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Estratto dell’articolo di Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
vasco rossi gianni morandi lucio dalla
Nei cinque episodi che compongono il ritratto (stavo per scrivere il necrologio o l’eulogio, ma mi sono fermato in tempo) di Vasco Rossi non c’è nulla di spericolato. Il momento più eversivo è detto, non mostrato, ed è questo: «Sono sopravvissuto agli anni Settanta, sono sopravvissuto agli anni Ottanta, sono sopravvissuto agli anni Novanta, scegliendo di costruire una famiglia, e uscendo dallo stupido hotel. La scelta più trasgressiva che potesse fare una rockstar». Chissà i suoi molti fan come saranno impazziti a sentire una simile dichiarazione, accompagnata da note ben note.
«Vasco Rossi - Il supervissuto» (Netflix), […] è una di quelle miniserie vistate dagli uffici stampa: mai un’incertezza, mai uno scarto, mai un’infrazione come se «l’epopea umana del più grande rocker italiano» fosse molto simile a quella di Gianni Morandi o di Albano Carrisi: l’infanzia a Zocca (quelli di montagna sono ritenuti zoticoni da quelli di pianura, come noi di Cuneo), i primi concorsi musicali, l’esperienza delle radio libere (PuntoRadio, con registrazioni inedite) e, infine, il «Komandante», cioè i concerti oceanici in stadi e parchi di tutta Italia.
Ma non era meglio intervistare Massimiliano Parente, che ha scritto il libro più intelligente su Vasco, al posto di Gaetano Curreri o di Floriano Fini? No, perché i fan non avrebbero gradito. Loro amano la rockstar all’italiana: la trasgressione che si fa normalità, sempre sospesa tra il maledettismo e il crepuscolare, con testi che sembrano usciti da un’agenzia pubblicitaria […]
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