DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Raffaele La Capria per il “Corriere della Sera”
Com’è strana la Francia descritta da Houellebecq nel suo ultimo molto discusso romanzo Sottomissione (Bompiani). Una Francia irriconoscibile, proiettata in un futuro molto vicino. È un Paese dove si mangiano cibi raffinati che si possono ordinare e ti portano a casa ben confezionati.
Ragazze in minigonna della buona borghesia durante l’atto parlano come vecchie puttane pronte a tutto e offrono servigi sessuali nominandoli con spregiudicatezza. Anche loro si possono ordinare con una telefonata, ma in tutto questo non c’è nulla di morboso e neppure di veramente erotico.
Houellebecq, che scrive in prima persona, inizia dicendoci «per tutti gli anni della mia triste giovinezza Huysmans è stato un compagno fedele», e con Huysmans ha preso la tesi di dottorato ed è diventato professore associato all’Università di Parigi III-Sorbona.
È un professore spregiudicato, conversa in tono colto, cinico, elegante, con altri professori e soprattutto con un agente dei servizi segreti, per spiegare a chi legge il processo attraverso il quale la Francia si è sottomessa all’Islam, e parla di se stesso così: «All’epoca dei miei vent’anni, quando mi veniva duro con una scusa qualsiasi, e a volte anche senza motivo, quando in un certo senso mi veniva duro a salve».
Di una sua amica ancora giovane ma già in decadenza dice: «Anche lei non era in fondo che un airone imbrattato di petrolio», mentre adesso «le mie erezioni, più rare e accidentali, esigevano corpi sodi, elastici e senza difetti».
È questo lo stile Houellebecq, già sperimentato con successo negli altri suoi libri. Il modo in cui i musulmani di Francia vanno al governo sembra fin troppo diplomatico, e quindi poco verosimile, e viene spiegato nella parte centrale del libro, ma dal punto di vista narrativo quelle spiegazioni per me occupano tanto spazio da trasformare il romanzo in un pamphlet o in una perorazione e comunque non hanno niente a che fare con il futuro raccontato da Huxley e da Orwell, perché artisticamente quello era meglio risolto.
La sua tesi di una Francia gradualmente sottomessa agli islamici gioca coi timori e i sospetti del francese medio e ironicamente, ma non tanto, Houellebecq ne fa vedere anche i lati positivi perché se si avverasse, chiunque, anche se brutto e vecchio, potrebbe avere tre o quattro mogli anche giovani e belle, cosa che evidentemente all’autore non dispiacerebbe.
La Francia che si avvia alla sottomissione non è un Paese tragico, ma è sinistro. Mentre tutto sembra normale ecco che in una stazione di servizio capita di trovare steso a terra nel sangue il corpo di una donna, la cassiera; e altrove, altri segni di violenza, un autobus in fiamme, strade deserte, un’atmosfera poco rassicurante.
Quando il narratore lascia questa Parigi infida e va a Rocamadur, in un paesino turistico per rilassarsi, trova proprio lì un suo amico dei servizi segreti e parlano della situazione che non è ancora del tutto stabilizzata, e dopo scopriamo, ritornando a Parigi, che tutti i professori universitari, tranne uno che si è convertito all’Islam, hanno dovuto lasciare l’insegnamento: la Sorbona è chiusa ma tutti sono stati congedati con una buona pensione.
MICHELLE HOUELLEBECQ SOUMISSION SOTTOMISSIONE
Fiumi di danaro saudita lo consentono, il danaro circola più e meglio di prima, e tutto questo è raccontato con dialoghi ad alto livello. Il libro si conclude con la prossima conversione all’Islam dell’autore, conversione che gli procurerà il reintegro nell’insegnamento, dopo qualche mese ci sarebbe stata la ripresa delle lezioni «e ovviamente ci sarebbero state le studentesse — belle, velate, timide… ciascuna di quelle ragazze, per quanto bella potesse essere, sarebbe stata felice e fiera di essere scelta da me e onorata di condividere il mio talamo, e io per parte mia, sarei riuscito ad amarle».
Conclusione: all’autore sarebbe stata offerta una seconda vita, senza molto nesso con la precedente. E non avrebbe avuto niente da rimpiangere.
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