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Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"
Tenero Balotelli, con i capelli gialli tagliati come un indiano mohicano e gli orecchini che luccicano, così gradasso, spaccone, ma in fondo solo un ragazzo di 22 anni che cammina verso il pullman solitario e ciondolante, pensieroso, e il dolorino al ginocchio destro non c'entra.
Deluso Balotelli, perché ha capito che Prandelli si è stancato di aspettare il suo talento, contro l'Irlanda andrà in panchina e i compagni non hanno detto mezza parola, anzi. Pericoloso Balotelli, con i suoi scatti d'ira, la presunzione che diventa arroganza o negligenza, però alla fine molto più pericoloso per se stesso che per gli altri (a parte quando incendia casa o distrugge la sua Bentley bianca). Certo gli altri, qui, in quello spogliatoio, non gli hanno reso la vita facile. Da subito.
Alla prima conferenza stampa dentro Casa Azzurri - la nazionale arrivata da appena un giorno -, Thiago Motta, interpellato sul suo ex compagno ai tempi dell'Inter, risponde così: «Mario fa arrabbiare me e anche gli altri. L'ho ritrovato come lo avevo lasciato a Milano» (e avreste dovuto vedere lo sguardo di Motta, mentre parlava).
Poi giochiamo contro la Spagna, Balotelli si mangia il gol che forse ricorderete (conquistò un gran pallone ma, davanti a Casillas, indugiò, in un miscuglio di egoismo e incertezza). Entra Totò Di Natale e segna. Un'ora dopo, quando Totò esce nella mix zone, la zona delle interviste, sfoggia un sorriso largo così, che si spegne solo quando gli chiedono se ha parlato con Balotelli. Risposta: «No, con Balotelli non mi sono detto niente».
La solitudine del giovane Mario diventa evidente, plastica, quando arrivano le mezze giornate di libertà concesse da Prandelli. De Rossi esce con Pirlo. Cassano con la famiglia. Chiellini e fidanzata insieme a Giaccherini e moglie. Borini è con il padre.
Balotelli viene avvistato, isolato, nella grande piazza del Mercato, con una ragazza bruna. I fotografi gli ronzano intorno, lui sbuffa nervoso.
Come l'altra sera, contro la Croazia, quando Prandelli lo sostituisce per la seconda volta in due partite. Si vede il broncio, si vede che vorrebbe mangiarsi il mondo a morsi: ma, per una volta, riesce a trattenersi. Stringe la mano al c.t., va a sedersi in panchina. Però quando prende posto, solo Borini si volta e gli dà una pacca sulla spalla. Gli altri undici lo ignorano, continuando a guardare la partita.
Non lo ignora Claudio Marchisio, sabato. Solita conferenza stampa a Casa Azzurri, solita domanda su Mario. E Marchisio, quasi definitivo: «Si vede che ha tanta rabbia dentro, che soffre quando viene sostituito... Però Mario deve capire che le occasioni, prima o poi, finiscono».
Tutti severi con Mario. E distanti (nei primi giorni di ritiro, a Coverciano, Mario almeno faceva coppia fissa con Cassano. Battute, grandi risate. Poi qualcosa dev'essersi incrinato: ora Cassano è sempre insieme a Di Natale). Viene il buio, la nazionale lascia lo stadio. Sul pullman, Balotelli è seduto in fondo, solo, e con la mano fa ciao a due bambini.
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