DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Maurizio Belpietro per “la Verità”
C'è del buono in Europa. O meglio: quasi sempre c'è del marcio, ma talvolta da Bruxelles arriva qualche lieta novella. Quella più recente riguarda la Rai. La nostra tv di Stato, ossia un ente pubblico che fino a ieri se n'è impipato dei vincoli agli stipendi dei manager e anche della spending review, d'ora in poi dovrà adeguarsi alle regole della pubblica amministrazione. Su pressione della Ue, infatti, il cavallo pazzo di Viale Mazzini è stato costretto a entrare nel recinto della pubblica amministrazione, né più né meno come un ministero. Risultato, al pari dei vari dicasteri sarà tenuto a osservare le norme imposte agli uffici statali.
Che cosa significa? Semplice. Che da venerdì scorso, giorno in cui la Rai è entrata di diritto nel novero delle aziende statali, le assunzioni non potranno essere fatte come lo erano fino a ieri, ossia per chiamata diretta, ma attraverso un percorso di selezione un po' più rigoroso di quello applicato con i vari consulenti dal direttore generale. Le stesse regole dovranno essere adottate per gli appalti. Altro che assegnare in via riservata contratti milionari a società chiamate a produrre spettacoli e talk.
A cominciare dall'adozione delle nuove misure, ogni servizio da mandare in onda dovrà essere messo a gara. Si vuole realizzare un programma per la prima o seconda serata? Bene, a decidere chi lo dovrà fare non saranno i vertici aziendali sulla base di un criterio personale e non ben definito. Si dovranno fissare dei parametri, dei costi, delle caratteristiche da rispettare e successivamente la Rai dovrà fare un' asta pubblica, a cui potranno partecipare tutti gli aventi diritto, non solo le ditte di Roberto Benigni o Michele Santoro o di altri Vip della tv.
Insomma, le forniture per la tv pubblica dovranno rispettare le regole degli appalti pubblici, con tanto di controllo non solo della Corte dei conti, ma anche dell' Authority anticorruzione di Raffaele Cantone, la quale avrà titolo per mettere il naso nei diversi bandi e sulle procedure seguite da viale Mazzini. Per la Rai si tratterà di una rivoluzione e della fine di un sistema collaudato che ha consentito alla televisione di Stato di godere di una sorta di extraterritorialità rispetto al grande Moloch dell'apparato statale.
Pur essendo al 100 per cento controllato dal ministero dell'Economia, il cavallo della tv pubblica non è mai stato imbrigliato dalle regole valide nei ministeri. La Rai ha sempre potuto comportarsi più come un'azienda privata il cui azionista era la politica, ossia il partito di governo, che di Stato. Semmai, l'unico obbligo che quest'ultimo aveva, era di ripianare le perdite facendo quadrare un bilancio che spesso era in rosso per via dei buchi determinati da cattiva gestione.
Sta di fatto che con l'introduzione del canone in bolletta, e dunque con la lotta all'evasione voluta da Matteo Renzi, il problema della Rai pareva risolto. E invece no. Non soltanto gli introiti della tassa tv sono inferiori di circa il 40 per cento rispetto al reddito prefigurato, ma ora arriva anche la tegola europea che obbliga l'Istat a calcolare l' ente televisivo nel perimetro della pubblica amministrazione, applicandone le regole sia per quanto riguarda il debito sia per ciò che attiene alle procedure. Il rispetto dei vincoli, per la Rai, rischia di essere un brutto colpo.
Abituati a fare e disfare come se fossero una Repubblica nella Repubblica, i dirigenti dell'ex Eiar dovranno uniformarsi a ciò che è in vigore nelle Asl e negli altri uffici della pubblica amministrazione. Tanto per essere chiari, invece di assumere uno dietro l'altro funzionari e consulenti, saranno costretti a un blocco delle assunzioni per almeno sei mesi. Basterà a rimettere sui binari della normalità la tv di Stato?
Probabilmente no, perché la soluzione del cosiddetto servizio pubblico è rappresentata dalla concorrenza. Invece di lasciare alla Rai il monopolio, si dovrebbe cioè bandire un'asta per conferire alle emittenti che ne abbiano i requisiti l'incarico di informare gli italiani in maniera trasparente, equilibrata e perfino economica. Purtroppo, a una gara pubblica per assegnare il servizio pubblico, non si è ancora arrivati, ma il rece pimento da parte dell'Istat delle regole europee sui bilanci delle aziende statali è già un buon inizio. Adesso aspettiamo la fine, con la cessione della Rai ai privati. Ne guadagnerebbero gli ascoltatori.
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