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Massimiliano Castellani per “Avvenire”
Personalmente leggo Aldo Grasso dai tempi della Scuola di Giornalismo di Urbino con la stessa deferenza studentesca con cui mi abbeveravo alle fonti classiche e alla triade editorialista, Biagi, Montanelli, Bocca. E con l'occhio cinico dell'universitario che aveva strappato il voto all'esame, mi divertivo a censire dalle colonne del "Corriere della Sera" i promossi e i bocciati del teleschermo stilati dalla cattedra del professor Grasso. Corsivi corsari, corrosivi, elegantemente ironici, a tratti sarcastici (supponente no, non si dice) si ritrovano anche nella sua raccolta castigat ridendo mores, Padiglione Italia (Solferino, pagine 268, euro 18,00).
Il sottotitolo Bestiario fantastico per un Paese paradossale, fa capire che l'autore è un contemporaneo per caso, e che da tempo è nell'aeropago degli scriba massimi, che dalle pagine di questi strani oggetti cartacei in disuso, quali sono diventati i quotidiani, riesce ancora a fare opinione. E lo fa partendo da Esopo e dalla rilettura che ne dà il suo nobile corregionale piemontese, Emanuele Tesauro ( Torino 1592-1675).
La politica di Esopo Frigio di Tesauro, ci spiega Grasso, rappresenta le fondamenta dei suoi 'Padiglioni'. Un'opera di martellamento quotidiano contro la malapolitica e il malcostume dilagante, di cui siamo più o meno responsabili, noi 60 milioni di condomini di quella «grande casa di appuntamenti - scrive Grasso - dove infilzando il prossimo a uso di mondo, cedendo ai pettegolezzi, abbandonandosi al chiacchiericcio, incontriamo furtivamente noi stessi».
Filosofale prof. Grasso, che fu anche responsabile dei programmi della brevissima era della "Rai dei Professori", in Padiglione Italia usa un timbro boccaccesco e diverte molto nel suo passaggio dal decamerino degli artisti del piccolo schermo, al decamerone del Palazzo della politica. Qui il bestiario offre materiale critico da Grasso che cola. La penna del teletribuno si fa acuminata e le favole di Esopo, nello specchio deforme in cui si riflette il volto del Paese reale, diventano favolacce.
Per il fine massmediologo la piaga insanabile di questo tempo è comunque la malacomunicazione. «Nello schema classico della comunicazione c'è un fattore che si chiama 'rumore', un inevitabile, distorcente disturbo ambientale creato dal contesto sociale. Se oggi proviamo un senso di disorientamento, le colpe vanno divise fra una leadership poco carismatica e un ambiente comunicativo alimentato dalla rissa o dai profani e dal flusso indistinto di informazioni che ci investe ogni istante, nella finta democrazia dei social».
Grasso con il coraggio civile che lo contraddistingue, oltre che con cuore impavido granata, fa i nomi e i cognomi di tutti i responsabili (anzi gli irresponsabili) principali di questo scenario apocalittico, in cui, ahinoi, siamo tutti, almeno virtualmente integrati. Nelle favole padiglionesche vengono tratteggiati magistralmente i profili dei personaggi. Ci sono tutti i grilli sparlanti, i draghi furenti, i frutti esotici e i meloni, i salvati (pochi) e i salvini (troppi). E poi per tornare al suo mondo d'arte varia, c'è quella categoria artistica dello «scroccone ».
Pertanto Grasso avverte: «Il grado di civiltà di una società si misura dal numero di scrocconi che tollera». L'unica ancora per sfuggire all'orda degli scrocconi imperanti, è continuare a leggere e ad informarsi correttamente. E per mantenere sempre acceso lo spirito critico e conservare quella sana ironia che preserva dalla catastrofe, servono letture forti e di riflessione, e per questo Grasso ci ricorda che «chi trova un buon libro trova un Tesauro».
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