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Aldo Grasso per il "Corriere della Serra"
Nell'ultima puntata de «L'infedele» si parlava dei risvolti più concreti della crisi economica («i morsi della povertà »), di come l'astrazione dei numeri abbia sempre un risvolto drammatico e quotidiano, cioè l'indigenza con cui si trovano a fare i conti un numero impressionante (e sempre crescente) di cittadini italiani. Come ha affrontato il problema il governo tecnico (al di là delle lacrime di Elsa Fornero)? Come cambieranno le cose con il nuovo scenario politico che ci attende? Insieme a Lerner e a Enrico Mentana ne discutevano Susanna Camusso, lo scrittore Maurizio Maggiani, il sociologo Aldo Bonomi e Aurora Lussana, direttore de la Padania.
«Dopo più di dieci anni e quasi 350 puntate - ha scritto Lerner - L'infedele saluta e toglie il disturbo. L'ho deciso in cuor mio immediatamente, non appena dalla direzione di La7 mi sono giunte richieste sull'opportunità di spostarne la collocazione in palinsesto». Nei primi anni (a partire dal novembre 2002) L'infedele è servito moltissimo alla rete, le ha dato consistenza, ha contribuito non poco alla sua identità .
L'impressione è che negli ultimi anni, Lerner fosse più interessato a mantenere in vita un proprio salotto (nel senso del salotto francese fra Seicento e Settecento), frequentato con orgoglio da «ospiti sconosciuti», persino dal parrucchiere personale del conduttore, a perseguire un ideale di socievolezza sotto il segno della discussione politica. Senza badare troppo alle cosiddette esigenze televisive (tre ore di talk sono esagerate, persino per un fan).
L'infedele era ed è Gad, gli ospiti gli facevano corona: qualunque argomento venisse affrontato finiva per essere un'occasione offerta a se stesso per dimostrare la propria preparazione, per coniugare la propria «verità » con il rispetto dell'opinione altrui. Accompagnato dal suo cane, scortato da Mentana (in questo momento è lui La7), Lerner si è congedato con un «largo ai giovani!».
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