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Matteo Persivale per il "Corriere della Sera"
Quarantanove anni fa intitolò il suo primo disco di canzoni originali «A ruota libera» e anche adesso che Bob Dylan ha compiuto settant'anni le cose non sono cambiate: descrive il suo nuovo album (il 35esimo, uscirà l'11 settembre) come un disco nel quale «c'è libertà assoluta e devi solo fidarti che, alla fine, tutto abbia un senso».
Il titolo è «Tempest», ha raccontato all'edizione americana di Rolling Stone, ed era nato con un'intenzione diversa: «Volevo fare qualcosa di più religioso, ma non avevo abbastanza canzoni di quel genere. Volevo fare intenzionalmente, specificamente, canzoni religiose. Richiede molta più concentrazione perché devi riuscirci per dieci volte (cioè in dieci canzoni nello stesso cd, ndr) rispetto al tipo di album con il quale mi sono ritrovato, alla fine».
La canzone che dà il titolo - che più shakespeariano non potrebbe essere - all'album dura quasi quattordici minuti e racconta l'affondamento del Titanic, melodia parzialmente presa in prestito da «The Titanic» dei Carter Family pionieri del folk e sua abituale fonte d'ispirazione e comparsata sorprendente di Leonardo Di Caprio, protagonista del film di James Cameron.
«Sì, Leo - ha detto Dylan alla rivista - Non credo che la canzone sarebbe la stessa senza di lui. O senza il film» (Dylan, che non teme la cultura pop, nell'ultimo cd uscito nel 2006, «Modern Times», citava Alicia Keys in «Thunder on the Mountain»: lei reagì con sorpresa e entusiasmo, sarà interessante vedere cosa dirà DiCaprio).
La canzone sul Titanic descrive scene di orrore («Fratello contro fratello, a massacrarsi a vicenda») nella corsa alle scialuppe di salvataggio dopo l'impatto, ma la preoccupazione per la precisione storica non appartiene a Dylan che con la solita ironia un po' obliqua argomenta: «La gente dirà : "Be', non è che questa sia proprio la verità ".
Ma un autore di canzoni non si preoccupa della verità , si preoccupa di quel che poteva, o doveva, accadere. à un tipo particolare di verità . Come quelli che leggono le tragedie di Shakespeare, ma non vedono mai una tragedia di Shakespeare. Penso che usino il nome di Shakespeare e basta».
Tutto chiaro? Ovviamente no, ma a Dylan piace così. In fondo nella sua autobiografia ha dedicato all'incidente in moto che tanti esegeti considerano centrale nella sua vita e nella evoluzione della sua opera una frase soltanto. Lui gioca a nascondersi ancora una volta, come nel 2001 quando presentando «Love and Theft» disse che si trattava delle sue «greatest hits» che però non erano ancora uscite.
Le altre canzoni di «Tempest», registrato con gli amici della band del suo solito «tour senza fine»? C'è «Tin Angel» che racconta la storia di un uomo in cerca del suo amore che non c'è più. «Soon After Midnight» che potrebbe parlare d'amore ma forse è invece vendetta; vendetta che è al centro di «Pay in Blood», nella quale Dylan ripete «pago con il sangue, ma non con il mio». E un'altra sorpresa, è «Roll On, John»: il John del titolo è un amico che non c'è più: Lennon.
«La Tempesta» è l'opera finale di Shakespeare ma Dylan gioca al gatto e al topo con questa idea: «Tempest» sarà il suo disco finale? Non dice sì né no, puntualizza solo che il suo disco si intitola «Tempest» mentre la tragedia - che pure narra di un naufragio - è «The Tempest». C'è di mezzo un «the» e non è la stessa cosa dice il Prospero del rock, l'uomo che da mezzo secolo fa musica con la stoffa di cui sono fatti i sogni.
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