dago sestini

DAGOSPIA FA 21 – IL 23 MAGGIO DEL 2000 QUESTO DISGRAZIATO SITO ANDAVA ONLINE PER LA PRIMA VOLTA. DA ALLORA NIENTE È STATO COME PRIMA – RIPROPONIAMO ALCUNI ARTICOLI SCRITTI IN OCCASIONE DEL VENTENNALE: “IMPUDENTE, FAMELICO, TEMERARIO, CINICO ROMANO. RISORSA INFORMATIVA PRET A PORTER, DOVE LA NOTIZIA SI CONFONDE CON LA NON NOTIZIA, LA POLITICA CON LA NON POLITICA” –  “È IL DIRITTO A UN DESIDERIO, È LA TESTIMONIANZA DI ESSERE OGGI PRESENTI A SE STESSI" – "LA VERITÀ? DAGOSPIA LO VEDONO TUTTI"

DAGO 1

DAGONOTA

Oggi Dagospia compie 21 anni. Per l'occasione riproponiamo gli articoli scritti nel 2021 da Marco Molendini, Pierluigi Panza e Luigi Mascheroni, in occasione del ventennale di questo disgraziato sito.

 

1 – VENT’ANNI DI DAGOSPIA

Marco Molendini per Dagospia

 

Ricordo bene quando Roberto decise di lanciare Dagospia. Per caso, per ripicca (la rottura con l'Espresso dove aveva una rubrica, titolo Spia, dove osò l'inosabile: avanzare il sospetto che l'avvocato Agnelli portasse sfiga), per intuizione. Vent'anni fa: lancio e brindisi a casa sua, allora a via Condotti. Una scommessa in tempi in cui google era ancora in fasce e i giornali non fiutavano l'aria di crisi che li avrebbe stravolti. L'informazione, era ingessata. Come oggi mediata, legata a logiche di appartenenza, di scuderia, di amicizie e rapporti. Il progetto era chiaro: dire quello che i giornali non dicono. Lo spazio era tanto.

 

dago togato

All'inizio Dagospia ascoltava e riportava soprattutto il dietro le quinte, i sussurri di salotto di un mondo edonista, animato da un presenzialismo sfrenato (i leggendari morti di fama), raccontava quello che ci si poteva raccontare al telefono ma che nessun giornale avrebbe scritto. Il non detto Dago lo strillava. Ma si occupava più di società che di politica o economia. Era più il Dagospia delle bocche sguaiatamente spalancate, rifatte, esagerate di Cafonal, invenzione folgorante resa visivamente esplicita con l'occhio di una trottola che girava la città come Umberto Pizzi, addobbato di macchine fotografiche come un albero di Natale.

 

Nell attesa legge Dagospia

Dagospia è diventato come la conosciamo oggi, per naturale evoluzione: risorsa informativa pret a porter, dove la notizia si confonde con la non notizia, la politica con la non politica, il non schierarsi con lo schierarsi, il chiaro con l'oscuro. Caso unico nel panorama mondiale, velocissimo nello stare sul pezzo, nel raccogliere sussurri e grida, informazioni e suggestioni, pronto a bruciare o quotidiani e siti, attento a leggere i giornali, a scegliere le spigolature, riportarle con una titolazione accattivante, spesso molto più dei giornali stessi.

I SOPRANNOMI DI DAGOSPIA

 

 

Passati al setaccio di Dagospia gli articoli vengono rivitalizzati dall'uso di un linguaggio esplicito, giocando su invenzioni, slogan che sono entrati nel vocabolario quotidiano: come sogno o sondaggio?, l'ovvio dei popoli, Giletti di baccalà eccetera, eccetera. Calembour usati per alleggerire, prendere le distanze, suggerire. Soprattutto per contribuire a dipingere un mondo colori che ne fa di tutti i colori e raccontare una commedia disumana che esercita su Roberto un'attrazione irresistibile.

 

Impudente, famelico, temerario, cinico romano. incapace di resistere a una notizia, esplicito fino al rossore (dei lettori), spregiudicato fino all'esorcismo della volgarità, senza compromessi, strumentalizzato (c'è chi ci prova) e instrumentalizzabile se non dal desiderio smodato di raccontare l'irraccontabile e dannatamente attuale, fatto su misura dell'Italia («in un paese decente non esisterebbe Dagospia», l'autodefinizione), dove si passa agilmente da Efe Bal a Di Maio, a Balotelli.

dago con la redazione e gli studenti all'ingresso della dining hall dell'oriel college di oxford

 

Così attuale da raggiungere dimensioni inimmaginabili per un bollettino fatto in casa, che non ha gerarchie di titoli, se non quello della collocazione, diventato a sua insaputa lettura obbligata per le élite e per il mondo dell'informazione, fino a mettere insieme cinque milioni di visualizzazioni al giorno.

Roberto lo conosco da una vita. La prima volta che l'ho visto aveva in testa un cesto di capelli alla sor Pampurio. Lavorava in banca, scriveva di musica, si vestiva come un pazzo. A unirci la passione per la musica, tanti amici in comune, la simpatia naturale, la stessa età.

 

alta societa' su dagospia

Quando ho lasciato il Messaggero mi è venuto spontaneo inviare a lui il mio racconto del perché lasciavo il giornale dopo tanti anni. Adesso ogni volta che mi viene voglia di scrivere qualcosa gli telefono. Sono sicuro che Roberto capisce al volo e soprattutto che titolerà al meglio: nella mia vita professionale non ho mai avuto nessuno che mi titolasse bene i pezzi come lui, nemmeno io che me li sono titolati per tanti anni.

 

 

2 – BUON COMPLEANNO “DAGOSPIA”: I VENT’ANNI DEL SITO

eva grimaldi e dago mutande pazze

Pierluigi Panza per www.fattoadarte.corriere.it

 

Il 22 maggio di vent’anni fa nasceva il sito di retroscena “Dagospia”, fondato e curato da Roberto D’Agostino. “Dagospia”, che si definisce “risorsa informativa online a contenuto generalista che si occupa di retroscena”, è diventato un sito molto popolare, specialmente nell’ambito dell’informazione, ma è qualcosa di più: è il diritto a un desiderio, è la testimonianza di essere oggi presenti a se stessi.

roberto dagostino

 

L’origine del modo d’essere di sito e fondatore va cercata negli anni Sessanta, anche prima del ‘68. “L’anno cruciale per me è stato il ’64 – raccontò Dagostino in una intervista -; Bandiera Gialla, Arbore, Boncompagni… Andavamo a via Asiago, nella sede Rai. Stavamo seduti lì, in studio, accanto a Lucio Battisti, Loredana Bertè, Renato Zero… E la sera andavamo al Piper”. Poi va cercato nel ’68 e nella passione per la letteratura americana: “Ricordo il nostro incontro con Fernanda Pivano. Ci presentammo io e Paolo Zaccagnini all’Hassler vestiti da Kerouac e Ginsberg de’ noantri, gilet da mercatino dell’usato, jeans stracciati, capelli lunghissimi, proprio on the road”. Quindi nell’Arbasino di “Fratelli d’Italia”,  un grande romanzo di gossip…

 

Dago in redazione - ph Massimo Sestini

All’inizio, “Dagospia” era un sito di gossip. Ma poiché ogni “merce” deve diventare comunicazione spettacolarizzata, come scrisse Debord, per essere visibile e vendibile progressivamente anche economia, finanza, società, media, cultura e arte entrarono docilmente in scena sul sito facendo di Dagostino un taumaturgo del copyright (Pierfurby Casini, Daniela Santadeché, WalterEgo Veltroni, Marpionne…), l’ideatore del più godibile e intelligente programma di arte contemporanea (“Dago in the Sky”), l’inventore di un genere, “Il cafonal”, ovvero “la cafoneria trasformata nel massimo rito sociale della comunicazione, l’esibizionismo pacchiano che travolge tutti”, una specie di antieorico Proust.

 

Dago in redazione - ph Massimo Sestini

E così, nell’età dell’ipercomunicazione social, Dagospia è diventata una testimonianza dell’apertura di senso gadameriana e del pragmatismo di Richard Rorty, un mondo dove non esiste più una specularità tra reale e razionale, tra reale e sua descrizione, ma dove “è vero ciò che è vero nel senso della credenza” (Rorty).

 

Dago in redazione - ph Massimo Sestini

Non dandoci più limiti all’interpretazione, Dagospia ha favorito l’affermarsi della creazione del consenso attraverso la costruzione di discorsi aperti che non necessitano di un sistema di verifica. Nell’età della finanziarizzazione i significati che emergono da un sito così sono quelli di uno storytelling che crea quel Capitale di visibilità (quel Potere di visibilità di cui parlava Bourdieu) su fatti e persone che vengono coinvolti e triturati. Si attua quanto descritto da Gianni Vattimo in “La società trasparente”: “Invece che procedere verso l’autotrasparenza, la società della comunicazione generalizzata ha proceduto verso quella della fabulazione del mondo”.

 

dago e arbore...

Il ricorso allo choc e alla spettacolarizzazione, al cafonal sono gli storytelling messi in atto per amplificare il valore della merce comunicativa: l’individuo spettacolarizzato, ridotto a macchietta, amplifica il suo Capitale di visibilità che diventa Capitale economico. Vanni Codeluppi ha ben descritto nei suoi testi questo aspetto di costante “messa in scena”: è il fenomeno della “vetrinizzazione del mondo” e riguarda sia la comunicazione che le arti contemporanee, che i comportamenti sociali… Nella società dei consumatori, nessuno può diventare soggetto senza prima trasformarsi in merce.

 

DAGOSPIA LETTURA OBBLIGATA - DA IL GIORNALE

La Rivoluzione consumistica ha trasformato i desideri nell’esperienza centrale della vita e la loro sguaiata esibizione in una pratica. Per l’individuo, la celebrità è diventata il corrispettivo della gloria rinascimentale. Una fama che si consuma nel massimo falò delle vanità sotto l’arcobaleno di un non dissimilato nichilismo.

 

Se fama e celebrità non legate al reale successo di un’opera e di breve durata sono tanto ricercate è perché essere conosciuti fa sentire co-essenziali al mondo (tema caro a Sartre) e la riconoscibilità genera economia, denaro. Inoltre, l’essere ri-conosciuti è la condizione psicologica ideale per lo “stare in società”. Oggi le celebrità, ovvero le persone dotate di riconoscibilità, diventano eroi quotidiani perché consegnano tessuti di discussione agli altri. E oggi, le persone riconosciute, le celebrities, sono spendibili dalla finanza come dei bond umani, dei legami sostitutivi capaci di generare capitale.

 

 

Dago in redazione - ph Massimo Sestini

3 – HARD E LEGGERO, D’ELITE MA DI MASSA. È IL CANE DA GUARDIA CONTRO I POTERI

Luigi Mascheroni per “il Giornale"

 

L' insostenibile leggerezza di Dagospia. Tratta tutto, a partire dai contenuti hard - finanza, politica estera, nuove tecnologie, dalla blockchain al Gruppo Blackstone - nel modo più soft possibile: gossip, pissi-pissi, bau bau. Facendo il cane da guardia contro i poteri. Ecco perché è un bestseller.

 

Dago in redazione - ph Massimo Sestini

Roberto D' Agostino, professione lookologo, in Quelli della notte - trasmissione cult, diventa popolarissima - trasformò un romanzo pesantissimo, di uno scrittore ceco, pubblicato da Adelphi (un concentrato di élitarismo ai limiti della leggibilità!), nel libro del decennio. Il capolavoro fu di D' Agostino, non di Kundera.

 

E poi, vent' anni fa, s' inventò una pubblicazione web di informazione generalista, un aggregatore - cioè che saccheggia gli articoli più interessanti dei maggiori quotidiani - trasformandolo nel sito giornalistico più specialistico e insieme più popolare che esista. Dagospia non è per tutti, ma tutti gli addetti ai lavori, e molti di più, lo leggono.

È la nuova stampa, bellezza.

 

Arbore e Dago, presentazione de "Il peggio di Novella 2000" - 1986

Bello, non è bello. L' impaginazione alla Drudge Report è inguardabile, le foto rubate dal web sono quelle che sono, i fotomontaggi terribili, la titolazione graficamente monocorde, le pubblicità spesso grattano il fondo... Eppure Dagospia resta in cima. E non è soltanto una questione di costi (minimi) e ricavi (dicono ottimi). È che Dagospia è l' unico modello giornalistico innovativo e vincente che si è visto in Italia negli ultimi vent' anni, a parte il Foglio di Ferrara, e per ragioni opposte.

 

Dago ph Porcarelli

I quotidiani generalisti, sia le corazzate sia i vascelli «da battaglia», a partire dal Fatto quotidiano, che spentasi l' onda antiberlusconiana si è arenato sulla battigia, sono tutti in crisi nera, oltre che vecchi. Per tacere del web. Non sarà stato innovativo il Post di Sofri... E Open di Mentana? Sembrava dovesse cambiare il mondo delle news... Chi l' ha visto? La verità è che Dagospia lo vedono tutti.

 

 

Né di destra né di sinistra, basta che sia contro il Potere (chi altri in Italia?), è la formula vincente di Quelli della notte declinata nel giornalismo: una banda di disperati che ha cambiato la televisione. Allo stesso modo D' Agostino e la sua banda - a molti piace, a molti no, non importa - hanno rivoluzionato l' informazione. Leggerezza, velocità, gossip, riflessione alta e Cafonal basso, retroscena e lati B, artigianalità e un certo genio. Ci vuole del genio a rubare i pezzi a tutte le più grandi testate senza che nessuno dica «beh» (anzi: per i giornalisti essere ripresi da Dagospia è l' unico modo per essere letti da tutti), rititolare ogni cosa «à la D' Agostin», persino a pubblicare un pezzo per l' importanza di ciò che NON dice, e a metterci del proprio.

 

dago redazione.

Tra le specialità della casa: le indiscrezioni finanziarie, i retroscena politici, gli scoop nel mondo dei media, il cinema di Marco Giusti, l' arte contemporanea, il battitore libero Mughini... E tutto gratis, purtroppo per noi giornalisti. Dagospia nel 2000 partì con 12mila visite quotidiane in media. Oggi sono 3,5 milioni di pagine consultate al giorno. Il lato popolare dell' informazione di nicchia. A proposito, clic clic: «Auguri».

ANNA DAGO E GUADAGNINODago ph Porcarelli Dago, Carosone, Arbore, premio Orso alla CabalaDago in redazione - ph Massimo Sestinieva grimaldi e dago mutande pazzeDAGO - Quelli della nottePAZZAGLIA - DAGO - AMBASCIATORE USA MAXWELL RAAB - RENATO CAROSONE - NINO MANFREDI - RENZO ARBORE - DE CRESCENZO BY MARCELLINO RADOGNADAGO LUCIANO DE CRESCENZO BY MARCELLINO RADOGNADago ph PorcarelliDAGO ph Claudio Porcarelli isdago in the sky l'immagine proibita 23

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