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    PRESIDENZIALI FATTE A MAGLIE - L'EMAIL-GATE DI HILLARY NON FINISCE MAI: OGNI VOLTA CHE I DEMOCRATICI PARTONO CON UN ATTACCO IMPORTANTE CONTRO TRUMP, ARRIVA UN TOT DI EMAIL A RIMANDARLI NEL CAOS. FAVORITISMI, CARICHE PUBBLICHE E AFFARI PRIVATI, MILIONI PER LA FONDAZIONE DI FAMIGLIA: LA ZAVORRA CLINTON CHE SI PORTERĂ€ DIETRO FINO ALLE ELEZIONI


     
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    Maria Giovanna Maglie per Dagospia

     

    hillary clinton hillary clinton

    Dice Reince Priebus, presidente del Comitato nazionale repubblicano, al Dipartimento di Stato: tiratele fuori queste mail, e tutte, prima del 8 novembre, o diventeranno un elemento distruttivo della campagna. Ha perfettamente ragione perché non si tratta soltanto di un insopportabile tormentone tra la minaccia di un hacker e e un'altra, e non basta la complicità totale dei media con Hillary Clinton.

     

    Ogni volta che i democratici partono lancia in resta con un attacco importante all'avversario Donald Trump, arriva un tot di mail e li distruggono o perlomeno li disturbano. Ieri Hillary Clinton in Michigan aveva preparato un importante discorso economico sicuramente reso necessario e urgente  da quello potente fatto a Detroit dell'avversario.

     

    hillary clinton hillary clinton

    Il suo staff ci aveva lavorato per settimane e alla consueta retorica dell'agenda progressista erano stati aggiunti elementi e punti del programma tali da contrastare la forza della New Reaganomics proposta da Donald Trump. Il quale, tra una provocazione e l’altra, rafforza soprattutto team estero e team economico di collaboratori, e giovedì, in risposta indiretta alla battuta della Clinton sul circondarsi di soli uomini, ha aggiunto nove donne al gruppo di esperti di economia che lo consiglia.

     

     La corsa e l'esito della campagna si decidono negli Stati in crisi, la cosiddetta rust belt, piena di arrabbiati con ispanici e stranieri vari, di lavoratori  bianchi dai cognomi europei convinti di essere stati derubati dai trasferimenti all'estero consentiti alle aziende americane oberate di tasse, e dalle politiche di pari opportunità, insomma nemici di Barack Obama e anche quando votano democratico, nostalgici di Ronald Reagan.

     

    Ma il discorso è stato completamente obnubilato da un bell’ arrivo fresco di mails che il Dipartimento di Stato è stato costretto a consegnare e rendere note in seguito alla decisione di un tribunale dopo la denuncia promossa dal Judicial Watch un gruppo di conservatori pro diritti.

     

    HILLARY CLINTON SERVER EMAIL HILLARY CLINTON SERVER EMAIL

    Niente di devastante, intendiamoci, ma molte ulteriori rivelazioni della corruzione e della opacità della Dynasty Clinton, del fatto incontrovertibile che la famiglia che intende tornare a occupare la Casa Bianca mescola disinvoltamente politica, affari, potere e intromissioni nel pubblico a uso privato. In un messaggio un collaboratore importante fa da tramite  tra l’ambasciatore americano in Libano e un finanziatore della Fondazione. In un'altra si cerca di piazzare per un lavoro un amico, spiegando che è una delle persone giuste, che si aspettano di essere accontentate.

     

    Poi ci sono bugie di fondo. Per più di un anno la Clinton ha insistito di non aver mai usato il suo account privato prima della data del 18 marzo del 2009, dichiarando che prima di quella data usava il conto email di un vecchio BlackBerry al quale poi non ebbe più accesso. Ma in mano judicial watch ci sono mail di febbraio; in una di queste il presidente della Morgan Stanley dell'Asia, Steven Roach, le parla della testimonianza che deve dare al congresso sulle politiche monetarie e di commercio della Cina, e i due si mettono d'accordo di incontrarsi all’ all'ambasciata di Pechino perché la Clinton è lì.

     

    Morgan Stanley è da molto tempo un sostenitore finanziario dei Clinton. Poi ci sono mail di Sandy Berger che è stato consigliere per la sicurezza nazionale di Bill Clinton, di Dan Utech, appena nominato senior advisor del Segretario dell'Energia, di vari e potenti amici come Strobe Talbott, presidente della Brookings institution.

     

    TRUMP CLINTON TRUMP CLINTON

     Quanto materiale di questo genere è in mano al Dipartimento come risultato delle indagini del governo che hanno portato alla non incriminazione di Hillary Clinton, ma a un duro giudizio del Federal Bureau of Investigation su di lei, i suoi comportamenti, le sue bugie? E quali e quante mail che la Clinton e il suo staff hanno dichiarato di aver distrutto, circa 32 mila, sono in mano a governi stranieri, non solo la Russia di cui si è molto parlato, ma hackers di tutto il mondo in contatto con governi e servizi segreti di tutto il mondo?

     

    Non si tratta più soltanto di mail dell'ex segretario di Stato ora candidata, ma anche di numerosi membri del Partito Democratico come ha rivelato la storia delle pressioni contro Sanders durante le primarie. Sono tutti al di sotto di ogni sospetto, infatti tutti hanno una gran paura.

     

    In questo clima Hillary Clinton si ostina a sottovalutare le sue responsabilità, anzi ogni volta che le tocca parlarne continua a insistere che niente sapeva e che niente di grave c'era; ieri il suo team di comunicazione ha attaccato Judicial Watch come un’organizzazione di conservatori che ce l’ha con lei, il che sarà sicuramente vero, ma non è centrale, lo è che la signora è una bugiarda, e che ha mandato in giro per il mondo materiale riservato.

    donald trump donald trump

     

     Così continuando, il discorso sull'economia ha finito con l'essere ben poco ascoltato, e non lo dico solo io che ritengo Hillary Clinton una candidata impresentabile per davvero, se non altro per la sua ricattabilità, lo scrivono giornali profondamente amici e alleati, come il Los Angeles Times di oggi che titola proprio così: Quando Hillary Clinton attacca Donald Trump i guai delle sue mail vanificano i suoi attacchi.

     

    Che cosa ha detto il candidato democratico sul progetto economico? È importante perché qui non si riesce più a capire quali siano i programmi dei candidati tra un insulto e l'altro. La Clinton è anzitutto preoccupata di smentire che Donald Trump sia il campione della povera gente o comunque della gente semplice, dei lavoratori, e che lei sia invece la rappresentante di grandi ricchi.

     

    Lo ha accusato di essere uno che non paga i suoi lavoratori, ha ricordato la sua infanzia di figlia di un piccolo imprenditore che secondo lei con uno come Trump come datore di lavoro, sarebbe fallito; ha insistito sul fatto che una parte delle ricette economiche di Donald Trump non piace neanche ai repubblicani, ma sin qui siamo alla solita retorica elettorale.

     

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    Poi ha confermato l'agenda Obama: aumento delle tasse ai più ricchi, allargamento del ruolo del governo per avviare un grande programma di spesa per infrastrutture nuove, espansione dell'assistenza sanitaria voluta da Obama, gratuità dei college pubblici ma anche balzelli alle compagnie che se ne vanno all'estero.

     

    E questa è una novità dovuta a Trump, inutile negarlo, solo che il repubblicano invece di misure punitive ha annunciato imposte ridotte dal 40 al 15 per cento alle imprese per convincerle a rientrare. Di più, in uno Stato nel quale la contestano e la insultano per il sostegno passato agli accordi di libero commercio, ha dovuto promettere di ridiscutere gli accordi che non siano favorevoli agli interessi americani. Sotto accusa in specie l’accordo Trans-Pacific Partnership, fiore all'occhiello di Barack Obama.

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