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Luigi Bisignani per “Il Tempo”
I numeri degli esuberi Rai, dopo la riforma che il Parlamento sta per approvare e l’introduzione delle Allnews, sono terrificanti. Una simulazione commissionata dai precedenti vertici stimava che l’uscita di circa 300 giornalisti e 1200 tra dirigenti e funzionari potrebbe portare, assieme alla razionalizzazione delle testate, un risparmio di circa 70 milioni di euro l’anno.
Per questo tsunami è già scattato l’allarme rosso dei sindacati e dell'Istituto di previdenza dei giornalisti, che ha riservatamente fatto sapere di non essere in grado di assorbire un numero così alto di richieste, tale da mettere a rischio l’intero sistema pensionistico dei giornalisti italiani. Con ricadute sullo stesso Governo.
La neo Presidente della Rai, Monica Maggioni, ha gettato acqua sul fuoco, spingendosi a dire che nessuno ha mai parlato di licenziamenti e che le Allnews hanno ancora una lunga gestazione. Con una mossa clamorosa, su proposta di Arturo Diaconale, gli attuali consiglieri di amministrazione stanno organizzando per novembre un convegno sul futuro della nuova Rai, a cui la Presidente, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e i membri della Commissione parlamentare di vigilanza sono stati invitati in qualità di semplici ospiti.
La parola verrà data questa volta a quelli che la Rai la fanno davvero: giornalisti, autori, produttori. E si cercherà di dare risposte a domande che evidentemente non vengono ancora affrontate nei lunghi e noiosi consigli di amministrazione, allietati solo da una deliziosa ciotolina di pasta al pomodoro. Quale deve essere la missione della nuova Rai? Quante saranno le redazioni delle Allnews, due o tre? In che modo deve essere interpretato il servizio pubblico con un uomo solo al comando?
Il convitato di pietra sarà certamente Matteo Renzi, che vuole i super poteri per il suo bell’Antonio come regalo della Befana. Del resto, in Rai, tutto o quasi è finalizzato a non dispiacere il premier. Ad esempio, Carlo Paris, traballante direttore di Rai Sport, ieri ha mandato inutilmente a Firenze cinque inviati per seguire la Fiorentina, squadra del cuore del Premier, che ha perso però contro la Roma.
Il bravo Paris cerca così di far passare sotto silenzio una sua mail, inviata anche al capo del personale, in cui inconsapevolmente si «autodenuncia» di aver commissionato ai suoi collaboratori -in tempi di spending review- oltre 1500 trasferte, molte di più del suo predecessore, portando a casa però pochi risultati. D’altronde lo share di Rai sport, con la sola eccezione di 90° minuto, è insoddisfacente, sia per la costosissima Domenica Sportiva che per il Processo del Lunedì, finito nel disastro della RaiTre diretta da Andrea Vianello.
Monica Maggioni con Gianni Riotta
Altro flop della Rete è stato Parallelo Italia di Gianni Riotta un altro esterno, amato dal Premier e candidato a tutto. L’ex dg Luigi Gubitosi pare si sia pentito di aver tanto «sponsorizzato» Vianello almeno a sentire le chiacchiere di quegli intimi che l’hanno accompagnato a una melanconica cena a Firenze in onore di James Murdoch. Il «Richelieu dell’editoria», Andrea Ceccherini, che l’ha organizzata non l’ha neppure messo al tavolo d’onore, dove sedevano il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, l’ad del Sole 24 Ore Donatella Treu, Andrea Riffeser Monti e Andrea Bocelli, che non ha cantato perché la serata è stata rallegrata da un’arpa.
Ma com’è la Rai che ha lasciato Gubitosi e com’è quella che ha trovato Campo Dall’Orto? Una specie di Libia. Con tante tribù in guerra tra loro, al punto che il dg preferisce fare riunioni in accampamenti protetti, lontani dal quartier generale. Anni fa, Bruno Vespa scandalizzò i finti moralisti dicendo che la DC era l’azionista di maggioranza e gli altri partiti quelli di minoranza. Con l’avvento dei «puri» Mario Monti e Enrico Letta, e in attesa dell’uomo solo, non sono più i partiti a comandare ma dei centri di potere ben identificati..
Si va dagli ex alunni del Liceo Pontano di Napoli, che ha visto sui suoi banchi anche il giovane Gubitosi, il capo dell’Usigrai Vittorio di Trapani, e altri cinque super dirigenti. Su di loro da sempre ha un ruolo fondamentale un uomo pio e divertente, Pippo Corigliano, già portavoce dell’Opus Dei, che fa proseliti, sussurra fiction e vola sempre alto, a differenza del suo successore Bruno Mastroianni, che bazzica di rimessa.
Tra i capolavori del Pontano, il cui slogan sul web è «il nostro impegno per un cammino solido per il tuo futuro», c’è la direzione di Rai Vaticano al compaesano Massimo Milone, un bravo Cristo che è stato addirittura biasimato in passato per aver citato troppe volte, pare 1500 in pochi mesi, il suo amico cardinal Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, e che oggi si vede bombardato dai probabili nuovi droni di Rai Giubileo senza che neppure un radar l’avesse avvertito.
Gli ex alunni, si trovano però ora a dover fronteggiare l’agguerrita lobby delle mogli, potentissime in Rai, distribuite tra reti e Tg, sempre connesse a internet per condizionare i mariti influenti per poi sedersi attorno ai tavoli di burraco. Finalmente appagate, hanno preso il sopravvento sulle «favorite di turno» che impazzavano, come in un Circo Barnum, ai tempi di Forza Italia e AN ma che si comportavano come amazzoni solitarie.
Le «mogliettine» sono in competizione, visti i nuovi tempi, con la potente e molto in ascesa lobby gay, che esprime alcuni dei più noti volti televisivi. Per non parlare, perché tutti teniamo famiglia, della lobby dei figli dei soliti noti, che si mitragliano a colpi di programmi e fiction. Un caso a parte, ma sempre ben inserita, è la lobby degli orfani dei mitici Cesare Curzi e Angelo Guglielmi, creatori di RaiTre, che si sentono unti dal Signore e depositari di tutte le verità, contro le trame di ogni tipo, e sognano di schierarsi presto dietro le insegne di un nuovo guerriero proveniente dalla legione straniera di Fandango.
Dovrebbe essere una sorta di ritorno del figliol prodigo in Rai quella di Andrea Salerno, autore preferito dei fratelli Guzzanti, cresciuto nell’antiberlusconismo, all’ombra dell’illuminato Walter Veltroni. Le tribù si combattono a colpi di tweet e lettere anonime. In ciascuna di queste, però, si annidano nell’ombra quelli che vengono soprannominati «lupi grigi»: invisibili giornalisti e capi struttura legati alle istituzioni più sensibili, pronti a controllare, ed eventualmente a riferire.
luciana castellina angelo guglielmi
Mentre altre «etnie», armatissime, si sono accampate nei dintorni di viale Mazzini: barricate in sontuosi uffici dove spadroneggiano spavaldamente i super agenti delle star e delle starlette; riescono a condizionare i palinsesti, imporre i conduttori, le società di produzione e perfino le scalette con gli ospiti rigorosamente della propria scuderia e addirittura a far licenziare dipendenti non collaborazionisti. Un miracolo che non riuscirebbe più a nessun direttore di rete e neanche al glorioso partito dei «fu burocrati Rai».
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