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    “UN UOMO NON PUÒ CAMBIARE IL PROPRIO DESTINO, L'IMPORTANTE È VIVERLO CON DIGNITÀ, IO SONO A POSTO CON LA COSCIENZA” – LE LETTERE CHE MATTEO MESSINA DENARO INVIAVA ALL’EX SINDACO DI CASTELVETRANO, ANTONINO VACCARINO - IL POLITICO, CHE SI IDENTIFICAVA CON IL NOME SVETONIO, ERA STATO ARRUOLATO DAI SERVIZI A CUI CONSEGNAVA LE LETTERE DEL BOSS CHE SFOGGIAVA UNA CULTURA CLASSICA, MA SI RAMMARICAVA DI NON AVERE PRESO LA LAUREA E CONFIDAVA DI NON CREDERE PIÙ IN DIO – QUANDO “U SICCU” SCOPRÌ IL TRADIMENTO DI SVETONIO GLI GIURÒ VENDETTA, MA… - VIDEO


     
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    L'ARRESTO DI MESSINA DENARO BREAKING NEWS IN TUTTO IL MONDO

    MOLTI SITI INTERNAZIONALI LE DEDICANO L'APERTURA

    MATTEO MESSINA DENARO DOPO L ARRESTO MATTEO MESSINA DENARO DOPO L ARRESTO

    (ANSA) - Fa il giro del mondo come breaking news l'arresto di Matteo Messina Denaro. Dal Guardian alla Bbc, dalla Cnn, dal Pais a Le Monde, passando per al Jazeera, i siti internazionali ne danno ampio risalto ed in molti casi le dedicano l'apertura. Tutti sottolineano che Messina Denaro era "il boss mafioso più ricercato d'Italia e che è stato arrestato dopo 30 anni di latitanza".

     

    LE LETTERE DEL BOSS A SVETONIO, 007 SOTTO COPERTURA

    IL CARTEGGIO CON L'EX SINDACO VACCARINO 'ARRUOLATO' DAI SERVIZI

    (di Franco Nicastro) -  Sfoggiava una cultura classica ma si rammaricava di non avere preso la laurea. Si identificava con un personaggio letterario per potersi proclamare "capro espiatorio". Poi tornava con nostalgia alla "tradizione" di famiglia ma confidava di non credere più in Dio: per gestire i suoi tormenti esistenziali gli bastava ormai la religione di Cosa nostra.

     

    antonino vaccarino 6 antonino vaccarino 6

    Il ritratto privato di Matteo Messina Denaro, raccontato da lui stesso, riaffiorò dalle cinque lettere scambiate tra il 2004 e il 2006 con l'ex sindaco di Castelvetrano, Antonino Vaccarino, morto dopo alterne vicende giudiziarie. Non un personaggio qualsiasi, Vaccarino, ma una figura controversa: massone, insegnante di lettere, ma soprattutto amico del padre di Matteo, Francesco Messina Denaro. Venne condannato per traffico di stupefacenti ma assolto dall'accusa di mafia. Per proteggere la propria latitanza e il suo interlocutore, il padrino scelse per sé un nome di copertura: Alessio. E a Vaccarino attribuì quello di Svetonio, lo storico romano, come se si trattasse di scrivere un'edizione aggiornata del "De viris illustribus".

     

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    Matteo 'Alessio' neanche lo sospettava ma Svetonio, che pure considera una persona meritevole di stima e di fiducia, era stato arruolato dai servizi segreti per stanare proprio lui, il grande latitante. Fu Vaccarino, nel perfetto ruolo dell'agente provocatore, a cercare il contatto con Alessio. E, dopo averlo agganciato tramite il fratello, gli scrisse: "Posso offrirti il mio cuore, garantirti il mio paterno affetto, e di questo non v'è dubbio alcuno". Decisivo era però il ricordo di don Ciccio, "tuo eccezionale genitore", morto da latitante per cause naturali. La mozione degli affetti colse nel segno: Messina Denaro si commosse, rispose e cominciò una corrispondenza che passò lungo i canali già ampiamente sperimentati dei 'pizzini', passati di mano in mano prima di arrivare al destinatario.

     

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    Il tono confidenziale, con Messina Denaro che cercava sempre un registro colto e mostrava in ogni caso di avere letto Daniel Pennac, riconosceva nel capro espiatorio impersonato dal signor Malaussène. "Di me che dire. Non amo parlare di me stesso - scriveva - e poi oramai è da anni che sono gli altri a parlare di me e magari ne sanno più di me medesimo; credo, mio malgrado, di essere diventato il Malaussène di tutti e di tutto, ma va bene così… Un uomo non può cambiare il proprio destino, l'importante è viverlo con dignità, io sono a posto con la coscienza e sono sereno".

     

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    Bon aveva letto solo Pennac. Citava Virgilio e l'Eneide, zoppicava con il latino di Orazio, orecchiava Kant. E mentre si interessava, come sempre, della gestione degli affari (la nuova stazione di servizio, gli appalti dell'Anas) lanciava strali all'antimafia. Ce l'aveva con i giudici, con i collaboratori di giustizia ma soprattutto con lo Stato per il quale il "fenomeno Sicilia" è ridotto alla stregua di "un'orda di delinquenti e una masnada di criminali". L'ultima lettera a Svetonio è del 28 giugno 2006. Bernardo Provenzano è stato arrestato. La polizia ha trovato nel suo archivio anche i pizzini di Messina Denaro che perciò è "imbestialito". Le comunicazioni si fermano. "Da questo momento non ci sentiamo più".

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    Ma il boss non sapeva che, oltre a Provenzano, pure Svetonio collezionava le sue lettere, regolarmente passate ai servizi. Quando lo scoprì si tolse la maschera di Alessio, riassunse il volto di Matteo e mandò al suo interlocutore un ultimo messaggio terrificante: "La sua illustre persona fa già parte del mio testamento...in mia mancanza verrà qualcuno a riscuotere il credito che ho nei suoi confronti". Ma prima della vendetta del padrino è arrivata la pandemia: Svetonio è morto di Covid nel maggio del 2021.

     

    MAFIA: ARRESTO MESSINA DENARO, SORRISI E COMMOZIONE IN PROCURA

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    (ANSA) - Occhi lucidi, sorrisi, tanta tantissima commozione. E' un giorno di festa oggi per la Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia che, dopo 30 anni di ricerche, ha arrestato il boss latitante Matteo Messina Denaro. Il blitz è stato coordinato anche dall'aggiunto Paolo Guido. Nella stanza del capo dei pm c'è un via vai di magistrati: sostituti storici, giudici appena arrivati, tutti parte della stessa squadra. E la felicità si legge anche negli occhi del personale amministrativo: cancellieri, segretari. Perchè che l'ultima Primula Rossa di Cosa nostra prima o poi sarebbe stata catturata nell'ufficio che fu di Giovanni Falcone ci hanno sempre creduto. "Sono commossa come nell'altra storica giornata che ricordo, quella della cattura di Provenzano", dice una delle funzionarie da anni in Procura. Ed è un giorno di festa anche per le scorte che con coraggio pazienza proteggono ogni giorno i magistrati di uno degli uffici inquirenti più caldi d'itaia.

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    MESSINA DENARO: DE LUCIA, RISULTATO IMPORTANTISSIMO

    PROCURATORE PALERMO, FRUTTO IMPEGNO DI TANTI

    (ANSA) - "L'arresto di Matteo Messina Denaro è senza dubbio un risultato importantissimo, frutto di lunghe e difficili indagini. Fondamentale è stata la professionalità e la dedizione dell'Arma dei carabinieri e, in generale, di tutte le forze dell'ordine che in questi anni non hanno mai cessato di cercare l'ultimo boss stragista ancora libero". Lo ha detto all'ANSA il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia.

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    MESSINA DENARO, BOSS 'FANTASMA' PER TRENT'ANNI

    LA STORIA DEL BOSS CHE HA 'TRAGHETTATO' COSA NOSTRA

    (ANSA) - (di Franco Nicastro e Francesco Nuccio) - "Prima o poi lo prenderemo". Nella promessa di mettere fine alla latitanza di Matteo Messina Denaro si sono esercitati in questi anni ministri dell'Interno, investigatori, magistrati. L'ultima "primula rossa" di Cosa Nostra, 60 anni, arrestato oggi, si era reso irreperibile subito dopo la cattura di Totò Riina, avvenuta proprio trent'anni fa. E mentre la polizia scientifica si incaricava di aggiornare, invecchiandola, l'immagine giovanile del boss il suo impero miliardario veniva pezzo per pezzo smontato e sequestrato. È così che è stata smantellata la sua catena di protezione e di finanziamento. È così che è stato demolito il mito di un padrino che gestiva un potere infinito ma viveva come un fantasma, anche se la sua invisibilità non gli ha impedito di diventare padre due volte.

     

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    Di una figlia si sa tutto: il nome, la madre, le scelte che l'hanno portata a separare la propria vita dall'ombra pesante di un padre che forse non ha mai visto. Ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza in casa della nonna, poi con la madre ha cambiato residenza: non è facile convivere con lo stress delle perquisizioni, dei controlli e delle irruzioni della polizia. Dell'altro figlio si sa invece quel poco che è trapelato dalle intercettazioni: si chiama Francesco, come il vecchio patriarca della dinasty, ed è nato tra il 2004 e il 2005 in quel lembo della provincia di Trapani, fra Castelvetrano e Partanna, dove Matteo Messina Denaro ha costruito il suo potere economico e criminale. Attento a gestire la sua latitanza, e a proteggerla con una schiera di fiancheggiatori, uno dei boss più ricercati del mondo ha lasciato di sé solo l'immagine di un implacabile playboy con i Ray Ban, le camicie griffate e un elegante casual.

     

    la distanza tra la clinica maddalena e la dia la distanza tra la clinica maddalena e la dia

    E dietro questa immagine ormai scolorita una scia di leggende: grande conquistatore di cuori femminili, patito delle Porsche e dei Rolex d'oro, maniaco dei videogiochi, appassionato consumatore di fumetti. Di uno soprattutto: Diabolik, da cui ha preso in prestito il soprannome insieme a quello con il quale lo chiamavano i suoi fedelissimi. Un altro ancora glielo hanno affibbiato i suoi biografi "'U siccu": testa dell'acqua, cioè fonte inesauribile di un fiume sotterraneo. Anche nei soprannomi Matteo Messina Denaro impersonava il doppio volto di un capo capace di coniugare la dimensione tradizionale e familiare della mafia con la sua versione più moderna. Il padrino di Castelvetrano si è sempre mosso tra ferocia criminale e pragmatismo politico. Per questo è stato considerato l'erede di Bernardo Provenzano ma soprattutto del padre don Ciccio altro boss della nomenclatura tradizionale morto da latitante nel 1998.

     

    il volto di matteo messina denaro nel 2009 il volto di matteo messina denaro nel 2009

    Quando il vecchio patriarca scomparve, del giovane Matteo si erano perse le tracce già da cinque anni, nel 1993, prima ancora che fosse coinvolto nelle indagini sulle stragi di quegli anni. E da allora Diabolik era sempre riuscito, a volte con fortunose acrobazie degne dell'imprendibile personaggio del fumetto, a sfuggire ai blitz. Su di lui era stata posta una taglia da un milione e mezzo, ma per fargli attorno terra bruciata gli investigatori hanno stretto in una tenaglia micidiale la rete dei fiancheggiatori. Neanche i suoi familiari sono stati risparmiati: la sorella Patrizia, arrestata e accusata di avere gestito un giro di estorsioni, il fratello Salvatore, i cognati, un nipote. E tanta gente fidata, costituita da prestanome spesso insospettabili, che hanno subito ripetuti sequestri patrimoniali. Il "fantasma" di Messina Denaro era inseguito da una montagna di mandati di cattura e di condanne all'ergastolo per associazione mafiosa, omicidi, attentati, detenzione e trasporto di esplosivo.

     

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    Nei più gravi fatti criminali degli ultimi trent'anni, a cominciare dalle stragi del '92 in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, è stata riconosciuta la sua mano. Lui stesso, del resto, si vantava di avere "ucciso tante persone da riempire un cimitero". Ma se la fama di uomo spietato gli viene riconosciuta qualche dubbio si è insinuato sulla sua reale capacità di ricostruire, dopo gli arresti di Totò Riina e di Bernardo Provenzano, la struttura unitaria di Cosa nostra intaccata dagli arresti e da un processo di frammentazione. Un boss che ha traghettato Cosa Nostra nel secondo millennio, senza però riuscire ad evitare di fare la stessa fine dei vecchi padrini.

     

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