DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. I TEMPI PER LA…
di Tina A. Commotrix per Dagospia
Disse una volta l'attore e scrittore Steve Martin, protagonista con Diane Keaton, tra i tanti interpretati, del film "Il padre della sposa", che recentemente aveva scritto due biografie su un politico famoso. "Una - osservava ironico - è intenzionalmente piena di bugie disgustose; l'altra è basa sulla pura verità . Il problema è che sono identiche".
Per chi non ama il pur nobile genere letterario "alla Follett", il thriller sull'intreccio perverso tra media e banche scritto di getto da Luigi Bisignani sull'onda lunga del successo de "L'uomo che sussurra ai potenti" sembra dare maledettamente ragione al paradosso perfido di Steve Martin.
Almeno questa è l'impressione chi si ricava una volta portata a termine la lettura dell'avvincente (e a volte deludente, almeno per gli addetti ai livori più sospettosi e curiosi) giallo giudiziario dal titolo più che allusivo, rimanda direttamente al cuore del suo plot che, a sua volta, richiama subito l'idea di complot (o macchinazione segreta), "Il Direttore" (Chiarelettere).
Un volume mandato in libreria dall'ex brasseur d'affaire e giornalista, già condannato per la sua (super)attività di "agevolatore" spregiudicato nei Palazzi della politica, per i tipi di Chiarelettere, la casa editrice che è socia del "Fattoquotidiano".
Così, una volta arrivati ai titoli di coda con l'inganno dell'autore di assegnare anche un "futuro" nobile ai personaggi di quello che fa pensare, appunto, a un âNewspaper movie' tanto caro al cinema americano d'antan, ma che in Italia ha avuto scarsa fortuna - un titolo tra i molti: "Tre colonne in cronaca" della coppia di scrittori Augias&Pasti con interprete principale nella pellicola poi diretta da Carlo Vanzina, Scalfari-Volontè).
Non si sbroglia, dicevamo, l'enigma se il direttore di un grande quotidiano, Flebuccio de Bortoli ("Corriere della Sera"), alias Mauro De Blasio, nella realtà abbia mai montato uno scandalo "ad arte" per coprire i "delitti" del suo potente banchiere-editore, Abramo Bazoli (Banca Intesa), che vi appare nei panni di scena del pio e avido Lodovigo Bogani. Trascinando nel fango l'"incolpevole" vittima del depistaggio (o disinformazione), l'imprenditore Luca Alessandri, che nel legal storytelling nasconde l'identità dell'autore del libro, cioè Bisignani.
Sullo sfondo dell'intrigo internazionale s'intravedono molto da vicino gli uomini e le ombre che agiscono e si agitano inquiete nella redazione di via Solferino agli ordini del "traditore" deBortoli-De Blasio.
Una figura di direttore, che Bisignani ha dichiarato di aver a lungo frequentato e aiutato in passato come rivelerebbero le intercettazioni telefoniche tra i due ex sodali mai rese pubbliche dagli inquirenti, ben mixata (e romanzata fino all'osè) forse con quelle dei suoi predecessori Stefano Folli e Paolino Mieli.
E, ancora una volta, fanno da cornice al "romanzo sul potere" di Bisi il Vaticano e le stanze oscure delle sue finanze (Ior). Nell'affresco gotico fanno inoltre la loro apparizione sia il cardinale Martini, esiliato a Gerusalemme, sia il banchiere franco-polacco Roman Zalensky, in arte Jean Sibienskj.
E' lui il "cliente" (indebitato) e socio (Mittel) forse più angosciante e imbarazzante per l'ottantenne padre protettore del Corrierone post Agnelli, Bogani-Bazoli.
Di là dal sapere dove le fonti di Bisignani (alcune autorevoli e ben rintracciabili nella stessa Banca Intesa bazoliana) abbiano un qualche peso (o aderenza) con la sua "creatività " di romanziere-giustiziere, va subito detto che un merito "Il Direttore" l'ha: nel saper cogliere, sia pure dal punto di vista dell'imputato-tradito, la forte dicotomia tra informazione e sensazionalismo (pilotato dai magistrati e dalle forze inquirenti) che da Tangentopoli in poi ha colpito la stampa italiana.
E le vicende personali dell'autore, che a volte si sono incrociate (e scontrate) con il mondo degli affari (sporchi o meno), non tolgono valore alla sua "testimonianza", che spesso converge con la sua oggettività .
Un Paese dove il tema della giustizia, ricorda Mario Romano docente di Diritto penale alla Cattolica di Milano, "inonda la società con una sovraesposizione bulimica e inevitabili distorsioni informative mediatiche".
Ma forse c'è anche qual cosa di peggiore della spettacolarizzazione della giustizia a fini soprattutto politici alla quale abbiamo assistito negli ultimi vent'anni.
Già negli anni Settanta il filosofo austro-americano Paul Watzlawick osservava, infatti: "La comunicazione crea quella che noi chiamiamo realtà che però non può essere accettata come riflesso di verità oggettive eterne. E la verità mass-mediatica della realtà criminale - aggiungeva - diventa pericolosamente l'unica âveramente vera', grazie al monopolio della notizia criminale da parte del sistema mediatico".
Come a dire? La notizia si costruisce e con essa la "sua" verità diventa "realtà ", piegata dal volere del giudice inquirente prima ancora da una sentenza emessa da un tribunale dopo un dibattito in cui si confrontano accusa e difesa.
Un giornalismo per cui spesso la "storia" è talmente importante alla causa dei Poteri marci, che non si esita a censurarla o a "gonfiarla", soprattutto attraverso l'uso indiscriminato (e scellerato) delle intercettazioni telefoniche.
Una stampa poco incline, allora, a fare un passo indietro nonostante il tracollo di copie che accompagna questo suo "imbarbarimento" in nome della Rivoluzione all'italiana; e più propensa a bastonare il cane di turno che sta affogando dopo averlo coccolato in passato com'è accaduto per Bisignani.
Una giustizia "fredda", per dirla con le parole di Nietzsche, dietro il cui sguardo si scorge sempre "il boia e la sua gelida manina" a imbeccare i cronisti.
"Se non ti riesce a scovare una story, nasconditi da qualche parte con carta e penna e fabbricane una", inveisce il giornalista Lord Tyce nel mitico film del 1939 "Stanley and Livingstone" con l'indimenticabile attore-protagonista Spencer Tracy.
Forse anche l'autore de "Il Direttore" ha voluto raccogliere il suggerimento malefico dello spietato Lord Tyce.
Certo è che, parafrasando una celebre battuta di Woody Allen, Bisignani ha firmato il suo thriller soprattutto per legittima difesa.
IL DIRETTORE BISI it jpegBisignani ildirettore x bisignani interna LUIGI GUBITOSI ANDREA CECCHERINI FERRUCCIO DE BORTOLI MARCUS BRAUCHLI VICE PRESIDENTE WASHINGTON POST GIOVANNI BAZOLI E JOHN ELKANN BISIGNANIBENEDETTO XVI E IL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI ZALESKY E GERONZI - copyright Pizzi
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