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CHE CAPRICCIOSO, 'STO TONI SERVILLO: SI INDISPETTISCE SE LO CHIAMANO “MAESTRO”. PENSA SE LO CHIAMAVANO STRONZO! - “VIVIAMO UN'EPOCA IN CUI SI FA MERCIMONIO ANCHE DI CERTE DEFINIZIONI. HO L'IMPRESSIONE CHE IL TERMINE 'MAESTRO' SIA USATO NELLO STESSO MODO IN CUI LO UTILIZZA UN PARCHEGGIATORE” – IL SETTIMO FILM CON SORRENTINO ("MA SONO RIMASTO MALE QUANDO PAOLO HA SCRITTO UN FILM SU UN DIRETTORE D'ORCHESTRA, 'YOUTH', E, INVECE DI AFFIDARE A ME IL RUOLO, LO HA DATO A MICHAEL CAINE"), LA REAZIONE AL TEATRO ARGENTINA QUANDO DOPO IL TRILLIO DI UN CELLULARE HA INCITATO IL PUBBLICO A NON PERDERE LA CONCENTRAZIONE (“E' STATO MOLTO UMILIANTE”)
Fulvia Caprara per la Stampa - Estratti
«Abbiamo il compito di fare in modo che la cultura sia viva nel dibattito sociale, e questo possiamo farlo attraverso la qualità delle proposte, dei temi, del linguaggio che usiamo per affrontarli.
Dobbiamo distinguere gli artisti da chi amministra la cultura, i primi devono avere la totale libertà di dare la stura a fantasia e immaginazione. Chi la amministra deve, invece, saper riconoscere le qualità che contraddistinguono gli artisti, e farle sviluppare, anche nei giovani e anche sul mercato internazionale». All'Ischia Film Festival (diretto da Michelangelo Messina) Toni Servillo, insieme a Roberto Andò, riflette sul senso del suo mestiere e su quella battaglia in nome dell'autonomia artistica in questi giorni, in Italia, diventata particolarmente incandescente.
Cultura, cinema e teatro sono oggi al centro del dibattito, tra crisi, polemiche, dimissioni eccellenti. Qual è la sua impressione?
«Sul fronte del cinema c'è ogni giorno una notizia diversa. Sono davvero sconcertato, la verità è che ci sono un tax credit e un contratto dei lavoratori dello spettacolo bloccati e quindi, occorrerebbe sostenere davvero un mondo che offre un'immagine molto bella del nostro Paese.Bisogna, insomma, evitare di gettare l'acqua insieme al bambino, rischiando di fare passi indietro rispetto ai tanti compiuti in avanti, sulla scena internazionale, dal cinema italiano».
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È tornato a recitare con Paolo Sorrentino, nel nuovo film La grazia. Com'è andata?
toni servillo ficarra e picone l'abbaglio
«È il settimo film insieme, ne parlerà il regista, com'è giusto che sia. Abbiamo girato in un'atmosfera di entusiasmo e di passione talmente forti da darmi l'impressione di recitare con Paolo per la prima volta. Sono stato molto felice, ho provato la stessa gioia di quando abbiamo girato L'uomo in più, Le conseguenze dell'amore, mi auguro che il film abbia la stessa loro fortuna».
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Lei si sente un maestro?
«Viviamo un'epoca in cui tutto è molto legato al mercato, si fa mercimonio anche di certe definizioni. Quando ero ragazzo l'appellativo "maestro" si riservava a pochissimi scelti, oggi ho l'impressione che il termine sia usato nello stesso modo con cui lo utilizza il parcheggiatore quando da istruzioni per parcheggiare l'auto. Non do molta importanza alla parola maestro».
Una volta, mentre era in scena, da solo, al Teatro Argentina di Roma, in platea si è sentito il trillo di un telefonino. Lei, a differenza di altri colleghi, non si è fermato, non si è offeso, ha incitato il pubblico a non perdere la concentrazione ed è andato avanti.
«Per chi sta sul palcoscenico il suono di un cellulare è molto umiliante. Il teatro è una delle poche occasioni in cui possiamo disconnetterci dal mondo stando insieme, quella volta ho reagito così, in modo estemporaneo».
paolo sorrentino toni servillo
C'è un personaggio che non le è stato ancora affidato e che invece vorrebbe fare?
«Sono un appassionato di musica classica e devo dire che sono rimasto veramente male quando Sorrentino ha scritto un film su un direttore d'orchestra, Youth, e, invece di affidare a me il ruolo, lo ha dato a quell'attore gigantesco che è Michael Caine. Mi sono ritirato in buon ordine, ma l'avrei fatto molto volentieri».
Quali sono i comportamenti che proprio non sopporta?
«Non sopporto l'entrata a gamba tesa del mercato in un lavoro che, io e la mia generazione, abbiamo scelto immaginando che non fosse una semplice occupazione, il cosiddetto "posto". Oggi il mercato ti costringe a pensare che una cosa debba per forza funzionare. Bisogna avere, al contrario, la libertà di fallire, di sbagliare. Quello che veramente non sopporto è il "basta che funzioni", un limite che avverto sempre più marcato».
Ha recitato nella serie di Bellocchio Esterno notte. Ne farebbe altre?
«Non vorrei sembrare snob, ma non sono un appassionato spettatore di serie. Non mi piace essere intrattenuto infinitamente. Mi piacciono le cose che hanno un inizio, uno svolgimento, una fine, e poi me la vedo io, nel rapporto con il racconto...
Fare un personaggio che, per ragioni di sceneggiatura, deve andare avanti in qualche modo, magari scoprirsi malato di qualcosa, finire in ospedale, magari in mano a un medico che ha avuto una storia con sua moglie…. no, preferisco di no. Ma se un grande autore come Bellocchio mi chiedesse di nuovo di fare una serie, allora direi di sì, molto volentieri».
toni servillo e paolo sorrentino sul set del divo
toni servillo in caracas
toni servillo in caracas
toni servillo loro
toni servillo iddu
toni servillo paolo sorrentino loro
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