LA CARICA DELLE 101 - IL RISPETTO DELLE QUOTE ROSA IMPONE CHE ALMENO UN QUINTO DEI CONSIGLI DELLE AZIENDE PUBBLICHE DA NOMINARE A BREVE SIA COMPOSTO DA DONNE: 101 POSTI SUI 501 TOTALI...

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Silvia Egiziano per "il Giornale"

Più donne ai vertici delle aziende pubbliche. Non è solo l'impegno annunciato dal neo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ma un vero obbligo che nei prossimi mesi tingerà di rosa i board delle 76 società di Stato chiamate a rinnovare i propri organi sociali: 501 poltrone, di cui, per effetto della legge sulla parità d'accesso - già in atto per le società quotate in Borsa - almeno un quinto (101) dovrà essere occupato da donne. Una novità non da poco, in un panorama dove le donne con posizioni di rilievo si contano sulle dita e che riguarderà, tra le altre, aziende di importanza strategica come Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Poste Italiane.

Ma come funzionerà, in concreto il meccanismo delle«quote rosa»?Il criterio è stabilito dalla legge 120 del 2011, meglio conosciuta come «Golfo- Mosca» (dal nome delle due promotrici, le onorevoli Lella Golfo del Pdl e Alessia Mosca del Pd) e riguarda sia le società quotate (pubbliche e private), sia le società controllate da enti pubblici non quotate.

Per le prime vale la delibera Consob numero 18.098 dell'8 febbraio 2012, per le seconde il regolamento attuativo del Capo dello Stato numero 51 del 2012 (entrato in vigore a febbraio 2013), ma le regole da seguire sono sostanzialmente uguali: tutte le società, da statuto, dovranno garantire al genere meno rappresentato «almeno un terzo (il 33%) degli amministratori eletti» negli organismi di amministrazione e di controllo ( cda, collegi sindacali e consigli di gestione con almeno tre membri).

Il criterio dovrà essere rispettato per tre mandati consecutivi dall'entrata in vigore della legge e si estende anche alla formazione delle liste ( ma solo in quelle con almeno tre candidati) e nei casi di sostituzione in corso di mandato. Per rendere più graduale il passaggio, tuttavia, soltanto al primo rinnovo (come in questo caso) la quota minima scende a un quinto, ossia al 20% dei componenti dell'organismo.

Applicando tale percentuale alle 14 società direttamente controllate dal ministero dell'Economia, prossime a rinnovare il cda, almeno 12 consiglieri su 59 dovranno essere donne, mentre altre dieci (su 49) andranno nei collegi sindacali. Tra i big, al momento, l'unico cda in regola è Poste Italiane (con Maria Claudia Ioannucci unica donna su cinque consiglieri).

Eni, invece, dovrà eleggerne almeno due su nove, come Enel (entrambe, al momento, hanno solo amministratori uomini), mentre Finmeccanica (che a oggi vede nel board soltanto Silvia Merlo) dovrà prevederne almeno tre. Più lunga la lista delle società indirettamente controllate dal Tesoro (Terna, Fintecna, Fondo Strategico Italiano, Rete Ferroviaria Italiana, Rai World e Trenitalia) dove alle donne andranno almeno 79 posti su 393.

Con il governo appena insediato è ancora difficile ipotizzare i nomi delle future manager pronte a varcare le stanze del potere. Il bacino di personalità femminili dal quale Renzi potrà attingere è però consistente e spazia dalle istituzioni (come le ex ministre Maria Chiara Carrozza e Paola Severino), all'imprenditoria (ecco la direttrice generale di Confindustria. Marcella Panucci) fino al mondo accademico ( per esempio Lucrezia Reichlin). Al di là dei nomi, tuttavia, il vero segnale di cambiamento sarebbe se il nuovo premier andasse oltre le quote previste: una dimostrazione che il merito - per le donne come per gli uomini -vale più di ogni prerogativa, anche se a stabilirla è la legge.

 

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