DAGOREPORT - CON UN MINISTRO DEGLI ESTERI (E UN GOVERNO) ALL'ALTEZZA, CECILIA SALA NON SAREBBE…
DA "PANORAMA":
2 - LA LEI SFORBICIA IL BUDGET, «BALLARû SI ACCORCIA...
Una puntata in meno a testa per Ballaró e Chi l'ha visto? a Rai 3, Rai 1 che riduce Occhio alla spesa a rubrica di Unomattina e Rai 2 che rinuncia al costoso format The voice. Con la nuova sforbiciata al budget (per tamponare la flessione dei ricavi pubblicitari il cda ha appena tagliato 46 milioni di euro, 9,5 dei quali complessivamente a Rai 1, Rai 2 e Rai 3) i direttori delle tre reti generaliste sembrano i concorrenti di Peking Express, il nuovo reality autunnale di Rai 2 nel quale i concorrenti dovranno raggiungere Pechino da Bombay con soli 2 euro al giorno.
Il dg Lorenza Lei segue la stessa linea e a viale Mazzini il morale è a terra: a Rai 1, dove non arriverà nessun Fiorello a salvare gli ascolti, prevedono un'estate di repliche record. Unica novità , Mezzogiorno di fuoco con Paolo Limiti e la bionda violinista Nancy Squitieri, in onda da Milano e sostenuto dal vicedirettore Antonio Marano. Rai 3 conferma il nuovo programma di Pippo Baudo ma rimanda a gennaio la ripartenza di Paese reale. Programmi che non saranno neanche tanto autopubblicizzati: alla direzione che si occupa anche degli spot interni sono stati appena tagliati 2 milioni di euro. (A.P.)
3 - CARROZZONE ADDIO, LA RAI DI MILANO RIPARTE CON CANCIANI...
Il posto, strategico, di direttore del Centro di produzione tv Rai di Milano era rimasto scoperto per anni. A occuparlo, dal 21 maggio, andrà Renzo Canciani, 59 anni. Sindacalista della Uil e poi dirigente all'Alfa Romeo, Canciani è stato direttore della sede della Valle d'Aosta, responsabile della gestione produzione tv di Milano e quindi capo della sede regionale per la Liguria. Canciani guiderà un migliaio di addetti negli studi di via Mecenate e di corso Sempione. La sua missione? Cancellare l'immagine del carrozzone, e dare una «nuova anima al secondo centro di produzione italiano». (M.T.)
4 - 007, BRACCIO DI FERRO DOPO IL BLITZ...
Hanno deciso in tre, avvertendo in ritardo anche alte cariche istituzionali. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, quello del Copasir, Massimo D'Alema, e Gianni Letta fin da giovedì 10 maggio avevano stabilito che il giorno successivo il Consiglio dei ministri avrebbe nominato Gianni De Gennaro sottosegretario di Palazzo Chigi con delega ai servizi e che l'ambasciatore Giampiero Massolo lo avrebbe sostituito al vertice del Dis, il dipartimento che coordina Aise e Aisi. Le nomine hanno innervosito i partiti, soprattutto il Pdl, che hanno appreso del blitz in un vorticoso giro di telefonate nella mattina dell'11 maggio e che ora vogliono dire la loro.
Restano in ballo, infatti, le sorti del generale dell'Esercito Adriano Santini, direttore dell'Aise, che dovrebbe restare fino al termine del mandato che scade tra un anno e mezzo, e del generale dei Carabinieri Giorgio Piccirillo, che guida l'Aisi. Torna la lotta Polizia-Carabinieri: De Gennaro vorrebbe che il servizio interno venisse diretto dal prefetto Alessandro Pansa, mentre l'Arma pretende un suo uomo. Due i nomi: i generali Arturo Esposito e Stefano Orlando. Scarse invece le possibilità di una proroga a Piccirillo. (Stefano Vespa)
5 - DI CATERINA ANNUNCIA UN SAGGIO SHOCK SUGLI AFFARI DI PENATI & CO...
E il Pd trema. Con le sue dichiarazioni ha infranto il mito della Stalingrado d'Italia e creato guai seri all'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, accusato dalla Procura di Monza di corruzione e finanziamento illecito ai partiti. Ora Piero Di Caterina, gola profonda di Sesto San Giovanni, impugna la penna.
Per scrivere una lettera al Fatto sul marcio della politica e un libro che fa tremare parecchie gambe. Lui che si è autoaccusato di essere stato l'intermediario negli affari poco chiari del Pd mette su carta quanto non gli è stato chiesto dai pm. «Tante cose ancora non si sanno» dice a Panorama «o sono emerse in modo parziale. Non mi limiterò a raccontare di Penati, con questa gente ho vissuto trent'anni e li conosco bene». (G.S.T.)
6 - PIANISTI LEGHISTI NEL MIRINO DI ROSI...
Tempi duri per i senatori pianisti, soprattutto se leghisti. Il 9 maggio la presidente di turno Rosi Mauro ha platealmente pizzicato il capogruppo leghista, Federico Bricolo: «Vedo benissimo che sta votando per il senatore Calderoli». Imbarazzo nelle file padane. Mauro, dopo l'espulsione dalla Lega per la vicenda Belsito, nei confronti degli ex compagni ha il dente parecchio avvelenato.
7 - CECCHERINI FESTEGGIA CON STATO E CHIESA
Prima da Giorgio Napolitano, poi da Tarcisio Bertone: l'Osservatorio permanente giovani editori presieduto da Andrea Ceccherini ha festeggiato i suoi 10 anni con due udienze al Quirinale e in Vaticano. Ceccherini, artefice dell'operazione «Il quotidiano in classe», ha ricordato che l'Italia sta vivendo un'emergenza educativa e ha quindi proposto di rilanciare l'ora di educazione civica.
8 - SUL «LIBRO DEI FATTI» FIRMA NAPOLITANO...
Cinque inserti fotografici con i principali eventi mondiali, i 20 fatti più importanti e la cronologia dell'anno. Edito dalla Adnkronos libri, è appena uscito il nuovo «Libro dei fatti 2012». La novità di quest'anno è lo speciale «Quale Italia nel 2013», corredato dai messaggi ai lettori delle massime istituzioni, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco.
9 - CHE SIA LA VOLTA IN CUI IL MANIFESTO CHIUDE DAVVERO?...
Tanto tuonò che piovve? Nonostante quasi 33 milioni di euro di finanziamento pubblico ricevuti tra il 2004 e il 2011, è infatti la tredicesima volta che Il Manifesto annuncia la sua chiusura. La prima fu nel lontano marzo del 1999, quando il quotidiano arrivò persino a svendere i ricordi al miglior offerente: «Asta la victoria» annunciò il giornale «avendo disperato bisogno di soldi, abbiamo deciso di vendere i gioielli di famiglia». All'asta finirono il posacenere del direttore, la prima Olivetti entrata in redazione, gli striscioni del corteo contro Silvio Berlusconi e gli orologi di Altan.
Eppure l'anno prima per risanare i conti in rosso Il Manifesto aveva chiamato addirittura Sergio Cusani, il manager simbolo di Tangentopoli. Nel 2006, un'altra disperazione pubblica, tra le più vibranti: «Siamo in crisi, rischiamo di morire». In pochi mesi il giornale raccoglieva 1 milione e mezzo di euro con le sottoscrizioni di affezionati, ben 20 mila dalla sola Loredana Berté.
E dire che l'anno prima, quando uno dei fondatori, Valentino Parlato, chiedeva ai lettori l'ennesima «rottura di scatole», dava una valenza positiva: la crisi sarebbe stata «condizione di longevità ». Ma oggi, a 41 anni dalla sua fondazione, Il Manifesto (ri)annuncia la chiusura. (F.B.)
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