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UN SACCO BULLONAIRE - DALLA ROTTURA CON LA "PESANTE" NAOMI CAMPBELL AL FIGLIO CHE BISOGNA CHIAMARLO ''NATHAN FALCO'' (SOLO NATHAN S'INCAZZA) -IL RICORDO DI SCHUMI "TIMIDO" E DI ANDY WARHOL: “UN TIPO STRANO A CUI NON DAVAMO TROPPA IMPORTANZA”

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Michela Proietti per il “Corriere della Sera”

 

In prima, seconda e terza elementare, la «signora maestra» di Flavio Briatore è stata la mamma. «Sono figlio di insegnanti, ero in classe con loro. In quarta e quinta sono passato nell' aula di mio padre. E siccome ha bocciato mezza classe, in quinta elementare ha bocciato anche me».
 

L' infanzia è già un anticipo della vita adulta di Flavio Briatore: un avvitarsi si sconfitte inattese e successi altrettanto imprevedibili. «Per questo i ragazzi mi stimano e ho followers anche di 18 anni.

 

Sono uno di loro, alti e bassi, ma ho sempre guardato avanti. Però, sia chiaro, io twitto poco: in fondo è una rottura». Da Verzuolo, in provincia di Cuneo, alla «FB» suite al Principe di Savoia di Milano, Flavio Briatore racconta il film della sua vita e sembra di ascoltare mille esistenze diverse. «Ma ne ho vissuta una sola, e spero duri più a lungo possibile».
 

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Latte e castagne

Un' infanzia semplice, a Montaldo di Mondovì, con il papà che aveva comperato una '600 di quarta mano e la mamma che cucinava carne una volta a settimana. «Il cibo di tutti i giorni era latte e castagne. Un piatto povero, che adoravo».
 

Le rinunce non pesavano. «Quando non conosci cosa c' è oltre al tuo mondo, non desideri». La città più vicina era Mondovì, tre ore andare e tre a tornare. «Se nevicava, poteva farne anche 4 metri: il posto che mi piaceva di più, durante quegli inverni, era la stalla calda di mio nonno». D' estate, il posto che gli piaceva di meno era la colonia. «Ci sono rimasto 3 giorni: poi hanno dovuto chiamare i miei, per me l' esperienza era conclusa».
 

BERLUSCONI E BRIATORE A MALINDI NEL 2012BERLUSCONI E BRIATORE A MALINDI NEL 2012ALONSO BRIATOREALONSO BRIATORE

Il primo assaggio di città è a Cuneo, quando si iscrive all' Istituto per Geometri: vita da pendolare, «dalle 7 del mattino alle 7 di sera». Lì ha capito una cosa. «Avevo un amico di 28 anni, era un fuoricorso all' Università. Guardando lui ho capito quale era la fine che non volevo fare. Così, a 19 anni già lavoravo». La vita, da subito, prende un passo svelto.

 

«Eravamo un gruppetto di belli e simpatici, capaci di rompere il ghiaccio e conoscere facilmente una ragazza. Tutti volevano stare con noi, ci ospitavano in vacanza. In ogni gruppo ci sono sempre quelli più ricchi, e molto spesso sono anche i più pirla».

 

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La Milano anni Ottanta è il liquido amniotico ideale per l' embrione di Flavio Briatore. Di giorno collabora con il finanziere Giorgio Patroncini, di sera vive la mondanità dell' epoca. «Erano gli anni d' oro del Nephenta (il club delle modelle) e noi eravamo fissi al Principessa Clotilde Residence, dove dormivano tutte le top model. Con una di loro, mi sono sposato» .
 

Andy Warhol. Chi era costui?

Con New York, dove lavora per qualche anno, è amore a prima vista. «È la città che ho amato di più. All' epoca, allo Studio 54, incontravi Bianca Jagger e Andy Warhol. Ma era un tipo strano e non gli davamo troppa importanza».

 

Il trucco era arrotondare nei ristoranti.

«A New York le mance sono importanti. Ogni giorno si svegliano milioni di persone decise a fare anche un solo dollaro: non c' è la passione per un lavoro, ma un individualismo sfrenato che mira al progresso personale. In America c' è rispetto per la gente che fa strada: da noi, chi ha successo è invidiato».

 

FLAVIO BRIATOREFLAVIO BRIATORE

Il ritorno in Italia è legato a una grande occasione: Luciano Benetton, amico degli anni milanesi, gli propone di lavorare in F1 come direttore esecutivo.

 

«Luciano è stata la persona che mi ha aiutato di più. Prima di lui non sapevo cosa fosse la F1: abbiamo trasformato uno sport grigio di ingegneri e meccanici, in qualcosa di mondano e commerciale. Coloravamo le gomme delle auto e avevamo i tecnici in camicia bianca».

 

Nel 1994, i «fabbricanti di magliette», vincono il titolo mondiale con un giovane pilota tedesco.
 

«Ho chiesto a Senna di correre per noi, ha riso. Michael Schumacher me lo voglio ricordare come la prima volta: così timido da non riuscire a parlare, ma quando cominciava a guidare il mondo intorno non era più lo stesso. Peccato sia andato alla Ferrari, avremmo vinto ancora. Ma capisco che un pilota sogni di guidare una Rossa, prima o poi» .
 

serena grandi prende per il culo la gregoraci e briatoreserena grandi prende per il culo la gregoraci e briatore

Nathan Falco. Che ha 28 anni Oggi Flavio Briatore vive a Monaco. « La politica? Ha tempi troppo lunghi, non fa per me. Ora all' estero l' Italia ha un' immagine migliore, ma non punta sul turismo: dipendesse da me, Matteo Renzi avrebbe il Colosseo stampato sul biglietto da visita».
 

La Sardegna è un luogo del cuore: lì è partito il progetto Billionaire. «Quando ero ragazzino andavo apposta a Montecarlo per vedere come erano fatti i ricchi: scendevano dalla barche belli gonfi, con il sigaro, veri «billionaire». Quando ho aperto il locale mi suggerivano nomi da pizzeria, come "Azzurro". Ho detto: facciamo comunicazione vera, chiamiamolo Billionaire. Nasce lì il mito delle slippers («chi lavora deve stare comodo») e degli occhiali azzurri. «Illuminano il volto e puoi guardare senza essere visto. Li regalo agli amici, a Panariello li ho dati. A Crozza no».
 

briatore gregoraci al party de grisogono briatore gregoraci al party de grisogono

In mezzo ci sono gli amori famosi: prima Heidi Klum («abbiamo una figlia, ma a farle da padre è stato Seal»), poi Naomi Campbell: «Una donna difficile, e non per il carattere. Ha una popolarità smisurata, nel profondo Texas la riconoscono: certi presidenti se li dimenticano, Naomi no. Starle vicino era pesante, ma non voleva una famiglia, quello che per lei contava era la carriera».
 

La prima fidanzata italiana si chiama Elisabetta Gregoraci, e la sposa. «Intorno al mio matrimonio ho sentito molto pregiudizio. Lei è la donna della mia vita: non si arrabbia mai e tiene unita la famiglia. L' ho sposata anche per rispetto dei suoi genitori e perché volevo un figlio».
 

Nathan Falco ha due nomi e cinque anni. «Se lo chiamo solo Nathan si arrabbia. È un bambino fortunato, già parla l' inglese, senza la mia pronuncia "Black&Decker", fai da te».

 

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A lui ha deciso di non raccontare le favole, ma la realtà. «Elisabetta mi rimprovera, dice che gli parlo come a un ventottenne. Forse ha ragione, ma magari quando lui sarà grande io sarò "bollito". Certe cose ho deciso che gliele spiego ora».