La biografia di steve jobs - il rapporto con john ive, genio del design e creatore del meglio di apple

20 ott 2011 14:55

1 - LA CONQUISTA DELLA SEMPLICITÃ€

Estratto del libro "Steve Jobs" di Walter Isaacson pubblicato da "la Stampa"

Quando, nel settembre 1997, Jobs, da poco diventato CEO, riunÃ¬ il top management per pronunciare un discorso d'incoraggiamento, seduto tra il pubblico c'era un sensibile e appassionato trentenne inglese, responsabile del reparto design. Jonathan Ive, noto a tutti come Jony, aveva in animo di lasciare l'azienda. Il fatto che ci si concentrasse piÃ¹ sulla massimizzazione del profitto che sul design dei prodotti non gli andava giÃ¹.

Il discorso di Jobs, perÃ², lo indusse a soprassedere. Â«Porto nitidamente impresso nella memoria il momento in cui Steve dichiarÃ² che il nostro obiettivo non era soltanto guadagnare, ma anche creare prodotti eccellentiÂ» avrebbe poi ricordato Ive. Â«Le decisioni che si assumono sulla scorta di una filosofia del genere sono profondamente diverse da quelle che si prendevano allora alla AppleÂ».

Ben presto Ive e Jobs avrebbero dato vita a un sodalizio da cui sarebbe scaturita la piÃ¹ straordinaria collaborazione dell'epoca in fatto di industrial design. Ive era cresciuto a Chingford, una cittadina situata al confine nordorientale di Londra. Suo padre era un argentiere. Â«Un artigiano fantasticoÂ» ricorda Ive. Â«Il suo regalo di Natale era una giornata nel laboratorio dell'istituto, vuoto per le vacanze natalizie; lÃ¬ mi aiutava a costruire qualsiasi cosa avessi in menteÂ».

L'unica condizione era che Jony disegnasse a mano libera. Iscrittosi al Politecnico di Newcastle, Ive trascorreva i ritagli di tempo lavorando per uno studio di consulenza design. Per la tesi Ive si dedicÃ² al progetto di un microfono con cuffie per la comunicazione con i bambini audiolesi. A differenza di certi designer, non si limitava a sfornare bei disegni, ma si dedicava anche al funzionamento dei meccanismi e dei componenti interni.

Al college imparÃ² a progettare con il Macintosh: Â«Scoprii il Mac e capii che ero in sintonia con le persone che avevano realizzato quel prodottoÂ» ricorda. Dopo la laurea Ive collaborÃ² alla creazione di una ditta di design a Londra, la Tangerine, la quale siglÃ² un contratto di consulenza con la Apple. Nel â€˜92 ottenne un posto nel reparto design della Apple e si trasferÃ¬ a Cupertino.

Nel â€˜96, un anno prima del rientro di Jobs, divenne responsabile del reparto, senza ricavarne perÃ² troppe soddisfazioni. Â«Cercavamo di massimizzare i profitti e cosÃ¬ non si aveva la sensazione di dedicare al prodotto la debita curaÂ» avrebbe poi detto Ive. Â«Da noi i designer volevano un modello che facesse capire quale sarebbe stato l'aspetto esterno; gli ingegneri avrebbero poi provveduto a rendere l'oggetto il piÃ¹ economico possibile. Ero sul punto di mollareÂ».

Quando Jobs prese in mano la situazione e tenne il suo discorso di incoraggiamento, Ive decise di non andarsene. In un primo momento, tuttavia, Jobs provÃ² a guardarsi intorno con l'idea di fare arrivare dall'esterno un designer di caratura internazionale. ParlÃ² con Richard Sapper, il designer del ThinkPad IBM e con Giorgetto Giugiaro, il designer della Ferrari 250 e della Maserati Ghibli I. Ma poi visitÃ² il centro design della Apple e si intese assai bene con l'affabile, vivace e scrupolosissimo Ive. Ed ecco come Jobs mi ha parlato del suo rispetto nei confronti di Ive:

Â«Il cambiamento che Jony ha apportato, non solo alla Apple, ma nel mondo, Ã¨ incredibile. Ãˆ una persona spaventosamente intelligente, in tutti i sensi. Ha una visione dell'impresa, una visione del marketing. Assorbe i concetti con la facilitÃ di un click. Ha chiara la nostra essenza meglio di chiunque altro. Se posso dire di avere un partner spirituale alla Apple, quello Ã¨ Jony. Che sa bene che la Apple Ã¨ un'azienda finalizzata alla creazione di prodotti. Lui non Ã¨ solo un designer. Ecco perchÃ© lavora direttamente per me. Alla Apple ha piÃ¹ potere operativo di chiunque altro all'infuori di me. Non c'Ã¨ nessuno che possa dirgli che cosa fare o che cosa lasciar perdereÂ».

Come alla maggior parte dei designer, ad Ive piaceva analizzare la filosofia e il percorso ideativo di ogni specifico progetto. Per Jobs, invece, il processo era piÃ¹ intuitivo: puntava sui modelli e i disegni che gli andavano a genio e abbandonava gli altri. A quel punto Ive riceveva le dritte del caso e sviluppava le idee benedette da Jobs.

Ive era un fan dell'industrial designer tedesco Dieter Rams, che lavorava per l'azienda elettronica Braun. Rams predicava il vangelo del Â«meno ma meglioÂ» - weniger, aber besser - e come Jobs e Ive si sforzava di capire quanto ogni nuovo progetto potesse essere semplificato. Fin da quando la prima brochure Apple di Jobs aveva dichiarato Â«Simplicity is the ultimate sophisticationÂ», ovvero che la suprema forma di ricercatezza Ã¨ la semplicitÃ , Jobs aveva in vista la semplicitÃ che scaturisce dalla conquista di realtÃ complesse, non dalla loro ignoranza.

Jobs trovÃ² in Ive il compagno d'avventura con cui cercare la vera semplicitÃ , quella che si contrappone alla mera semplicitÃ di superficie. Ecco come una volta Ive, seduto nello studio di design, ha tratteggiato questa sua filosofia: Â«PerchÃ© riteniamo che ciÃ² che Ã¨ semplice Ã¨ valido? PerchÃ© di fronte ai prodotti materiali dobbiamo sentire di poterli dominare. Ridurre all'ordine la complessitÃ significa riuscire a fare in modo che il prodotto ti ceda. La semplicitÃ non Ã¨ solo questione di stile visivo.

Non Ã¨ mero minimalismo, o assenza di confusione. Ãˆ qualcosa che implica lo scavo negli abissi della complessitÃ . Per essere realmente semplici, bisogna essere realmente profondi. Se decidi che in un oggetto non ci devono essere viti, per esempio, puoi finire per trovarti alle prese con un prodotto estremamente intricato e complesso. La cosa migliore Ã¨ esplorare la via della semplicitÃ fino in fondo, capirne ogni aspetto, nonchÃ© l'intima costituzione. Per eliminare da un prodotto le parti inessenziali occorre comprenderne in profonditÃ l'essenzaÂ».

Era questo il principio fondamentale che Jobs e Ive condividevano. Il design non riguardava soltanto l'aspetto esteriore del prodotto, ma doveva rifletterne l'essenza stessa. Â«Nel vocabolario dei piÃ¹, design significa apparenzaÂ» dichiarÃ² Jobs a Â«FortuneÂ» poco dopo avere ripreso le redini della Apple. Â«Per me non ci potrebbe essere niente di piÃ¹ lontano dal vero significato di design. Il design Ã¨ l'anima che si trova al cuore di un oggetto creato dall'uomo e che gradualmente si estrinseca in piani esterioriÂ».

Ecco le parole di Ive a proposito di uno dei Power Mac della Apple: Â«Abbiamo inteso rimuovere tutto ciÃ² che non era assolutamente indispensabile. Per farlo Ã¨ stata necessaria la massima collaborazione tra designer, sviluppatori del prodotto, ingegneri e unitÃ produttive. Siamo tornati piÃ¹ volte al punto di partenza: c'Ã¨ bisogno di questo componente? Possiamo fare in modo che questa parte svolga la funzione di altre quattro parti?Â».

Il legame tra il design, l'essenza e la fabbricazione di un prodotto si palesÃ² con chiarezza a Jobs e Ive quando, durante un viaggio in Francia, si recarono in un negozio di articoli da cucina. Ive prese in mano un coltello che gli piaceva, ma poi lo ripose con disappunto. Jobs fece lo stesso. Â«Entrambi avevamo notato una minuscola traccia di colla tra il manico e la lamaÂ» avrebbe poi raccontato Ive. Si misero a fare considerazioni su come il bel design di quel coltello fosse stato rovinato dal processo di fabbricazione.

Â«L'idea che i coltelli di cui dobbiamo servirci siano stati messi insieme con la colla ci riesce sgradevoleÂ» spiega Ive. Â«Steve e io siamo sensibili a questi difetti da cui la purezza e l'essenza di un oggetto come un utensile risultano compromesse: sul fatto che i prodotti debbano essere fabbricati in modo da apparire puri e privi di giunture siamo d'accordoÂ».

2 - "HA LAVORATO AI PROGETTI FINO ALL'ULTIMO GIORNO"
Bruno Ruffilli per "la Stampa"

Come ha passato l'ultimo giorno della sua vita Steve Jobs? Lo ha raccontato ieri in un'intervista Masayoshi Son, amministratore delegato dell'operatore telefonico giapponese Softbank: Â«Ero a Cupertino per l'annuncio dell'iPhone 4S, impegnato in un meeting con Tim Cook, quando lui ha ricevuto una telefonata e ha detto che doveva annullare tutto. "Dove va?", gli ho chiesto. E lui: "Il mio capo mi sta chiamando, vuole parlare del nostro prossimo prodotto". Il giorno dopo Ã¨ morto - prosegue Son - ma ha lavorato fino alla fine. Steve era molto malato, la sua passione, l'amore per l'azienda, il sogno di un nuovo prodotto lo hanno tenuto in vitaÂ».

Quella di Son Ã¨ una delle tante testimonianze su Steve Jobs a metÃ tra realtÃ e leggenda, che si unisce alla valanga di parole con cui Ã¨ stata annunciata, commentata, ricordata la scomparsa del fondatore di Apple. E alle cerimonie funebri: una per la famiglia, il 7 ottobre, poi una privata la scorsa domenica, con ospiti come Bill Gates, Bono e Bill Clinton. E ieri un'altra per i dipendenti Apple nei negozi di tutto il mondo, rimasti chiusi per tre ore.

Ãˆ difficile elaborare il lutto per la comunitÃ della Mela, che in Jobs aveva trovato un guru, un ispiratore, un mago capace di stupire con trucchi sempre nuovi: un milione di messaggi sono arrivati alla mail rememberingsteve@apple.com attivata subito dopo la sua morte. Oggi scorrono sulla homepage del sito Apple, tributo digitale a un uomo che del digitale Ã¨ stato il profeta.

La scorsa settimana, Samsung e Google hanno addirittura rinviato la presentazione del nuovo smartphone che dovrebbe sfidare l'iPhone, cosÃ¬ il Galaxy Nexus Ã¨ uscito solo ieri. L'iPhone 4S arriverÃ in Italia la prossima settimana, dopo quattro milioni di esemplari venduti in un solo weekend, forse anche sull'onda dell'emozione. Jobs non vi ha lavorato: sapeva di aver poco tempo e ha scelto di concentrarsi sul modello successivo, l'ultimo che porterÃ la sua firma.