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"QUALCOSA SI È ROTTO, L'INCANTO DELLA CORONA STA COMINCIANDO A PERDERE IL SUO FASCINO" - ALDO GRASSO SULLA QUINTA STAGIONE DI "THE CROWN": "FORSE PERCHÉ NELLE PRECEDENTI STAGIONI LA REGINA ELISABETTA ERA VIVA E LA SUA SCOMPARSA CI INSTRADA VERSO UNA LETTURA MALINCONICA. FORSE I FATTI NARRATI SONO TROPPO VICINI, LI ABBIAMO VISSUTI DI PERSONA" - "LA CONTIGUITÀ OPACIZZA IL MITO CREATO NELLE PRIME STAGIONI E PROVOCA UN EFFETTO PARODICO" - VIDEO
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Dalla quarta stagione è passato circa un decennio, i personaggi si caricano di anni e di problemi. Il matrimonio tra Carlo e Diana è sempre più fragile, la Corona impone una seconda luna di miele in Italia che non dà gli esiti sperati, anzi. E Carlo (Dominic West, quello di The Affair ), sempre più maldestro, impaziente com' è di salire al trono.
Scosso da troppe serie distopiche, da troppe serie deludenti, ho atteso con impazienza questo nuovo capito di una delle serie più belle e coinvolgenti degli ultimi anni: The Crown (Netflix). Il racconto di Peter Morgan non rinuncia a una scrittura di grande qualità e finezza per descrivere il «sistema» (la monarchia, nelle parole dei componenti la Royal family): le prime immagini mostrano un finto Movietone, il cinegiornale dell'epoca, quasi a voler sottolineare lo scrupolo con cui i fatti vengono descritti.
Qualcosa però si è rotto, l'incanto della Corona sta cominciando a perdere il suo fascino. Forse perché nelle precedenti stagioni la regina Elisabetta era viva e la sua scomparsa ci instrada verso una lettura un po' malinconica. Forse, e credo che questa sia la ragione principale, i fatti narrati sono troppo vicini, li abbiamo vissuti di persona.
La contiguità opacizza il mito creato nelle prime stagioni e provoca inevitabilmente un effetto parodico: l'attore che interpreta Carlo è troppo bello, Diana (Elizabeth Debicki) è ormai uno stereotipo, Mohamed Al Fayed (Salim Daw) diventa un problema di inclusione, la principessa Margaret (Lesley Manville) e Filippo (Jonathan Pryce) sono gli unici che si salvano in una banda di scapestrati. Il ruolo della regina Elisabetta II (Imelda Staunton) ruota continuamente attorno al senso del dovere, quasi un'ossessione, uno spazio di indifferenza emotiva che non aiuta a uscire dalla Storia per entrare nella storia.
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