SERGIO MATTARELLA
Ugo Magri per “la Stampa”
Domani prima che venga sera Conte chiederà udienza a Mattarella, porgerà le sue dimissioni e così pure il sessantacinquesimo governo della Repubblica verrà archiviato. Perlomeno questo è lo scenario che al Quirinale viene considerato più probabile, visto come se le cantano i Cinque stelle e la Lega. Solo probabile, però; non ancora sicuro al cento per cento perché nulla è chiaro e tanto meno definitivo nelle intenzioni dei protagonisti, che «chissà quante volte potranno cambiare idea nelle prossime ore», sussurra un frequentatore del Colle.
salvini mattarella
Salvini, per citare uno a caso, non ha escluso di tornare sui suoi passi, se lo dice non è perché trema dalla paura ma in quanto ancora spera di trovare sponde dall' altra parte; allo stesso modo sbaglia chi considera Di Maio granitico nelle sue convinzioni. Restano ancora mille incognite, di qui a domani, e il primo a saperlo è certamente il capo dello Stato. In ragione del ruolo, le sue antenne arrivano là dove ad altri non è consentito.
Per questa ragione da quelle parti regna un grande riserbo misto a preoccupazione.
NO AI TATTICISMI
CONTE E MATTARELLA
Chi immagina Mattarella smanioso di scendere in campo per recitare la parte dell' Arbitro, è del tutto fuori strada. Il massimo che si strappa ai suoi collaboratori è quale potrebbe essere la tempistica più immediata nel caso che la crisi esploda davvero. Le consultazioni inizierebbero senza indugio, forse già mercoledì, cominciando dal presidente emerito Napolitano e dai presidenti delle due Camere. Seguirebbero le delegazioni di tutti i partiti, in modo da completare il giro entro 48 ore.
Qui si fermano le previsioni dello staff presidenziale, sul presupposto che nulla sarebbe facile né scontato. Chi tra i politici prevede che verrebbe messo facilmente in piedi un governo M5S-Pd, si sta facendo grosse illusioni; idem quanti sono convinti che correremmo rapidamente alle urne. Sul Colle entrambe le strade vengono considerate problematiche e irte di ostacoli.
salvini mattarella
Trovare la via d' uscita, avvertono, sarà un' impresa da far tremare i polsi. E la ragione sta proprio nell' atteggiamento delle forze politiche, nel modo malato in cui si preparano a giocare le loro carte. Prevalgono al momento i tatticismi, le doppiezze, i calcoli di propaganda. Ma soprattutto, dominano le irresolutezze. C' è al Quirinale la sensazione che non tutti i leader abbiano maturato fermi convincimenti e dunque si teme che la crisi possa trasformarsi in un lunga agonia per l' Italia.
IL PERICOLO DA EVITARE
sergio mattarella luigi di maio
A chi domanda quale sia la preferenza di Mattarella, come si pensa che orienterà la crisi, la risposta è secca: «Il presidente non preferisce nulla, non indirizzerà da nessuna parte». Nel senso che farà rispettare le regole del gioco e stop. Saranno i partiti a indicargli la strada perfino nel caso in cui volessero mettere in piedi un governo del presidente. Ma una cosa è certa: l' uomo del Colle non intende restare prigioniero dei giochi tattici, delle finte aperture, delle mosse ad effetto, dei tentativi di rimpallarsi le responsabilità.
Se Mattarella desse spago a queste manovre, assecondando le politiche dei «due forni», la crisi potrebbe trascinarsi per settimane o mesi senza sbocco. Il rischio? Un bis del 2018, quando per trovare il bandolo della matassa post-elettorale ci vollero 89 giorni, 3 giri di consultazioni e 2 incarichi esplorativi. «La storia non si ripeterà», assicurano al Colle. Ognuno verrà spinto a prendersi in fretta le proprie responsabilità.