Francesco Borgonovo per la Verità
marina terragni
Nella notte tra l'11 e il 12 settembre a Caivano, in provincia di Napoli, Maria Paola Gaglione, ventenne, è morta cadendo dal motorino. Non è stato un incidente, però. Maria Paola è stata inseguita da Michele, suo fratello trentenne, che a bordo di uno scooter l'ha speronata, e ora è accusato di omicidio preterintenzionale. Di questa storia, però, si parla soprattutto per un altro motivo.
I giornali hanno scritto che la ragazza era in motorino assieme a Ciro Migliore, che è stato presentato come il suo compagno transgender. L'omicidio di Caivano, dunque, è diventato immediatamente una storia di «omotransfobia»: Michele non voleva che sua sorella Maria Paola frequentasse un trans, e per questo l'ha uccisa. Questa ricostruzione, però, ha suscitato la viva opposizione di tante femministe italiane, e di Arcilesbica.
Tra le intellettuali che hanno preso posizione sulla questione c'è Marina Terragni, uno dei nomi più noti del femminismo italiano. «Fateci caso», dice alla Verità. «Maria Paola, la ragazza morta a Caivano, è scomparsa dai radar immediatamente. Sparita».
Perché è accaduto?
«Faccio una premessa. Alla base di ogni femminicidio c'è sempre la stessa motivazione: il dominio. Certo, ci possono essere varie cause occasionali. In questo caso, può darsi che il fratello fosse infuriato con Maria Paola per la sua relazione con una masculilla, che per altro aveva precedenti per spaccio. Ma la causa principale di tutto questo è sempre una: il dominio.
Ciro Migliore
Ovvero: decido io come devi vivere. Maria Paola è stata vittima di questo, eppure è sparita. Di più: questo sarebbe stato uno dei tanti femminicidi, e nessuno ne avrebbe parlato se non ci fosse stata la faccenda della supposta identità sessuale di Cira».
La questione del nome ha sollevato molte polemiche. I giornali parlano di un «uomo trans» di nome Ciro. Molte femministe sono insorte e parlano di Cira.
MARINA TERRAGNI
«Non parliamo di un trans, ma di una masculilla. Qui non siamo a Londra o Glasgow, bensì a Caivano, e dobbiamo capire la cultura in cui si inserisce questa identità. A Napoli c'è l'antica tradizione dei femminielli, né maschi né femmine, che non si dicono donne anche se sono ammessi a vivere tra le donne.
Sono discendenti dei Coribanti della dea Cibele e sono sempre stati riconosciuti dalla comunità per quello che erano. Le masculille sono meno note, ma ugualmente presenti. Sono ragazze che si percepiscono e si interpretano come uomini. Infatti la mamma di Cira/ Ciro a volte dice "mia figlia", a volte "mio figlio". Le donne di Caivano, per indicare la relazione tra Cira e Maria Paola, parlano di amore tra donne. Ai funerali ho sentito un uomo chiamarle "due bambine"».
Due donne, insomma.
«Non possiamo mettere lenti queer anglosassoni per leggere questa storia. Però i media, tutti in coro, hanno parlato del "ragazzo" di Maria Paola. Ho dovuto constatare che in Italia è già passato il concetto di Self Id».
Ovvero?
Ciro Migliore
«L'autocertificazione di genere. L'idea che si possa andare all'anagrafe e diventare uomo o donna in base a una dichiarazione. Ora, se un uomo si percepisce donna o viceversa a me può anche stare bene. Ma far passare il Self Id è un problema politico. Dunque bisognerebbe per lo meno discuterne. Però qui non se ne discute affatto».
Questa idea del Self Id che problemi pone per le donne?
«Faccio un paio di esempi. In Inghilterra, tempo fa, il Labour party ha nominato responsabile dell'area femminile una trans di 19 anni, Lily Madigan. Non solo ha usurpato un posto che spettava a una donna, ma ha anche fatto un repulisti ai danni delle donne che si lamentavano della sua nomina.
Il partito democratico di New York ha fatto una scelta simile con la trans Emilia Decaudin. Un posto destinato a una donna è andato a un uomo che si è dichiarato donna, e che non si è nemmeno sottoposto a intervento chirurgico».
Dov' è la relazione con Caivano?
Ciro Migliore
«Se noi diamo per assodato che Cira sia un uomo, poi non potremo lamentarci quando un signore con la barba e il pene vorrà entrare in uno spogliatoio femminile dicendo: "Io mi sento donna e resto qui"».
Faccio l'avvocato del diavolo: non è un po' esagerato?
«Per niente. Il Self Id è una cosa seria. Si può essere d'accordo o contrari, ma non si può darlo per approvato senza discutere. In Italia vige la legge 164, che io ho contribuito a far approvare negli anni Ottanta. Allora c'erano persone che andavano a farsi operare a Casablanca o Londra, tornavano con un corpo femminile e documenti maschili. E questo creava un sacco di problemi.
Quella legge permise la rettificazione anagrafica. Poi sono arrivate le sentenze che riconoscevano il cambio di genere anche a persone che non si erano mutilate. Ma ogni volta c'è stata una discussione, una perizia, una diagnosi... Qui non c'è nulla di tutto questo. Si chiede alla comunità di accettare l'autodefinizione e punto. La cosa che sconcerta è proprio questa: si chiede alla comunità il riconoscimento del genere, però la comunità è un interlocutore muto, non può dire nulla».
Ciro Migliore
Anzi, si vogliono persino fare leggi - penso al ddl Zan-Scalfarotto - proprio per impedire alla comunità di parlare e, eventualmente, criticare. E proprio la storia di Caivano viene usata per sostenere questo ddl.
«Il femminismo italiano tutto ha fatto richieste precise riguardo al ddl Zan. Intanto che si togliesse il concetto di identità di genere e lo si trasformasse in transessualità, perché almeno si capirebbe di che cosa si parla. E poi c'è una differenza sostanziale tra le due definizioni».
Quale?
«La persecuzione di un trans è facilmente individuabile. Ma quella dell'identità di genere? Se io vedo per strada uno con la barba e la gonna e per caso mi soffermo a guardarlo, posso essere accusata di transfobia? Già adesso veniamo perseguitate noi in quanto femministe perché ci opponiamo all'utero in affitto, figuriamoci cosa accadrebbe...».
Che altro contestate al ddl Zan-Scalfarotto?
Ciro Migliore
«Il riferimento alla misoginia, che andrebbe immediatamente tolto. La misoginia è una questione culturale antica che non si cambia con una legge. Non ne abbiamo mai discusso, e respingiamo questo gesto paternalistico utile solo a confondere le donne. E poi, scusate, ma noi non siamo una sfumatura Lgbt. Siamo la maggioranza del genere umano».
In effetti...
«È lo stesso discorso che possiamo fare sulle nuove regole dell'Academy per gli Oscar. A parte che è assurdo imbrigliare l'arte, ma perché le donne devono avere una quota come una minoranza?».
Per fortuna però il Self Id in Italia ancora non c'è.
«Ma esiste già una proposta di legge elaborata da Identità transessuale. Se passasse il ddl Zan, si passerebbe subito a quella battaglia. Il fatto è che la gran parte dei media su tali questioni tace. Si sta imponendo quella che io chiamo dissociazione cognitiva».
Ciro Migliore, accanto la madre
Si spieghi.
«Un esempio perfetto è il caso della modella Armine. Quelli di Gucci hanno capito che, oggi, per essere interessante devi discostarti dai canoni, dalla norma. Devi essere strano cioè queer. Ma soprattutto, il messaggio che mandano scegliendo quella modella è: non devi più fidarti delle tue percezioni.
La percezione della bellezza è istintiva, inspiegabile. Bene, ti viene detto che quella percezione devi cancellarla, e devi accettare ciò che ti propone la casa di moda. Ecco di che si tratta: quando ti viene un pensiero, devi eliminarlo e sostituirlo con un altro pensiero che ti è stato presentato come quello "giusto". È terribile».
Ciro Migliore - manifesto PASCALE MARIA PAOLA CIRO ciro e la mamma ciro maria paola ciro Ciro Migliore, accanto la madre