Danilo Taino per il “Corriere della Sera”
MERKEL MACRON
Fino a ieri, quando volevano tracciare un percorso verso un obiettivo, i politici europei parlavano di una «road map». Da ieri, al vertice della Ue a Bruxelles, parlano di una «feuille de route». È sempre lo stesso concetto, una mappa su cui muoversi. Ma il cambio di lingua, usato in conferenza stampa da Emmanuel Macron, è il segno di un cambio di stagione radicale: post Brexit e con un giovane riformista all' Eliseo. Stimolato dal nuovo presidente francese, che ieri ha partecipato per la prima volta a un Consiglio europeo, e approvato da Angela Merkel, la quale spera in una primavera del Vecchio Continente da costruire attorno a un rinnovato asse Berlino-Parigi.
«Tra me e la cancelliera Merkel c' è un dialogo strategico», ha detto Macron. «Dall' indomani del giorno in cui sono entrato in funzione, con Merkel abbiamo stabilito una cooperazione molto stretta, rinnovando con forza e vitalità il dialogo e la costruzione franco-tedesca».
MACRON MERKEL2
Questa è la novità e allo stesso tempo la sfida non facile di fronte alla Ue: saper dare sostanza al cambiamento di umore in Europa, fino a poco tempo fa cupa, del tutto in crisi e oggi apparentemente pronta a verificare quello che il presidente francese ha chiamato «l' inizio di un rinascimento» provocato dalla sua elezione.
Frau Merkel è pronta a tessere questa tela: è convinta che la Germania non possa e non voglia essere leader unica della Ue in questa fase di rivolgimento dell' ordine mondiale; e ritiene che Macron sia l' occasione giusta per riaccendere il motore franco-tedesco. «Per Macron è il primo summit - ha commentato ieri la cancelliera -. Ha dato input molto importanti, Francia e Germania si sono preparate bene per questo incontro dimostrando volontà di progressi rapidi».
La teoria alla base dell' asse franco-tedesco l' ha spiegata lo stesso presidente francese.
MACRON MERKEL
Non si tratta di escludere gli altri Paesi europei ma «di definire il nostro comportamento, perché quando la Germania e la Francia non sono d' accordo è raro che avanzino gli affari europei». Paradigma che ha accompagnato la Ue a lungo, che negli ultimi anni era entrato in crisi e che nella Ue non sempre è da tutti apprezzato.
Questa però è la situazione oggi: Berlino e Parigi vogliono far fare passi avanti all' integrazione europea e tutti dovranno fare i conti con questo, ammesso che le loro ambizioni prendano corpo. I due leader si sono dati tre mesi per lanciare il «rinascimento» europeo, da dopo le elezioni tedesche del 24 settembre che Merkel ha ottime probabilità di vincere. Già a metà luglio, però, i due governi si incontreranno a Berlino per mettere a punto proposte specifiche, soprattutto per il governo dell' eurozona, e poi amplieranno la partecipazione al progetto ad altri, innanzitutto all' Italia.
MERKEL MACRON
Non sarà tutto facile. La discussione sulla Brexit potrebbe essere ragione di dissensi nella Ue. E la stessa Merkel ha ammesso che «sui dettagli» delle proposte europee di Macron potrebbero esserci differenze. Ora, però, si parla franco-tedesco.
2 - ASSE TRA PARIGI E BERLINO AGENZIE, SCACCO A ROMA
Marco Conti per “il Messaggero”
«Nessun cittadino europeo dovrà lasciare il Regno Unito dopo la Brexit. E residenza piena, con tutti i diritti connessi, ai cittadini europei residenti nel Regno Unito da almeno 5 anni». A sera, Theresa May lancia segnali distensivi, ma al summit di Bruxelles si ragiona già sul dopo. Ema (farmaco) ed Eba (banche), le due agenzie europee che dovranno lasciare Londra a seguito della Brexit, sono incamminate sulla strada di Lille e di Francoforte.
renzi mattarella gentiloni
Anche se ieri sera la Cancelliera Angela Merkel ha negato l'esistenza di «accordi concreti» tra Berlino e Parigi, l'asse franco-tedesco, rinvigorito dopo l'ascesa di Emmanuel Macron all'Eliseo, sembra reggere alle proteste che hanno costretto ieri i Ventisette capi di Stato e di governo, riuniti a Bruxelles per l'ultimo Consiglio prima della pausa estiva, a ritoccare i criteri attraverso i quali verrà assunta la decisione finale.
LA SLITTA
Nella discussione fatta ieri sera a Justus Lipsius - dopo la cena e senza la britannica Theresa May - è toccato al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk illustrare il meccanismo che fa slittare a novembre la decisione definitiva, ma che, grazie al criterio del voto segreto, rischia di lasciare l'Italia, e Milano in particolare, a bocca asciutta. Il capoluogo lombardo è stato infatti candidato dal governo italiano ad ospitare la sede dell'agenzia del farmaco e i suoi quasi mille dipendenti che dovranno lasciare Londra.
boschi gentiloni e renzi
All'ex ministro Enzo Moavero Milanesi il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha affidato ad aprile il ruolo di ambasciatore in Europa della candidatura di Milano. Nessuna proposta specifica è stata invece avanzata dall'Italia sull'Eba che sembra destinata a trovare una nuova sede vicino a quella della Bce a Francoforte.
Il rallentamento della decisione finale poco è piaciuto a Emmanuel Macron. Il presidente francese ha debuttato ieri sulla scena europea sostenendo che «la mia priorità è di parlare di progetti di fondo, della politica europea e delle nostre ambizioni, non di avere discussioni che durino giorni e notti sullo smantellamento o la ri-ripartizione dopo la Brexit». Ma se per Macron una discussione lunga è «una perdita di tempo», non allo stesso modo la pensano i Paesi dell'Est Europa che, sostenuti dallo stesso Tusk, vorrebbero ospitare una delle due agenzie.
theresa may
E come Macron non la pensa l'Italia che con Milano ha una candidatura tecnicamente molto forte. L'Italia, grazie al lavoro del sottosegretario Sandro Gozi, è riuscita, contando anche sulla sponda di altri Paesi come Olanda, Spagna e Svezia, a mettere a punto una proposta in grado di bloccare - per ora - una scelta già fatta. In sostanza si cerca di dare maggior peso ai criteri tecnici e meritocratici nell'assegnazione delle sedi (favorite oltre Milano, sarebbero Amsterdam, Barcellona e Vienna), rispetto alle considerazioni geopolitiche destinate a prevalere al momento delle votazioni a scrutinio segreto.
Entro il 31 luglio i Paesi interessati dovranno formalizzare la propria candidatura compilando un formulario zeppo di richieste specifiche (dalla ricettività alberghiera alla tassazione che si intende applicare ai dipendenti dell'Agenzia). A settembre la Commissione Ue renderà note le proprie valutazioni e ad ottobre si svolgerà la discussione politica nel Consiglio europeo del 19 e 20. Il mese successivo le votazioni a scrutinio segreto per le assegnazioni che avverranno di fatto su un numero ridotto di candidature che avranno superato l'esame prima della Commissione e poi del Consiglio europeo.
DONALD TUSK
IL SEGRETO
In questo modo l'Italia spera di poter contrastare il criterio delle alleanze che spianerebbe la strada alle scelte di Parigi e Berlino. La battaglia è stata però vinta solo a metà perché il meccanismo del voto segreto resta, contraddicendo i ben noti criteri tecnici e meritocratici che solitamente vengono seguiti a Bruxelles quando si tratta di stabilire sforamenti o calcolare deficit.
Ieri l'altro, parlando al Senato del vertice europeo, è stato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni a sostenere la linea meritocratica: «Cercheremo di dare al Consiglio europeo una spinta affinché questa decisione avvenga sulla base della qualità tecnica delle proposte e dei dossier avanzati, e non sulla base di una logica di qualche compensazione interna a questo o quel gruppo di Paesi europei». Una linea che ieri a Bruxelles è stata ribadita del ministro degli Esteri Angelino Alfano: «Siamo contro ogni negoziato fondato su criteri compensativi».