la mamma, Elena Romani (assolta in via definitiva nel 2012), e l’allora compagno della donna, Cangialosi. Ma la morte di Matilda, dopo tredici anni e un intricato labirinto di sentenze e di ricorsi, rimane un mistero.
“Una sconfitta personale per tutti noi e per tutto il sistema giudiziario”, aveva detto, durante la requisitoria, il procuratore generale Marcello Tatangelo, proponendo di fatto l’assoluzione. “Non ci sono altre strade”.
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L’imponente mole di carte processuali, infatti, non permette di raggiungere certezze assolute. Le testimonianze, le carte, le perizie sono state ripercorse oggi in aula dagli avvocati. Ma tutti gli indizi appaiono ’neutri’ dal punto di vista probatorio. Matilda, percossa una sola volta alla schiena, morì per una emorragia provocata dalle lesioni al fegato e ai reni. E le ricostruzioni si aggrovigliano in scenari contraddittori. “Condannare il mio assistito significa andare contro la scienza e contro la scienza non si può andare nemmeno in un processo - ha detto l’avvocato di Cangialosi, Stefano Del Mastro, analizzando nuovamente le perizie - A cuor leggero dico che non ci sono prove contro il mio cliente”. Elena Romani, parte civile con gli avvocati Tiberio Massironi e Roberto Scheda, non si è persa un’udienza. Oggi, però, si è sentita male e ha lasciato l’aula. “Quel giorno eravamo in casa in due - ha sempre sostenuto - E io sono innocente”. I suoi legali annunciano: “aspettiamo di leggere le motivazioni e poi faremo ricorso. La bambina non può essersi uccisa da sola”.
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