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Alberto Mattioli per "la Stampa"
L' unico teatro che non amava era quello noioso. Per il resto, il regista francese Jérôme Savary in scena ha sempre fatto di tutto, passando da Shakespeare a Offenbach e mischiando la prosa e il circo, l'opera e il musichall, il cabaret e la danza. «Ho detto alla gente che la festa è possibile. Volevo che la potesse fare con noi», raccontò. Il suo era un teatro di clown e nani, travestiti e mangiatori di fuoco, mattatori e matti. Ma in questa follia c'era sempre del metodo. Tutto era provato e riprovato e nulla era organizzato come la sua disorganizzazione.
Savary era nato nel 1942 a Buenos Aires da un padre francese, scrittore trasferitosi lì per vivere in una specie di comune di artisti, e da una mamma americana molto wasp, figlia di un governatore dello Stato di New York. A 13 anni è a Parigi, a 23 capocomico. La celebrità , planetaria, arriva con il suo «Grand Magic Circus e i suoi animali tristi», una compagnia dove si respira l'aria trasgressiva e anarchica del Sessantotto incombente.
Gli spettacoli s'intitolano «Le avventure di Zartan», il fratello malamato di Tarzan o «Da Mosè a Mao». Ma Savary monta anche un «Cyrano» rimasto celebre e nell'86, in «Cabaret», rivela ai francesi il talento di Ute Lemper. Racconterà poi: «Non c'era nulla d'improvvisato negli spettacoli del Magic Circus. Ma la compagnia era aperta: la gente arrivava al mattino, senza contratto né stipendio, e la sera scaricava i camion».
Il teatro «ufficiale» lo considera un clown e o lo ignora o lo disprezza. Quando Mitterrand, nel 1988, lo nomina al Théâtre National de Chaillot, l'alzata di scudi è generale: «Ho avuto l'impressione - dirà di essere il primo ufficiale nero dell'esercito americano». Il suo Monsieur Jourdain, nel «Borghese gentiluomo» di Molière, ama il vino e le donne, meglio se nude. Altro scandalo quando, nel 2000, Savary passa a dirigere l'Opéra-Comique, dove resterà fino al 2005.
Nel frattempo monta spettacoli in tutto il mondo. Compresa la Scala, per «Anacréon» e un brutto «Attila» con Muti. E il Regio di Torino con «Carmen». Ancora nello scorso dicembre, devastato dal cancro, dirigeva Michel Galabru in «Tartarin di Tarascona». Questo aristocratico dei guitti lascia quattro figli da tre mogli: Nina è cantante e attrice, Manon regista di teatro, Robinson fotografo e regista cinematografico e Beatriz va ancora a scuola. François Hollande lo ricorda dicendo che «ci mancherà ».
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