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1. MACCHINA DEL FANGO SU MARINA BERLUSCONI
Cristiana Lodi per "Libero Quotidiano"
CAMPER CON FOTO MARINA BERLUSCONI jpeg
Il cinismo degli affari che prende il sopravvento, perché quando si tratta di soldi non c’è duellante che dica: «Adesso non gioco più». E la macchina del fango che accelera i ventilatori, perché vede nella pace che non ci sarà il momento più favorevole per colpire. E distruggere.
Insomma la guerra fra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti va avanti come prima, anzi ancora di più, nonostante i due stiano per convolare a nozze. Proprio così, un sodalizio. Interessato, ovvio. Parliamo del clamoroso progetto di business che, stando a indiscrezioni di stampa e a fonti bancarie, i due competitor starebbero per concludere. Ovvero la costituzione di una concessionaria di pubblicità online. Quando? Prima della pausa estiva. Scopo, in termini di denaro? Fare cartello comune contro i giganti del web. Insomma una santa alleanza per contrastare Google e Yahoo.
berlusconi marina fininvest cir esproprio crop display
Ma anche la Rai di Luigi Gubitosi, «colpevole» di avere svenduto la pubblicità per questo Mondiale 2014. Una svolta storica l’unione fra i due rivali sul piano economico e politico, che vede coinvolti quattro partner. Dal lato Cavaliere: Mediamond – joint venture divisa fra Mondadori Pubblicità e Publitalia ’80, concessionaria di Mediaset. Dall’altro l’Ingegnere: la Manzoni, incaricata della pubblicità del gruppo Espresso. A loro si aggiungono Rcs e Banzai.
Ma il dato significativo (sul piano politico) è il gruppo Espresso. Che induce una domanda: come reagiranno Repubblica e testate affini? Tradotto: la macchina del fango andrà avanti o si placherà in virtù del soldalizio Berlusconi-De Benedetti negli affari? Basta andare indietro nove anni per ricordare che il fondo salvaimprese Management & Capitali di De Benedetti aveva già aperto ai figli dell’allora premier. Apriti cielo! I giornalisti di Repubblica si opposero, minacciarono un terremoto. E non se ne fece nulla. Affare addio.
Anche stavolta la notizia ha provocato una specie di cataclisma. Tanto che il settimanale l’Espresso si preparerebbe a sparare il colpo pronto («da giorni» anzi «da settimane») in canna. La testata deve soltanto decidere quando farlo. Segno che la macchina del fango è pronta a colpire.
Contro chi? Marina Berlusconi, presidente di Arnoldo Mondadori Editore. Mai indagata. A quanto pare è lei il bersaglio ideale, in questo momento fatidico. La conferma che la figlia di Silvio da Arcore è nel mirino dell’Espresso, arriva da ilfattoquotidiano.it, che ha raccolto le dichiarazioni del Comitato di redazione del settimanale stesso.
Riportiamo, testuale, dal sito guidato da Peter Gomez: «Con l’azienda non abbiamo mai parlato. Ma dal direttore, due settimane fa, abbiamo avuto garanzia che pubblicheremo un servizio sulle intercettazioni di Marina Berlusconi che abbiamo lì fermo. Sarà in qualche modo la prova del nove», sottolineano i cronisti del Cdr, «che questa novità non andrà a scapito dell’indipendenza della testata». Dunque sta scritto nero su bianco: la macchina del fango è agguerrita più di prima.
Alla faccia del patto nuziale. Vale la pena di ricordare che Marina Berlusconi, intercettata (come noto) al cellulare con il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, sul caso Valter Lavitola e lo scoop del suo giornale che ne aveva annunciato l’arresto nell’agosto 2011, non sia mai stata indagata. Né dalla Procura di Napoli che guidava l’inchiesta sul faccendiere, né da altre. Nulla di penalmente rilevante su Marina. Eppure il settimanale l’Espresso, per dimostrare che la linea politica non è cambiata, nonostante il patto d’affari Berlusconi-De Benedetti, pare pronto a gettare fango.
SILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA
Su cosa? Probabilmente sulle conversazioni fra un editore (Marina) e il direttore (Mulè) di una testata di sua proprietà. Colloqui telefonici che non contengono alcun reato, tanto che il pm di Roma, Nicola Maiorano, ha chiesto e già avrebbe ottenuto dal gip l’archiviazione del caso. Dialoghi rubati (a vuoto) da una microspia e poi stracciati perché privi di contenuto penale. Ma sempre buoni per gettare discredito e, al momento giusto, dimostrare che la macchina del fango funziona. Senza inceppo.
2. MA L'INCHIESTA VA VERSO L'ARCHIVIAZIONE
Cristiana Lodi per "Libero Quotidiano"
Un cancelliere del Tribunale di Napoli accusato di avere “tradito” il suo ruolo e consegnato gli atti segreti dell’inchiesta sul faccendiere Valter Lavitola e Silvio Berlusconi a un avvocato amico, il quale avrebbe poi passato lo “scoop” al settimanale Panorama. I pubblici ministeri che chiedono l’interdizione del cancelliere stesso.
Silvio Berlusconi e CArlo De Benedetti jpeg
Il gip che rigetta la richiesta, denunciando le presunte lacune di un’indagine bollata come una somma di «mere congetture». Gli stessi pubblici ministeri che (oltre all’avvocato Alessandro Maresca che avrebbe passato le carte e favorito lo scoop) mettono sotto inchiesta il direttore di Panorama Giorgio Mulè e il giornalista che ha redatto l’articolo, anticipando che a carico di Valter Lavitola c’era una richiesta d’arresto. Rivelazione di segreto e corruzione, i reati contestati ai due giornalisti.
L’ARRESTO DI LAVITOLA
SILVIO BERLUSCONI CARLO DE BENEDETTI
È il 25 agosto quando il settimanale della famiglia Berlusconi, svela la richiesta d’arresto - allora, segretissima - a carico di Valter Lavitola, di Giampaolo Tarantini e consorte con l’accusa di tentata estorsione ai danni dell’ex presidente del Consiglio. Sebbene compaia nell’inchiesta come vittima, l’istruttoria (stando all’accusa) allarma Silvio Berlusconi, a causa delle escort che Tarantini avrebbe portato a Palazzo Grazioli nel 2009.
Per i magistrati inquirenti, lo scoop di Panorama induce Lavitola a fuggire e darsi alla latitanza a Panama. Dall’estero il faccendiere chiama Berlusconi, che gli dice: «Resta dove sei». Basta e avanza per ipotizzare un complotto che invece non sta in piedi.
TUTTI INTERCETTATI
Carlo De Benedetti e Marina Berlusconi
Venti giorni prima della pubblicazione della notizia dell’arresto di lavitola c’è stato un accesso abusivo al pc del giudice Amalia Primavera che ha firmato il provvedimento. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato proprio il cancelliere Marco Reale a copiare il file e a passarlo all’avvocato Maresca, frequentatore assiduo di quegli Uffici.
Il penalista, a sua volta, lo avrebbe girato al cronista del settimanale Giacomo Amadori, in cambio di aiuto «per la pubblicazione di un libro». Ma per il giudice di Napoli, Anita Polito, «difficilmente un cancelliere esperto come Reale avrebbe rischiato il proprio lavoro per aiutare un amico a pubblicare un libro».
Carlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele Confalonieri
Nella richiesta dei pm sono citate anche le mail del 19 agosto 2011 tra il direttore di Panorama e Amadori. Il cronista scrive a Mulè: «Le richieste della fonte le conosci». E lui risponde: «Se vuole ti dia le carte, ma tu non prendere alcun impegno. Di alcun tipo, di nessun genere».
Giornalista e direttore vengono intercettati per due anni. E sul telefono di Giorgio Mulè viene intercettata anche Marina Berlusconi. La figlia dell’ex presidente del Consiglio, però, non viene indagata. Il nome di Marina non finirà mai sul registro. Ma le conversazioni con il direttore della testata di sua proprietà, sarebbero finite nella redazione dell’Espresso. E il settimanale, adesso, sarebbe pronto a pubblicarle per dimostrare che gli affari stretti fra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti, che presto diventerebbero partner di una concessionaria di pubblicità online, «non cambiano la linea editoriale del settimanale».
NESSUN REATO
La macchina del fango, dunque, non si ferma. E poco importa che le conversazioni carpite, riguardanti Marina, non abbiamo alcuna rilevanza penale. Poco importa anche che l’inchiesta a carico del giornalista di Panorama e del direttore Giorgio Mulè si stiano avviando verso l’archiviazione.
È notizia di ieri, infatti , che il pm di Roma Nicola Maiorano abbia chiesto (e secondo quanto risulta a Libero avrebbe ottenuto) dal giudice la chiusura del caso. La macchina del fango, dunque, si mette in moto non solo sulle conversazioni fra Marina Berlusconi e il direttore Giorgio Mulè che non hanno mai comportato alcun reato, ma anche su un’inchiesta destinata a finire nel nulla.
3. BERLUSCONI, DE BENEDETTI E RCS: LE LARGHE INTESE DELLA PUBBLICITÀ SUL WEB
E. Bianchini e T. Mackinson per www.ilfattoquotidiano.it
Si sono scontrati per decenni a suon di dichiarazioni e battaglie legali, culminate con il risarcimento da parte di Fininvest di 494 milioni di euro per il Lodo Mondadori. Ma ora i rapporti tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti, da sempre competitor e rivali sul fronte politico, potrebbero essere a un punto di svolta e risolversi in un progetto di business. Nei piani dei due imprenditori, secondo quanto rivelato da fonti bancarie a Il Messaggero e Dagospia, c’è la costituzione di una concessionaria di pubblicità online. Quando? “Prima della pausa estiva”. L’obiettivo: fare cartello comune contro i giganti del web come Google e Yahoo! e contro la Rai di Luigi Gubitosi, rea di avere svenduto la pubblicità per i mondiali del Brasile.
I partner coinvolti sono quattro: sul fronte di Arcore c’è Mediamond – joint venture divisa tra Mondadori Pubblicità e Publitalia ’80, concessionaria di Mediaset - su quello dell’Ingegnere la Manzoni, incaricata della pubblicità del gruppo Espresso. A loro si aggiungono Rcs e Banzai, società controllata da Palo Ainio e dalla Sator di Matteo Arpe. Il business comune tra il Cav e l’Ingegnere sarebbe una svolta storica, ma già in passato ci sono stati tentativi per fare affari insieme.
Bisogna tornare al 2005, quando il fondo salva-imprese Management & Capitali di De Benedetti, ricorda Dagospia, aveva aperto ai figli di Berlusconi, che all’epoca Berlusconi era presidente del Consiglio. Ma le firme di Repubblica si opposero e non se ne fece nulla. Stavolta, invece, bocche cucite dal giornale. Almeno per ora. Il comitato di redazione – organo sindacale aziendale dei giornalisti – a ilfattoquotidiano.it taglia corto: “Non vogliamo commentare né fornire alcuna informazione”.
Non rivelano se l’operazione sia stata appresa dai giornali o se fosse già stata illustrata in azienda, né tanto meno se intendano prendere posizione. Silenzio anche al Corriere, dove nel cdr c’è chi era all’oscuro dell’operazione e chi invece spiega di “non avere ancora trovato una linea comune” sulla nascente società di adv online. Non sanno nemmeno se la troveranno a breve e in ogni caso “dipende dagli sviluppi”.
Più battagliera la reazione del Cdr de L’Espresso che, del resto, ha in pancia la prova regina sul fatto che l’accordo tra nemici possa avere effetti anche sulla linea editoriale. “Con l’azienda non abbiamo mai parlato”, dicono i giornalisti incalzati anche sulle voci di un servizio sulle intercettazioni inedite di Marina Berlusconi fermo da giorni. “Due settimane fa abbiamo avuto garanzie dal Direttore che lo pubblicheremo. Sarà in qualche modo la prova del nove che questa novità non andrà a scapito dell’indipendenza della testata”, spiegano ancora, certo sorpresi che le larghe intese si stiano estendendo a forme di compartecipazione e cointeressenza economica e finanziaria tra gruppi concorrenti.
Giampaolo Tarantini foto da Oggi
Il progetto, visti i protagonisti, ha i numeri per scatenare un terremoto sugli equilibri del mercato di settore. Di certo sarà osservato attentamente dall’Antitrust. Se la messa a punto dell’asse tra eterni rivali sorprende, il fronte comune si era comunque già delineato da tempo. L’ultimo segnale a fine giugno, quando nel corso di un convegno sull’economia digitale organizzato dal presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e Carlo De Benedetti si erano trovati d’accordo su tutta la linea.
Ovvero che i big di internet devono pagare le tasse dove fanno utili e fatturato, così come fanno gli editori. E ora che si avvia il semestre europeo a guida italiana il premier Matteo Renzi deve mantenere la promessa fatta di portare il problema in sede europea, trovando anche una soluzione. Ma, a differenza di Google, Berlusconi, De Benedetti e Rcs sono anche editori. Non solo: rappresentano una parte considerevole del settore in Italia. Quindi, dato il loro peso sul mercato, se la società prenderà il via, ci saranno ripercussioni su altri editori e altre concessionarie di pubblicità.
E poi c’è il fronte calcio. Perché, scrive ancora Dagospia, “non è un segreto che Biscione, Rcs e Manzoni siano allibite per come Luigino Gubitosi ha gestito la vendita degli spazi pubblicitari dei Mondiali brasiliani”. Nemici comuni per un eventuale orizzonte di affari.
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