DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Zatterin per “la Stampa”
Sarà un braccio di ferro da guerra fredda. La Commissione accusa Gazprom di «abusare della sua posizione dominante» sul mercato nell’energia per strangolare otto paesi europei e i russi rispondono che si tratta di «obiezioni infondate». Non solo. A Bruxelles che formalizza il sospetto di una manipolazione ingiustificata dei prezzi, il gruppo guidato da Alexey Miller replica invitando a considerare la peculiarità della situazione, a partire dal fatto che si tratta di una «entità di affari controllata dal governo». Non solo un’impresa, dunque, bensì una vera e propria emanazione del Cremlino che, a leggere fra le righe, non ammette di essere giudicata come un’azienda qualunque.
L’ira del Cremlino
La decisione era annunciata, ma ciò non limita la furia di Mosca. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha espresso «sorpresa e rammarico per una mossa ingiustificata» che legge come una sfida politica: «È un azione non amichevole, un tentativo di esercitare pressione sulla Russia e la sua strategia energetica». Il collegamento con la questione ucraina è immediato, per il capo della diplomazia di Vladimir Putin. Eppure Margrethe Vestager, responsabile europeo per la Concorrenza, respinge al mittente le insinuazioni: «È un caso più politico degli altri, ma noi siamo qui per far rispettare le regole nel mercato unico comunitario».
Tre anni di pressing
L’inchiesta è partita nel 2012. Tutti i tentativi di accomodamento e mediazione, secondo i tecnici di Bruxelles, sono risultati inutili. Per la Vestager, in particolare, «i prezzi di Gazprom sono ingiustamente alti». Colpa dell’indicizzazione al petrolio, «che non è illegale mentre può esserlo il modo in cui viene utilizzata». La variazione rispetto alla media dei listini, ha spiegato la danese, «può arrivare al 40%». Alla luce della sua indagine, la Commissione ritiene in via preliminare che Gazprom ostacoli la concorrenza sul mercato della fornitura di gas in Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia. In sostanza, «è impedita la libera circolazione dell’energia».
I nodi sul tavolo
Le restrizioni denunciate dall’Unione comprendono «divieti di esportazione e clausole che impongono l’utilizzo del gas acquistato in un territorio specifico (clausole di destinazione)», e arrivano sino ad imporre l’obbligo ai grossisti. Per impedire il flusso transfrontaliero di gas, Gazprom ha fatto ricorso anche ad altre misure, tra cui l’obbligo per i grossisti di richiedere l’accordo dei russi «per l’esportazione di gas e il rifiuto, in talune circostanze, di modificare il luogo di consegna del gas».
È probabile, insiste la Commissione, che Gazprom sfrutti la posizione dominante sul mercato subordinando le forniture di gas alla Bulgaria e alla Polonia alla concessione di impegni di altra natura da parte dei rivenditori all’ingrosso per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto del gas. «Accuse inaccettabili», tuona Lavrov che ora ha dodici settimane per inviare la sua arringa di difesa.
Il rischio stangata
Se riconosciuto colpevole, per il gruppo potrebbe scattare una multa da 10-14 miliardi, ovvero il 10% del fatturato. Il doppio di quanto rischia Google che, appena una settimana fa, è stata travolta da un analogo procedimento europeo.
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