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Matteo Sacchi per "Il Giornale"
Continua a far discutere Mission , il docu-reality che Raiuno dovrebbe trasmetterà il prossimo dicembre in due puntate (il 4 e l'11). Il braccio di ferro iniziato ad agosto. Di che si tratta? L'idea alla base del programma è questa: inviare volti noti nei campi profughi del Sudan e del Congo e farli vivere come volontari, per mostrare la drammatica situazione di chi li abita. Il tutto con l'approvazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Alcune organizzazioni umanitarie, però, l'hanno presa male. Soprattutto quando hanno iniziato a circolare i nomi dei vip che avrebbero dovuto partecipare al progetto: il cantante Albano Carrisi e le figlie Cristel e Romina Jr, la showgirl Paola Barale, il principe Emanuele Filiberto di Savoia, la giornalista Candida Morvillo e l'attore Francesco Pannofino. La questione è subito rimbalzata alle Camere.
Tra i primi a scendere in campo contro il programma, Gennaro Migliore di Sel, il quale ha bollato Mission come «lesivo della dignità delle persone », e due deputati del Pd che hanno chiesto l'intervento del presidente dalla commissione di Vigilanza Rai Roberto Fico. Il grillino Fico ha prontamente chiesto di visionare il programma e di ricevere in commissione un rendiconto preciso dei rimborsi dati ai vip.
Il direttore di Raiuno Giancarlo Leone se ne è guardato bene, ma ha detto la sua in un'intervista a Prima Comunicazione anticipata ieri da molti siti. Ha difeso il programma: «Raiuno deve aprirsi a temi considerati tabù. Consapevoli che le definizioni hanno un loro senso, abbiamo voluto definire questo programma "social tv"».
Poi ha reso note le cifre che non ha fornito a Fico. I compensi offerti alle star del programma saranno di «settecento euro al giorno come rimborso spese» per il tempo trascorso nei campi. à stato invece più sul vago sulla presenza in studio: verrà contrattualizzata in modo coerente a quelle cifre.
Non bastasse, ha precisato che: «La sola idea che un prodotto della Rai possa essere sottoposto a un'attenzione di soggetti esterni, ancorché autorevoli, come la Commissione di Vigilanza, costituirebbe un precedente sconvolgente nella storia della tivù. Credo che neanche nel dopoguerra, ai tempi della censura del cinema, si arrivasse a tanto».
Una modalità di comunicazione a mezzo stampa che non è piaciuta a Fico. Che del resto per dire la sua usa Facebook: «Ci sono domande specifiche sui compensi di Mission- dice - che la commissione ha posto ed è quindi in commissione che vanno forniti i dati e non solo diffusi attraverso interviste dirette alla stampa ».
Non bastasse: «Il direttore di Rai1 la definisce social tv. Ma non credo che nascondendosi dietro questo nome si azzerino i dubbi riguardo i rischi di spettacolarizzazione del dolore dei rifugiati». E non è affatto detto sia l'ultimo round.
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