Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
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Per un tempo è stata la migliore Italia degli ultimi anni, giocava con pochi tocchi, era di conseguenza veloce e sempre più tecnica dell' Ucraina. Quando ha segnato, a inizio secondo tempo, sembrava un raccolto doveroso, ma da lì in avanti è rimasto poco, l' Ucraina ha anzi pareggiato e sfiorato più volte il gol definitivo.
È stato però un grosso passo avanti nella fuga dalla crisi, perché la squadra ha cercato un gioco personale e spessolo ha trovato. Per la prima volta si è vista la piccola Italia imporre qualcosa di proprio, assecondare una qualità che sul fondo in qualche modo esiste ancora. Questo grado di forza nasceva però da un grande sforzo atletico, insistito per un' ora su qualunque avversario cercasse di riportare la palla verso la metà campo.
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In questi casi bisogna comportarsi così, rincorrere tutti, attaccare e inseguire. Ma si dura sempre un tempo, oltre è impossibile. Tutti i rallentamenti della ripresa, quella facilità opprimente di trovare difficoltà nelle marcature, quei ritardi continui nei palloni in avanti, erano tutti figli della leggerezza perduta nel soffocare gli ucraini per metà gara. Non era un' Italia per difendersi, era una squadra con due terzini che sono ali e tutti centrocampisti offensivi, tenevano la qualità e lasciavano la forza all' avversario. Era una squadra nata per giocare in velocità, per essere un po' sfacciata.
C' è riuscita abbastanza a lungo, ha avuto la sfortuna di perdere spazio appena segnato il gol, quando la forza fisica dell' Ucraina ha cancellato la nostra tecnica. Ma è la prima volta da almeno tre anni che questa tecnica l' abbiamo mostrata. Ci sono stati naturalmente errori, è difficile trovare i gol senza primi attaccanti e senza seconde punte che sappiano stare vicine. È stato troppo netto il calo dopo che è passata l' onda del progresso. Ma per la prima volta si è visto tra le pieghe un po' di calcio, coraggioso e imperfetto, pensato in comune con i giocatori, quasi uno scopo che si avvicina. Va da sé che partiamo dal basso, ci sono stati errori chiari, ma anche idee. Uno a uno, appunto.
2. MANCINI
Filippo Grimaldi per la Gazzetta dello Sport
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Alla fine la vittoria è solo un' illusione. Il digiuno continua. Bisogna andare indietro al giugno 2014 con Cesare Prandelli in panchina per trovare un' Italia a secco di successi per cinque gare consecutive. Di più: l' ultimo commissario tecnico azzurro prima di Roberto Mancini che non era riuscito a vincere almeno due delle prime sei partite della sua gestione era stato Fulvio Bernardini, fra il 1974 e il '75, ma è storia di oltre quarant' anni fa, tanto per far capire l' eccezionalità del momento.
I fischi che accompagnano l' uscita degli azzurri dal campo sono ingenerosi, perché l' Ucraina si è risvegliata solo quando (non per caso) l' Italia ha interrotto la pressione.
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AMAREZZA «Mi sono stancato di non vincere - ammette Mancini -, e come me pure i ragazzi. Le cose hanno iniziato ad andare male qualche mese fa, ma questa era un' amichevole, quindi speriamo che da domenica la situazione cambi. La squadra è andata bene per 55 minuti, poi per cercare di fare gol si è allungata». E il sogno è svanito. Secondo il c.t. azzurro «bisogna essere più cattivi, più cinici, perché quando hai le occasioni da gol, devi segnare.
Invece abbiamo fatto una fatica enorme per andare in vantaggio, mentre l' Ucraina alla seconda occasione è riuscita a pareggiare. In questo senso, è stata colpa nostra». Grandi elogi per Barella, «che ha fatto un' ottima partita, ma tutto il centrocampo mi è piaciuto. Per 60' siamo stati bravi. Però, quando abbiamo fatto tre o quattro cambi è diventato più difficile». Serve, insomma, un' Italia più cinica, però non sarebbe giusto cancellare le altre buone indicazioni. Il Mancio torna su Barella, «che per essere stato al debutto, e così giovane, ha fatto un' ottima partita, può crescere molto.
Peccato, però, perché la vittoria aiuta e dà morale, visto che qualche difficoltà negli ultimi tempi l' abbiamo avuta. Pensiamo positivo».
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TRIDENTE Meglio un attacco come quello di ieri sera rispetto a quello con un centravanti vero? Mancini fa esercizio di dialettica: «I tre davanti si muovono molto, sono stati bravi, ma questo lo può fare anche un centravanti classico, se si muove Loro, che giocavano così per la prima volta, sono andati veramente bene. I fischi alla fine? Normali, un tifoso quando non vince è rammaricato come lo siamo noi, se avessimo vinto saremmo usciti fra gli applausi.Ci dispiace di non aver fatto felici i genovesi sino in fondo».
mancini 7
ASSENTI Gli chiedono di Balotelli, lui taglia corto: «Non è il caso di parlare degli assenti. Io penso che Chiesa debba ancora acquisire una certa voglia del gol, e la stessa cosa vale per Insigne e Bernardeschi. Però, ripeto, se c' è un centravanti che fa i gol, io lo metto». Una serata comunque da ricordare: «Quello che è successo al 43' minuto è stato importante, un momento molto toccante. Ripartiamo dalle cose buone che abbiamo fatto, ora dobbiamo cercare di recuperare in fretta, per domenica vedremo su chi puntare».
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