DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
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L’attacco pare esser stato choc per la redazione che strabordava dalla mitica Sala Albertini ed era collegata con quella di Roma in videoconferenza: “Credevo di trovare meno persone qui” (risate)! Molti, in realtà, pare fossero contrattisti a termine e collaboratori. Si attendeva una redazione di sapienti invece gli deve essere sembrato un Corriere in mano a ragazzotte mentre il tempo dei boy-scout al potere è già finito. L’addio, un tappeto rosso al neo-vicedirettore (non presente) Massimo Gramellini: “Fate bei sogni”.
In mezzo, Urbano Cairo – al suo primo incontro con quel che resta della redazione del Corriere per il brindisi di Natale – sarebbe stato travolgente, ironico. Ha iniziato il suo discorso con la costruzione del mito: “Mio nonno mi ha insegnato a leggere il Corriere ogni giorno, e poi io acquistavo anche la Notte, forse molti di voi non l’hanno mai letta”, avrebbe aggiunto osservando il parterre.
“Sapete, fare un giornale popolare è sempre stata la mia passione, ma non ho trovato il direttore adatto”. Quindi il sogno: “è dal 2002 che sognavo di entrare al Corriere della Sera. Dopo la scalata che ho fatto, e io non sono un grande sportivo”, avrebbe ironizzato; “la prima sera mi è venuta 38 e mezzo di febbre. Ma è la stessa reazione che ho avuto quando ho preso la Sette: aveva un sacco di debiti che abbiamo azzerato in un anno”.
Cairo avrebbe rivelato di aver acquistato la Rcs, “che ha molti debiti”, utilizzando gli 88 milioni incassati per rilevare la Sette. Non sarebbe mancato lo zuccherino di imprinting berlusconiano : “Non ho mai licenziato nessuno, nemmeno quando ho preso la Giorgio Mondadori; anzi, lì ho assunto 120 persone e non ho mai fatto cassa integrazione”.
Il topos: “Lavoro fino a mezzanotte per controllare i conti e ho dovuto mandare un selfie a mia moglie per farle vedere che ero in ufficio. Ma mi è bastato istituire un ufficio viaggi interno per ridurre le spese di trasferta del 40% mantenendo identiche le destinazioni”. Quanto ai manager, avrebbe raccontato che all’inizio di agosto “hanno rinunciato alle vacanze. Ma dopo una settimana stavano svenendo e gli ho lasciati partire”.
Scarpe grosse, cervello fino. Rumors raccontano che qualcuno della vicedirezione e del marketing gli ha già costruito intorno un cordone sanitario per parlargli in esclusiva e, forse, fargli credere qualcosa che non è proprio così, come il successo dei supplementi ascrivibili alla vicedirettrice fashion-femminista (non a Fontana, che lo ascolta) o il moltiplicarsi di eventi, mentre non ci sarebbe stata traccia nel suo discorso dello scontento interno degli storici corrieristi …; ma l’uomo è scaltro e se ne accorgerà.
dipiu sandro mayer urbano cairo ernesto mauri
La strategia editoriale è lucida. “I giornali perdono, ma l’on-line non è riuscito a creare introiti per colmare le copie perse”. La partita dell’on-line è perduta, lo sviluppo è da ricalibrare. “Dei molti giornali cartacei ne rimarranno pochi, è una tendenza mondiale: noi dobbiamo essere il giornale che rimane, siamo una istituzione anche per la nostra storia”. Come? Sorpresa: con la qualità e le novità, “ma raccontando quel che vuole la gente”.
Sarebbe a dire: basta con le decine di pagine di politica. “Al Corriere – avrebbe aggiunto - mi sono avvicinato con discrezione, è un corpo delicato, vorrei che la gente nemmeno si accorgesse che è cambiato editore”. Blandizie: “Il Corriere è vostro, non mio”. Il suo sogno? Riportare il prezzo a un euro, “ma ora non è possibile”.
Applausi, battute… poi si racconta del solito struscio di giornalisti e specie giornaliste a baciare la pantofola del presidente. Roma, mai citata, lascia il tavolo dei panettoni con un po’ di amaro in bocca. Cairo cita più volte il cognome del sindacalista della redazione, che “evidentemente conosce molto (troppo?) bene”, sussurra ironicamente qualcuno da Roma.
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