1 - INCLUSIONE E VOTO A MAGGIORANZA LA «NUOVA EUROPA» DI MACRON
Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
emmanuel macron
Allargare e approfondire l'Europa. Allargarla con una «Comunità politica europea» aperta a nuovi membri, e approfondirla cambiando i Trattati dell'Unione dei Ventisette.
Davanti al Parlamento di Strasburgo nel giorno della Festa dell'Europa, anniversario della dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, il presidente Emmanuel Macron ieri ha cercato di tenere insieme le due esigenze - orizzontale e verticale - a lungo considerate inconciliabili.
emmanuel macron roberta metsola ursula von der leyen
Da una parte Macron propone la creazione di una «Comunità politica europea» che si allarghi a Paesi - come l'Ucraina - che già fanno parte della nostra famiglia e già condividono i nostri valori, ma che non possono entrare subito nell'Unione.
Allo stesso tempo il presidente francese vuole cambiare i Trattati Ue, in modo che anche nelle questioni sociali, fiscali e di politica estera (per le quali ora serve l'unanimità) il Consiglio voti a maggioranza: il modo più efficace e visibile per approfondire l'integrazione dell'Unione europea dei Ventisette, destinati a restare tali ancora a lungo.
mario draghi emmanuel macron versailles
Fedele all'istinto per la sintesi e al «ma anche» che ha fatto la sua fortuna politica, Emmanuel Macron ieri a Strasburgo ha parlato da presidente francese e da leader del Paese che fino a giugno assicura la presidenza a turno della Ue, ispirandosi a diverse proposte che negli ultimi giorni stanno animando il dibattito europeo .
La «Comunità politica europea» assomiglia molto alla confederazione suggerita dal segretario del Partito democratico italiano Enrico Letta, a sua volta ispirata alla proposta che François Mitterrand avanzò subito dopo la caduta del muro di Berlino per tenere i Paesi dell'Est ancorati all'Occidente.
emmanuel macron
Se allora la confederazione era pensata per coinvolgere Mosca, adesso sarebbe uno strumento per tenere la Russia a distanza e offrire aiuto e protezione all'Ucraina, e poi a Georgia, Moldavia e ai Balcani occidentali.
Della necessità di cambiare i Trattati si parla da tempo, e l'ultimo a farlo è stato pochi giorni fa, proprio davanti al Parlamento di Strasburgo, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, che è arrivato a evocare di nuovo il «federalismo» (parola che in Francia resta da anni quasi proibita e che infatti Macron non ha pronunciato).
ursula von der leyen roberta metsola emmanuel macron
La revisione dei Trattati incontra il favore della presidente del Parlamento, Roberta Metsola, e della presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, che vuole «migliorare di continuo la nostra democrazia». Ma c'è subito l'opposizione di 13 Paesi (Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia), che in una nota informale diffusa dopo il discorso di Macron dichiarano di non sostenere sforzi «avventati e prematuri».
Macron auspica comunque che una «convenzione per la riforma dei trattati» venga convocata a giugno con obiettivi chiari: oltre al voto a maggioranza, dare al Parlamento il diritto di iniziativa legislativa e fissare nuovi traguardi comuni per «clima, lavoro, crescita e giustizia sociale».
macron putin
Quanto alla «Comunità politica europea», questa appare innanzitutto come una risposta alla domanda di ingresso dell'Ucraina nella Ue. La candidatura verrà forse accettata già nel vertice di fine giugno, ma per diventare membri a tutti gli effetti dell'Unione «ci vogliono anni, forse decenni», ha detto Macron. «Bisogna dirlo, per onestà».
Per non deludere chi sta combattendo e morendo in nome dell'ideale europeo, ecco allora l'idea di creare una nuova entità, simile al Consiglio d'Europa, «che permetta alle nazioni che aderiscono ai nostri valori di trovare un nuovo spazio di sicurezza e di cooperazione nei campi della politica, dell'energia, dei trasporti, delle infrastrutture, della circolazione delle persone e in particolare dei giovani».
URSULA VON DER LEYEN VOLODYMYR ZELENSKY
«L'ingresso nella Comunità politica europea non pregiudicherebbe l'adesione futura alla Ue, e non sarebbe precluso a chi ha lasciato la Ue», ha aggiunto Macron, con un riferimento esplicito al Regno Unito. Se a Mosca ieri è andata in scena l'esibizione della forza militare, a Strasburgo Macron ha tenuto a difendere con solennità i valori europei contrapposti a quelli delle autocrazie, e ha condannato i «crimini inqualificabili» commessi dalla Russia in Ucraina.
emmanuel macron
Un modo per ribadire il sostegno europeo a Kiev, marcando comunque le distanze con il presidente americano Joe Biden che invece decise di qualificarle subito, quelle atrocità, come «crimini di guerra». Macron è sembrato confermare una certa volontà di cautela quando, prima di partire per Berlino, ha detto che finita la guerra «dovremo costruire i nuovi equilibri di sicurezza in Europa senza mai cedere alla tentazione né dell'umiliazione, né dello spirito di rivalsa».
2 - RIFORMA IN SALITA: GIÀ 13 PAESI PRONTI A FARE LE BARRICATE «I TRATTATI NON SI CAMBIANO»
Gabriele Rosana per “il Messaggero”
emmanuel macron olaf scholz
Non così di fretta, «l'Europa funziona già bene com' è». Il fronte di 13 Paesi che si oppongono alla riforma dei Trattati Ue si è organizzato in zona Cesarini e ha rovinato la festa delle istituzioni Ue e del presidente francese Emmanuel Macron, nel giorno della cerimonia di chiusura a Strasburgo della Conferenza sul Futuro dell'Europa, l'esercizio partecipativo dal basso per ripensare l'Ue, che nell'ultimo anno ha elaborato 325 raccomandazioni per modernizzare l'Ue.
«La riforma dei Trattati non è mai stata un obiettivo della Conferenza», ha sentenziato senza appello un documento interlocutorio informale (un non-paper), firmato da una folta schiera di Stati membri di medie e piccole dimensione, perlopiù rappresentativi dell'Europa del Nord e dell'Est, fatto circolare già ieri mattina, quando ancora il numero dei sostenitori non era completo.
emmanuel macron olaf scholz
Obiettivo: tirare il freno a mano rispetto alle fughe in avanti di Bruxelles (e Parigi) e ingaggiare un braccio di ferro a viso scoperto con i principali Paesi, in particolare Italia e Germania, che si erano invece impegnati per le riforme.
I NUMERI
I numeri ci sono quasi: i fautori del no secco alla modifica dei testi fondamentali sono Danimarca, Svezia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania e Slovenia; espressione di governi dai più vari colori politici (ci sono socialdemocratici, liberali, popolari e conservatori).
emmanuel macron
Basta trovare un quattordicesimo per far decretare al Consiglio europeo il no a maggioranza semplice a ogni tentativo di revisione, facendo così naufragare il progetto di convocare una Convenzione ad hoc. L'Ungheria di Viktor Orbán è la grande assente tra i sottoscrittori del testo; ma è anche l'oppositrice più scontata di ogni tentativo di raggiungere più integrazione nell'Ue. Anche nel caso in cui qualcuno dovesse tirarsi indietro e convertirsi alla causa, però, la strada rimane in salita, visto che per approvare i nuovi Trattati serve comunque a valle l'unanimità dei Ventisette.
emmanuel macron roberta metsola
I 13 sono usciti alla scoperto nel pomeriggio di ieri, quando alcune ambasciate presso l'Ue hanno reso pubblico il documento congiunto che spiega «perché siamo contrari a una sconsiderata e prematura modifica dei Trattati. L'Europa si deve occupare di centrare risultati concreti; non c'è tempo per le discussioni sugli assetti istituzionali» che toglierebbero «energia politica all'importante compito di trovare soluzioni che rispondano alle richieste dei cittadini» e «alle sfide geopolitiche urgenti».
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Un atto d'accusa abbastanza esplicito contro il Parlamento europeo, che un settimana fa aveva bruciato le tappe chiedendo, com' è sua prerogativa, l'attivazione dell'iter di revisione dei Trattati come conseguenza dei lavori della Conferenza. L'apertura del cantiere dei Trattati non è esclusa a priori, chiariscono le capitali, ma l'espressione sembra quasi di rito, visto che la porta rimane sbarrata: sostengono i 13 esecutivi che «negli ultimi anni, la gestione delle crisi da parte dell'Ue- dalla pandemia all'invasione russa dell'Ucraina - ha mostrato chiaramente quanto possa portare a compimento nel quadro degli attuali Trattati. L'Unione ha agito rapidamente e ha realizzato soluzioni comuni ed efficaci: abbiamo già un'Europa che funziona. Non abbiamo bisogno di affrettarci in riforme istituzionali per ottenere risultati».
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