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1. MICK JAGGER SVELA PER LA PRIMA VOLTA “EXHIBITIONISM”, LA FORMIDABILE MOSTRA SUI ROLLING STONES CHE SI TERRA’ ALLA SAATCHI GALLERY DI LONDRA AD APRILE: DUE PIANI E NOVE GALLERIE CON ABITI, CHITARRE ED ESPERIENZE INTERATTIVE, COMPRESO L’ODORE DI CURRY E LA PUZZA DI ALCOL E CALZINI DEL MONOLOCALE IN CUI VIVEVA CON KEITH

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Louise Gannon per Event Magazine

 

“Exhibitionism” è la mostra più grande dedicata ad una rock band e la prima retrospettiva dei Rolling Stones. Si terrà alla Saatchi Gallery di Londra dal 5 aprile al 4 settembre 2016. Per organizzarla ci sono voluti tre anni e 4 milioni di sterline. Si sviluppa su due piani, nove gallerie, e presenta oltre 500 oggetti mai visti, dagli abiti di scena di Jagger alla chitarra Les Paul di Richards, anno 1957, filmati rari, pagine di diario, e include le opere di chi negli anni ha lavorato con loro: Andy Warhol, Shepard Fairey, Alexander McQueen, Ossie Clark, Tom Stoppard e Martin Scorsese t. 

 

rolling stonesrolling stones

Nel suo calmo ufficio londinese, Mick Jagger sta facendo qualcosa che in genere evita  come la peste: si guarda indietro, setacciando i ricordi del gruppo più famigerato al mondo. Parla di curry e di come ricreerà l’aroma del suo cibo preferito per la mostra interattiva. Ricorda: «C’era questo posto di pollo tandoori all’angolo degli Olympic Studios, un odore misto al fish and chips che gli altri ragazzi ordinavano. Quello, per noi, è il profumo delle nostre registrazioni». Gli altri odori sono i vecchi calzini di Keith e l’alcol, nel monolocale che dividevamo con il chitarrista Edith Grove all’inizio degli anni ’60. La mostra deve restituire l’odore che c’era allora. Sono questi i ricordi, non le limousine o i jet».

mick jagger oggimick jagger oggi

 

Vuole stanze in cui immergersi, riprodurre suoni e odori dell’appartamento e dello studio di incisione a Barnes, dove la band ha registrato sei dischi, inclusi “Let It Bleed”, “Sticky Fingers” e “Beggars Banquet”. Ci sarà una stanza delle chitarre e un ambiente che ricrea l’esperienza del momento prima di salire sul palco. Tutto pronto, ma tutto tenuto al sicuro in un enorme hangar.

 

Io e sua Maestà satanica guardiamo le immagini dei suoi abiti di scena, una litografia di Elvis Presley fatta da Warhol, ma il suo volto, a 72, non somiglia a Lucifero, piuttosto a un Lucian Freud, magrissimo e che scoppia di energia. Tira fuori cose incredibile dai cassetti, tipo la foto delle tute di Ossie Clark, poi diventate un oggetto fetish del rock, indossate da Michael Jackson a Lady Gaga.

les paul di keith richardsles paul di keith richards

 

Fino allora le avevano messe solo Jagger, Elvis, Bowie e Freddie Mercury. A chi stavano meglio? «Ovviamente a me! Elvis era troppo grosso, David tropo magro, Freddie arrivava tardi in fatto di moda. Alcune tute erano belle, altre più comiche, ma io le amavo tutte. Era incredibilmente comode. Mia moglie Bianca e io le indossavamo anche fuori dal palco, le avevamo in tutti i colori. Molte cose non le metto più, se le sono prese i ragazzi. Lizzie era la peggiore, una sfacciata, usciva coi miei pantaloni di velluto che indossavo nel 1969 al Roundhouse, poi me li ridava per il mio compleanno. Mi piace tornare in possesso della mia roba al compleanno».

la tuta di mick jaggerla tuta di mick jagger

 

E’ ancora vanitoso? «Naturalmente. Lo sono sempre stato, no?». Jagger si diverte per le controversie che ha creato in passato. Ad esempio, con l’iconico abito bianco di Michael Fish che indossò nel 1969 ad Hyde Park: «La gente pensava che fosse un abito da donna. Non mi era passato per la mente, lo comprai a Mayfair, pensando fosse una camicia».

 

la tuta di jagger in mostra a londrala tuta di jagger in mostra a londra

Quest’uomo è un genio a parlare di se stesso senza mai rivelare i suoi sentimenti: «Forse quando la mostra sarà realtà, mi emozionerò. Non lo so. Io guardo sempre al presente e al futuro, mi muovo in avanti».

 

jagger e richards a  glastonburyjagger e richards a glastonbury

Tira fuori le foto dei due vestiti per il tour dei 50 anni, a Glastonbury. Erano stati disegnati da L’Wren Scott, sua fidanzata per 13 anni, morta suicida lo scorso anno: «Indosso ancora le sue cose, i suoi abiti sono un colpo emotivo. L’Wren ha influenzato molto la mia vita e il mio stile». E’ abbastanza. Lui non si dedica a dichiarazioni emotive. Chi è il più stiloso del gruppo? «A parte me, è Charlie. Lo è sempre stato. E’ all’opposto di me, ma incredibilmente alla moda».

 

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Delle nuove popstar, in chi rivede il suo stile? «Harry Styles. Lo conosco, viene spesso ai nostri concerti e sì, noto la mia influenza su di lui, ma non glielo dico. Gli dico solo che sta bene. Mi piace. E’ cortese». Attualmente Jagger produce la serie “Vinyl” con Martin Scorsese per la HBO, dove recita suo figlio trentenne James, nei panni di un cantante punk: «Io mi sono rifiutato di recitare, non volevo litigarci».

 

Intanto pensa alla mostra e non la pensa come un’esperienza passiva: «Non sarà come camminare in un museo. Sarà un’esperienza coinvolgente. E’ passato ma noi siamo presenti e guardiamo al futuro. Abbiamo già prenotato lo studio per registrare il prossimo mese. Siamo ancora sulla strada».

 

jagger con la tuta ossie clarkjagger con la tuta ossie clark

Il collaboratore Joss Stone mi aveva avvisato che Jagger era un tipo normale, nonostante tutte le esperienze che ha avuto e che è sempre riuscito a farsi scivolare addosso. E’ un tipo sempre acceso, puoi farci qualsiasi tipo di conversazione ed è molto divertente. Mi dice che a volte ancore prende i mezzi pubblici: «Viaggio spesso con Eurostar».

 

Per la mostra ha ideato una stanza delle curiosità, stranezze di questi 50 anni sull’autostrada del rock. Lui e Watts hanno fatto visita alla Saatchi Gallery diversi weekend «giusto per avere la sensazione di ciò che sarà. Vorrei che i visitatori avessero, in ogni stanza, la sensazione che gli Stones era lì fino a un secondo prima. Non si tratta di venerazione, gli Stones non sono mai stati questo. No siamo dei. E’ solo il momento giusto per farlo, vedi Björk o l’incredibile mostra “Human Body”».

jagger con la tuta di ossie clarkjagger con la tuta di ossie clark

 

Non ha problemi ad ammettere che talvolta non ricorda a quali dischi appartengano le sue canzoni e, per quanto concerne le chitarre, «Non le ho conservate, altri lo hanno fatto. Non me ne frega niente delle chitarre, per me una vale l’altra. Sono tutte cazzate. Non sono un audiofilo, non fa differenza quale chitarra suoni. Conta quello che suoni. Keith ama le chitarre. Io no, onestamente. Io ero più attaccato ai vestiti, il mio marchio, riflettevano ciò che eravano e come affrontavamo quel periodo. I vestiti li conservo. Abbiamo passato un sacco di tempo per recuperare cose da tutte le parti del mondo e da gente diversa. Ora hanno valore, ma all’epoca era roba effimera, ci sembrava dovesse sparire. Tanto materiale lo abbiamo dovuto ricomprare, ad esempio i miei taccuini. Vorrei averli tenuti tutti, invece li ho lasciati in giro, testi mollati negli uffici, negli hotel, nei camerini. Non lo facevo volontariamente, ma è andata così».

jagger con la ex lwren scottjagger con la ex lwren scott

 

Ride. «Poi li ritrovo all’asta da “Sotheby’s” o “Christie’s”. Chiedo, ma come hanno fatto ad arrivare qui i nostri dischi d’oro? E magari esiste una finta lettera con su scritto che glieli ha dati Mick Jagger. E’ tutto così losco. Se o facessero con un Monet, finirebbero in galera. Qualche volta li lasciamo stare, qualche volta li ricompriamo. Oggi queste cose hanno valore. La cosa positiva è che perlomeno qualcuno si è peso cura delle nostre cose e ce le sta prestando per la mostra».

 

Com’è essere un Rolling Stone?: «La risposta che possiamo dare è questa mostra,  mettersi a nudo con le cose che ricordiamo, le esperienze dell’intera corsa. Ciò che si vede e si sa e ciò che non si vede e non si sa».

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