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Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” - Estratti
VITA DA CARLO - TERZA STAGIONE - CARLO VERDONE
«La canzone italiana è sempre quella, un disturbo mentale, un baraccone di chitarrosi, questo è lo Zeitgest». «Che è? Un gruppo rock?» chiede Carlo a Roberto D’Agostino. Una delle scene più belle della terza stagione di «Vita da Carlo» (Paramount+) ci rivela come Verdone usi questa sitcom per lasciarci una sua lunga autobiografia per immagini.
Prima voleva diventare sindaco di Roma, poi girare il primo film impegnato della sua carriera, adesso s’immagina di condurre il Festival di Sanremo, non la festa più pop dell’Italia ma una manifestazione di «azzardi e creatività».
VITA DA CARLO - TERZA STAGIONE - CARLO VERDONE
«Vita da Carlo» è una sitcom alla romana, così romana che inizia con «Mamma Roma addio» di Remo Remotti.
Non ha i tempi serrati, non ha le battute a ripetizione, non ha gli applausi fuori scena, ma ha tutto il resto.
I tempi dilatati delle dieci puntate permettono a Verdone di colmare i vuoti con le sue passioni, le sue ossessioni, le sue apparizioni in teatro, in tv, nel cinema o in palcoscenici vari, reinterpretate in chiave metalinguistica, a dimostrazione di avere coscienza di ogni gesto.
Verdone e Dago sul set di "Vita da Carlo"
Rispetto alle precedenti edizioni, in «Vita da Carlo 3» le guest star sono usate meglio, non semplici comparse ma quasi deutero protagonisti (D’Agostino su tutti, poi Ema Stokholma, Gianna Nannini e Maccio Capatonda).
Per quanto la regia si sforzi in citazioni colte, da «Psycho» di Alfred Hitchcock a «Eyes wide shut» di Stanley Kubrick; per quanto Verdone non resista alla sua vocazione di attore dissociato e proliferante, capace di sostenere una moltitudine di ruoli (qui è padre, amante, cognato, suocero, nonno, ex marito con la sempre più vogliosa Monica Guerritore…),
la serie è piena di parentesi, di soste, di deviazioni, di indolenze come se l’ autore volesse mettersi a nudo, non lasciare nulla d’intentato, come se un inatteso momento assoluto potesse riscattare il vuoto di ogni giorno.
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Che poi è il segreto di ogni affabulatore.
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