
DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL…
"DOMANI" E' UN ALTRO GIORNO - A 91 ANNI, CON I FIGLI NON INTERESSATI ALL'EDITORIA, DE BENEDETTI APRE IL PORTAFOGLI E LASCIA IL CONTROLLO DEL QUOTIDIANO DIRETTO DA FITTIPALDI A UNA FONDAZIONE CON UNA DOTE DI QUATTRO MILIONI DI EURO: “LA MIA IDEA ERA CHE, QUANDO IL GIORNALE FOSSE STATO IN EQUILIBRIO ECONOMICO, L'AVREI PASSATO A UNA FONDAZIONE. OGGI, COGLIENDO L'OCCASIONE DEL COMPLEANNO DEI CINQUE ANNI, RISPETTO QUELLA PROMESSA” – DE BENEDETTI ASSICURA: “IO NON SCAPPO, CONTINUERO' A SEGUIRE CON PASSIONE IL GIORNALE...”
Articolo di Alessandra Ravetta per www.primaonline.it
Carlo De Benedetti annuncia che lascerà ‘Domani’ a una fondazione. Oggi, 15 settembre, il quotidiano compie cinque anni e l’ingegnere ha deciso di rendere ufficiale un progetto che aveva in mente fin dall’inizio: affidare la proprietà del giornale nato nel 2020 a una fondazione.
Una scelta che realizza ora, nel giorno dell’anniversario, dopo averla anticipata già nell’intervista del maggio 2020 in cui raccontava la nascita della nuova testata (intervista che pubblichiamo in coda a questo articolo).
“La mia idea da sempre era che, quando il giornale fosse stato in equilibrio economico, l’avrei passato a una fondazione. E oggi, cogliendo l’occasione del compleanno dei cinque anni, rispetto quella promessa. Avrei potuto cambiare opinione, visto che il mondo è radicalmente mutato, ma sono rimasto fedele a quell’idea. Lo dissi nel 2020 e lo faccio oggi.
È una decisione coerente e mi fa piacere di poterla prendere. Se oggi posso mantenere quell’impegno lo devo al lavoro fatto da Antonio Campo Dall’Orto, dal direttore Emiliano Fittipaldi, dalla redazione e da tutti i responsabili editoriali e commerciali”.
‘Domani’ non è ancora in pareggio: le perdite sfiorano il milione di euro, ma la previsione è di azzerarle entro un anno, grazie alla spinta sul digitale – con una politica mirata di abbonamenti, basata soprattutto sulle newsletter verticali – e a una gestione più diretta dei rapporti con il mondo della comunicazione delle imprese.
Spiega ancora De Benedetti: “Insieme a Campo Dall’Orto troveremo persone di alto profilo, in sintonia con la vocazione editoriale del giornale: progressiste, indipendenti, riformiste. La fondazione avrà così una struttura culturale forte. Io non scappo: un giorno morirò, ma questo è un altro discorso. Continuerò a seguire con passione il giornale, anche se non sarà più mio ma della fondazione”.
antonio campo dall orto foto di bacco (1)
Una fondazione che riceverà una dote iniziale di 4 milioni di euro e che avrà la responsabilità di portare avanti il progetto editoriale di De Benedetti, riflesso della sua storia politica e della sua passione per l’editoria.
Per capire questa decisione bisogna tornare al 2020, quando – dopo aver perso la guida di ‘Repubblica’ e del gruppo Gedi, ceduti dai figli a John Elkann – De Benedetti, arrabbiato ma determinato, decise in piena pandemia di fondare un nuovo giornale. “Sono nato a Torino – racconta – dove, dopo l’esilio in Svizzera per sfuggire alle leggi razziali, ho vissuto la stagione straordinaria della ricostruzione.
A Torino c’era il mondo del Partito d’Azione, con figure come Galante Garrone e Bobbio, intellettuali che avevano una visione chiara dei diritti. Lì mi sono formato e non ho mai cambiato mentalità in novant’anni di vita. Non ho mai preso la tessera di un partito, nemmeno quando La Malfa mi propose di fare il senatore. Ho coltivato la mia indipendenza e le mie idee di libertà. Così è nato ‘Domani’, per non lasciare morire quel filone di indipendenza, internazionalismo e cultura.
silvio berlusconi carlo de benedetti
L’unico quotidiano fondato in Europa durante la pandemia, una voce progressista, non legata a partiti né a interessi personali. I miei interessi erano e restano altrove, quindi non c’è mai stato alcun conflitto. Oggi sono orgoglioso del lavoro giornalistico fatto e di ciò che resta da fare. Quando sfoglio i grandi quotidiani e vedo che molti temi trattati da ‘Domani’ non compaiono altrove, sono fiero della scelta che ho fatto e che oggi consegno a una fondazione e alla redazione”.
Carlo De Benedetti è un grande utilizzatore di WhatsApp, con cui comunica con stile veloce e sempre un po’ perentorio. Ha saputo che Claudio Sonzogno sta lavorando a un articolo su Domani per Prima, e mi invia un messaggio di abboccamento.
Gli chiedo se ha voglia di fare un’intervista naturalmente su Domani, ma legata anche al suo amore per l’editoria. Dice di sì, a patto che non si parli del rapporto con i suoi figli e di GEDI. Era quello che aspettavo. Il giorno dopo alle 10,30 è fissato un appuntamento su Zoom per una video intervista. Parliamo un’ora e mezzo. Qui di seguito il racconto, con passaggi molto gustosi.
JOHN ELKANN - CARLO DE BENEDETTI
Prima – E così, ingegnere, è riuscito a realizzare il progetto di creare una fondazione per editare un giornale. Quello che aveva in mente per Repubblica, quando voleva rilevare GEDI dalla Cir, e che non è andato in porto. Ci spieghi bene le basi di questa sua impresa, che vede Luigi Zanda presidente della nuova società editrice.
Carlo De Benedetti – Per gestire la startup di Domani ho deciso di dotare la casa editrice di un capitale di 10 milioni di euro, non assumendo nessuna responsabilità gestionale, rimanendo fuori dal consiglio di amministrazione e dando tutti i poteri a Zanda. Contemporaneamente ho dato vita alla Fondazione Editoriale Il Domani, anch’essa con un patrimonio di 10 milioni.
Io sono il presidente della fondazione, che avrà un consiglio di saggi di varie provenienze, specialisti di scienze sociali e della comunicazione, studiosi della politica, e altro. Ho in mente chi potrebbero essere, ma non li ho ancora contattati perché mi sembra troppo presto. Ho preso l’impegno formale con Zanda che, superati i primi due anni, il giornale verrà trasferito alla fondazione.
Prima – E la fondazione come verrà alimentata, una volta esauriti i primi fondi?
C. De Benedetti – Ci sono a disposizione altri capitali già definiti nel mio testamento. Non c’è da preoccuparsi: Domani avrà da vivere per molti anni. A parte il fatto che speriamo che vada in attivo e si mantenga con le proprie forze.
Prima – Quando ha cominciato a pensare di tornare a investire nell’informazione? A elaborare il progetto del nuovo quotidiano?
STEFANO FELTRI E CARLO DE BENEDETTI A DOGLIANI 2020
C. De Benedetti – Questo è un giornale figlio del Covid. Domani è nato a febbraio, con una decisione legata alla convinzione che il mondo liberal non ha più una sua voce nei quotidiani italiani, che ormai sono tutti di centrodestra o di destra. Non c’è più un giornale che abbia come riferimento la cultura liberal democratica. È un grosso errore, e quindi ho pensato di poter dare una voce a un mondo che è ampiamente rappresentato nell’elettorato e fortunatamente presente nel Paese.
Prima – Per cui Repubblica, secondo lei, non è un giornale di centrosinistra?
CARLO DE BENEDETTI CENTO MINUTI 77
C. De Benedetti – Lo considero di centro. Certamente non parla al mondo liberal. La storia di Maurizio Molinari è lì a dimostrarlo. E così anche quella di John Elkann.
Prima – E dove posiziona il Corriere della Sera?
C. De Benedetti – Il Corriere della Sera lo trovo non diverso da quello che è sempre stato. Ha una coerenza informativa, potrà avere un articolo più bello o uno più brutto, ma ha una linea fedele a se stessa, parla fondamentalmente alla borghesia, che è un target molto interessante. E con Urbano Cairo ha forse l’unico editore puro nel Paese.
Prima – Lei adesso può rientrare nella categoria degli editori puri.
C. De Benedetti – A parte la gestione del mio patrimonio, il mio unico interesse è Domani, anche se ho preferito stare fuori dalla gestione.
Prima – Sarà un finanziatore senza poteri decisionali, questa casa editrice ha un elemento di novità.
C. De Benedetti – In questa iniziativa se ne rintracciano parecchi. È il primo giornale con una redazione molto giovane e bilanciata tra uomini e donne. Il primo che apparterrà a una fondazione, che peraltro c’è già. È il primo che nasce sul web con l’aggiunta della nobiltà della carta. E non come tutti gli altri che, anche per un fatto storico, sono nati sulla carta e poi si sono allargati al web. Il primo giornale che avrà tre edizioni: una parte web gratuita e una a pagamento, su cui punteremo per fare ricavi, e poi l’edizione cartacea che chiuderà alle 19, contrariamente a quanto fanno gli altri giornali che vanno in stampa dopo le 23.
Prima – Dicono che avete già raccolto 4.500 abbonamenti: come avete fatto? È una prova di fiducia nei suoi confronti? Ha funzionato la newsletter che avete varato e anche la copertura che vi hanno dato giornali, web e televisioni?
carlo de benedetti eugenio scalfari
C. De Benedetti – Direi che la notizia c’era. Piace il progetto della fondazione, c’è curiosità per una redazione giovane, con un direttore giovane come Stefano Feltri, e forse anche fiducia nei miei confronti, visto quello che ho fatto in passato a GEDI.
Prima – Torniamo a febbraio, quando le è venuta la voglia di tornare a buttarsi nell’editoria: ha messo in piedi il progetto da remoto, mentre era in barca nel mar dei Caraibi dalle parti di Miami.
C. De Benedetti – Con le connessioni digitali si parla e si lavora benissimo.
Prima – Adesso è in Italia?
C. De Benedetti – Sono venuto nelle Langhe e ho incontrato Zanda che mi è venuto a trovare. Con Feltri e con altri giornalisti, che sono entrati nella squadra, ho sempre parlato via Zoom. Sono molto cauto rispetto al virus.
Prima – A vederla via Zoom mi sembra che lei non sia mai stato così bene. L’effetto dell’aria dell’oceano? O la soddisfazione di aver deciso di ributtarsi a fare l’editore?
C. De Benedetti – Tutte e due le cose. Mi piace molto navigare nelle distese oceaniche e sono molto contento di questa nuova avventura editoriale.
Prima – Perché ha puntato su Stefano Feltri come direttore? Molti si aspettavano che la sua scelta cadesse su Gad Lerner, un giornalista con cui ha un rapporto di stima e di amicizia, allineato sulle sue posizioni. Invece non è stato nemmeno arruolato in redazione.
C. De Benedetti – Stimo molto Gad Lerner e siamo veramente amici, con lui e con la moglie. Non poteva però essere il direttore di Domani, ha una personalità giornalistica troppo forte e crea un’identificazione che non può funzionare per la nostra startup. Domani deve trovare una propria identità e imporla.
Prima – Come ha conosciuto Stefano Feltri? Come le è venuto in mente di affidargli la direzione del Domani?
C. De Benedetti – L’ho conosciuto come giornalista del, Fatto, di cui era vice direttore e responsabile del ‘Fatto Economico’. Mi ha colpito per la sua forte formazione economica, un caso raro nei nostri giornali. Avrei voluto farlo entrare a Repubblica anni fa, ma non è stato possibile, perché c’era in corso un contratto di solidarietà che vietava le assunzioni.
Prima – Feltri ha una storia professionale con esperienze in giornali di nicchia, intelligenti come Il Riformista e Il Foglio, e un rapporto stretto con il professor Luigi Zingales. Anche Lucia Annunziata è una sua estimatrice, tanto che pensava a lui come suo erede all’Huffington Post. E John Elkann lo voleva come responsabile di ‘Affari&Finanza’ di Repubblica, ma Feltri ha preferito il Domani. Insomma una specie di fenomeno.
eugenio scalfari carlo caracciolo carlo de benedetti
C. De Benedetti – Annunziata ha l’occhio lungo, bravissima giornalista, donna intelligente e capace: ha fatto dell’Huffington un ottimo prodotto giornalistico, molto forte sulla politica. Adesso il suo lavoro di nove anni si sta dissolvendo.
Prima – Un giudizio molto severo. Non le sembra che la politica sia sparita dai giornali?
C. De Benedetti – È la politica che è sparita… Cosa vuole cha raccontino i giornali? Le sembra politica la kermesse che si è tenuta a Villa Pamphilj? Il Parlamento non c’è più. Gli uffici studi dei partiti non ci sono più. I partiti non ci sono più.
Prima – E allora come se ne esce?
carlo de benedetti elly schlein
C. De Benedetti – Ci sono due possibilità. O ne usciamo nella direzione di un sovranismo, che è la cosa più probabile, o cercando di generare delle idee per cambiare il Paese, ma non basate sulle solite chiacchiere che sentiamo da anni. Si ricorda quando, 25 anni fa, Berlusconi parlava della politica delle ‘tre I’, di cui una era Internet? Ecco, siamo ancora qui a chiacchierare di digitalizzazione del Paese. Tutta roba rimasticata, non c’è un’idea pratica, quando basterebbe tradurre in fatti concreti delle idee abbastanza semplici su quello che si deve fare.
Prima – Se i politici sono inesistenti, ci sono, secondo lei, persone responsabili che hanno voglia di fare?
C. De Benedetti – Sì, e sono il pubblico a cui puntiamo.
carlo de benedetti al festival della tv di dogliani 2023
Prima – Ma come fare a spingerle a lavorare insieme su un progetto condiviso?
C. De Benedetti – Se intende chiedermi se penso di candidare il Domani a fare da catalizzatore di un’operazione del genere, le dico di no. Non sarà compito del nostro nuovo quotidiano promuovere iniziative politiche: Domani deve rimanere totalmente estraneo a ogni legame economico o politico.
Prima – D’accordo, mi faccia capire allora come pensa sarà organizzata l’informazione del giornale.
C. De Benedetti – Non sarà organizzata per sezioni e i temi che verranno trattati sono politica, economia, ambiente, con informazioni, approfondimenti e inchieste. Niente cronaca, niente sport.
Prima – C’è una certa somiglianza con l’impianto informativo del Foglio.
carlo de benedetti elly schlein
C. De Benedetti – Domani non sarà un giornale d’élite come Il Foglio.
Prima – Hai mai pensato di acquistare Il Foglio?
C. De Benedetti – No, mai. Ho una grande stima per l’intelligenza di Giuliano Ferrara. Grande simpatia e quasi senso paterno per Claudio Cerasa, che è molto bravo e oltretutto figlio dell’ex capo redattore di Repubblica di Roma, persona simpaticissima. Però il Foglio vuole essere un giornale d’élite, con un target da 5mila copie.
Prima – Però potrebbe essere un buon trampolino di partenza.
C. De Benedetti – Per fare che cosa? Un giornale che ha un’identità forte come Il Foglio o lo prendi così com’è o è impossibile cambiarlo.
Prima – È vero che le è stato offerto di acquistare L’Unità?
LILLI GRUBER CARLO DE BENEDETTI - FESTIVAL DI DOGLIANI 2018
C. De Benedetti – Sì, ma l’unica cosa interessante è l’archivio storico che data dal 1946.
Prima – Un valore identitario che sembra non interessare gli eredi del Pci, dai Dem a Leu.
C. De Benedetti – La sinistra, che non fa più la sinistra, è parte del vuoto della politica, che penalizza anche la buona informazione.
Prima – Un bel problema anche per un nuovo quotidiano come Domani. Drammatica situazione, se si paragona allo scenario di vivacissima dialettica sociale e politica degli anni d’oro di Repubblica, interlocutore imprescindibile della politica e di altri mondi.
C. De Benedetti – La Repubblica di Eugenio Scalfari, e quella di Mauro, era un giornale nel quale accadevano le cose. La vita politica si svolgeva su Repubblica. È stato un caso straordinario di giornalismo, di penetrazione nella società italiana e in cui i lettori si identificavano. Avere un’identità è fondamentale per un giornale. Il Domani dovrà conquistarsela.
Prima – Lei pensa di frequentare la redazione di Domani come faceva a Repubblica, dove aveva ottimi rapporti con molti giornalisti?
C. De Benedetti – Per il momento i miei contatti sono con Feltri, con Zanda e altri manager. La redazione è ancora in fase di rodaggio. Sono ragazzi di due generazioni successive alla mia, potrebbero essere miei nipoti.
Prima – È la prima volta che fa nascere un giornale, ma ha una lunga storia con l’editoria. Quando ha cominciato ad avere rapporti da dietro le quinte con il mondo dell’informazione?
carlo de benedetti otto e mezzo 5
C. De Benedetti – Il mio primo contatto è stato con Eugenio Scalfari nel 1975. Venne a trovarmi quando ero presidente dell’Unione Industriale Torino, perché stava raccogliendo finanziamenti per il progetto di Repubblica. L’idea del giornale mi piacque e decisi di finanziarlo personalmente con 50 milioni di lire, ma gli dissi che non volevo azioni “perché era una donazione una tantum”. Il secondo incontro fu all’inizio degli anni Ottanta, quando Repubblica stava per fallire.
Vittorio Ripa di Meana, che era l’avvocato del Gruppo L’Espresso, e grande amico di Carlo Caracciolo e di Scalfari, contattò Guido Roberto Vitale perché stavano studiando un aumento di capitale. Guido me ne parlò, ma io non volevo apparire tra i soci, ero impegnato con l’Olivetti, non mi sembrava il momento giusto. Mi propose allora delle fedi investibili, come se fossero delle obbligazioni al portatore, quindi anonime e convertibili in azioni. Versai 5 miliardi di lire per avere il 15% del Gruppo L’Espresso.
CARLO AZEGLIO CIAMPI - CARLO DE BENEDETTI - MARIO MONTI
Prima – Cinque miliardi, bei soldi. Ma quello fu solo l’inizio.
C. De Benedetti – Fu soprattutto l’inizio del mio innamoramento per l’editoria.
Prima – Chi erano i giornalisti del gruppo con cui, all’epoca, aveva rapporti di consuetudine o di amicizia?
C. De Benedetti – Giuseppe Turani era il mio referente abituale, e ogni tanto mi telefonavano giovani come Massimo Giannini. Ma l’unico mio vero amico è stato Claudio Rinaldi, grande personalità e sensibilità politica.
Prima – L’unico di cui credo lei abbia chiesto la nomina a direttore.
C. De Benedetti – Fu dopo la spartizione decisa tra la Mondadori e il Gruppo L’Espresso. Rinaldi era direttore di Panorama, testata che rientrava nelle attribuzioni Mondadori a Berlusconi. Io proposi che fosse nominato all’Espresso al posto di Giovanni Valentini, facendomi così un nemico per la vita.
Prima – La guerra di Segrate, cioè lo scontro tra Berlusconi e i Formenton da una parte e lei, Caracciolo e Scalfari dall’altra per il controllo della Mondadori e del Gruppo L’Espresso, ha rinsaldato i suoi rapporti con i due fondatori dell’Espresso e di Repubblica?
C. De Benedetti – Certamente. E la mia passione per l’editoria mi ha portato ad acquistare, attraverso la Cir, per 90 miliardi di lire le quote di Scalfari, che non ha dato un centesimo a nessuna delle persone che hanno collaborato con lui a far nascere Repubblica. E poi pagai 400 miliardi a Caracciolo per quasi tutto il suo pacchetto.
Prima – Un amore costato caro, ma che le ha dato molte soddisfazioni e anche dolori.
C. De Benedetti – Gli anni del trio che abbiamo costituito dal 2000 in poi con Monica Mondardini, ad del gruppo, ed Ezio Mauro, direttore della Repubblica, sono stati formidabili da un punto di vista editoriale.
JOHN ELKANN CARLO DE BENEDETTI
Prima – Appunto. E come mai a un certo punto, nel giugno 2017, ha deciso di lasciare la presidenza di GEDI, in modo inaspettato, parlando di ricambio generazionale e passando il testimone a suo figlio Marco, a cui dell’editoria importava meno che niente. Perché lo ha fatto?
C. De Benedetti – Perché ho sbagliato.
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